Dunque, questa volta cosa esattamente avrebbe “provocato” le uccisioni a Ramot?

Ancora una volta la menzogna della “spirale di violenze", che mette sullo stesso piano terroristi e vittime, serve solo a nascondere i veri obiettivi dei nemici di Israele

Di Stephen M. Flatow

Stephen M. Flatow, autore di questo articolo

Nel quartiere Ramot di Gerusalemme sono stati assassinati due fratellini e un ventenne sposato da pochi mesi. Altri quattro civili ebrei innocenti sono rimasti gravemente feriti. Sono le vittime di un terrorista arabo palestinese che venerdì pomeriggio si è scagliato con la sua auto contro un folto gruppo di persone in attesa a una fermata d’autobus. A quanto pare, queste vittime dell’attentato a Ramot non avevano capito che, per i terroristi arabi palestinesi, essere ebrei in attesa a una fermata d’autobus è un crimine che merita la morte.

È facile prevedere come reagiranno gli avversari di Israele, perché abbiamo visto come hanno reagito alla recente strage di sette fedeli ebrei all’uscita da una sinagoga nel quartiere Neve Yaakov di Gerusalemme. I mass-media internazionali parleranno di Ramot come di un “insediamento”, sebbene sia un grande quartiere urbano, appigliandosi al fatto che una parte di esso si trova appena al di là della linea armistiziale in vigore nel periodo 1949-1967. Diranno che Ramot si trova a “Gerusalemme est” o nella “Gerusalemme orientale araba”, anche se in realtà si trova nella parte nord-ovest di Gerusalemme. Questo perché i mass-media hanno inventato una loro geografia politicizzata secondo la quale qualsiasi parte della città che si trovi al di là della vecchia linea armistiziale (che demarcava l’illegale occupazione giordana delle zone a nord, a est e a sud di Gerusalemme ndr) viene automaticamente etichettata come parte di una fantomatica entità chiamata “Gerusalemme orientale araba” allo scopo di bollare questi quartieri ebraici come illegittimi e collocati sul territorio di qualcun altro. Ma quel territorio non è territorio arabo, è territorio ebraico. Le radici ebraiche di Ramot affondano nei secoli passati, compreso un importante luogo sacro ebraico, Kever Shmuel, venerato come la tomba del profeta Samuele. In epoca moderna, immigrati ebrei dallo Yemen iniziarono a vivere nell’area di Ramot negli anni ’90 dell’Ottocento. Nel 1929, nel quadro di un’ondata di violenti pogrom contro gli ebrei in tutta la Terra d’Israele, folle arabe aggredirono i residenti ebrei di Ramot e li cacciarono via.

Yaakov Israel Paley, 6 anni, e Asher Menachem Paley, 8 anni, uccisi nell’attentato di venerdì scorso a Gerusalemme

Cos’altro possiamo aspettarci che dica il mondo, in risposta all’attentato di Ramot? I funzionari dell’amministrazione americana e di altre cancellerie occidentali diranno, come al solito, di essere “preoccupati” per la “spirale di violenze” e per “le morti di israeliani e palestinesi”. In altre parole, metteranno moralmente sullo stesso piano i terroristi e le loro vittime.

Nei mass-media ufficiali dell’Autorità Palestinese, l’assassino verrà definito un “eroe” e un “martire”. La sua famiglia riceverà immediatamente una cospicua ricompensa in denaro dall’Autorità Palestinese e negli anni a venire continuerà a ricevere un vitalizio grazie agli ebrei innocenti assassinati dal loro congiunto. Nonostante ciò, l’amministrazione americana continuerà a versare enormi somme di denaro all’Autorità Palestinese, inclusi i 550 milioni di dollari di quest’anno. I fondi saranno convogliati attraverso agenzie non governative che pagheranno i conti dell’Autorità Palestinese in modo che all’Autorità Palestinese rimangano abbastanza soldi per pagare i terroristi e le loro famiglie.

Il problema più spinoso per gli avversari di Israele, dopo l’attentato a Ramot, sarà spiegare cosa abbia “provocato” l’assassinio del neo sposo chassidico Alter Shlomo Liderman e dei due bambini, Asher Menahem Paley di otto anni e Yaakov Yisrael Paley di sei anni. Dopo la strage alla sinagoga di Neve Yaakov, gli avversari di Israele cercarono di far sembrare che l’attentato fosse stato in qualche modo “provocato” dal fatto che otto terroristi arabi palestinesi erano rimasti uccisi il giorno prima in un violento scontro a fuoco con le Forze di Difesa israeliane a Jenin. Ebbene, esattamente cos’è che ha “provocato” le uccisioni di Ramot? Dove sono i terroristi arabi appena deceduti che possano essere presentati come “prova” che l’attentato a Ramot è stato solo una “ritorsione” all’interno di una “spirale di violenze”? Semplicemente, non ci sono.

Quindi, invece di cascare nel mito della “provocazione” e della “spirale di violenze”, si presti attenzione a come i mass-media internazionali e gli avversari di Israele si precipitano a confezionare questa notizia: sanno bene che l’assassinio a sangue freddo di due bambini a una fermata d’autobus rende più difficile perseguire i loro scopi. Quindi si affrettano a spostare il discorso il più velocemente possibile su qualsiasi altro argomento. Lo fanno per assicurarsi che nessuno si soffermi a riflettere su cosa significherebbe avere un intero stato traboccante di entusiasti assassini di ebrei innocenti e di bambini installato lungo le vecchie linee d’armistizio, distanti pochi chilometri e spesso pochi metri da tutti maggiori centri urbani d’Israele.

(Da: jns.org, 12.2.23)