E ora che si muova anche Washington

Le due parti hanno aspettative diverse sul dopo disimpegno. Gli Usa devono aiutare, e rilanciare il negoziato.

Da un articolo di Dennis Ross

image_874È un momento doloroso per il primo ministro israeliano Ariel Sharon, ma è un momento che egli ritiene indispensabile per i fondamentali interessi demografici e di sicurezza d’Israele. Sharon si gioca il proprio futuro politico sul disimpegno da Gaza. Se nei prossimi mesi prevarrà la calma, dimostrerà d’aver avuto ragione. Se invece sembrerà che non sia cambiato niente dopo un passo così doloroso, allora Sharon diventerà molto vulnerabile nel momento in cui il centro politico israeliano si sposterà sulla destra. Sebbene Sharon abbia sempre rimarcato la natura unilaterale della decisione, è paradossale che il suo futuro politico dipenda ora dal fatto che i palestinesi mantengano la calma senza commettere atti di terrorismo contro israeliani.
Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) è certamente impegnato a fermare le violenze. Era contro il terrorismo e la violenza già prima di diventare capo dell’Autorità Palestinese. Nei suoi discorsi più recenti ha chiesto ai palestinesi di rendersi conto che è nel loro interesse non attaccare gli israeliani, e ha ordinato alle forze di sicurezza palestinesi di creare una zona cuscinetto attorno alle aree della striscia di Gaza dalle quali Israele si sta ritirando.
La strategia di Abu Mazen per mantenere la calma si è sempre basata sulla cooptazione, anziché sullo scontro, verso Hamas e altri gruppi armati. Con essi ha raggiunto un’intesa per una tahdiya (periodo di calma) che, con tutta evidenza, non è certo perfetta. Per il momento Hamas ha dichiarato che non effettuerà attacchi, ma ha anche proclamato che non intende rinunciare alle armi né alla “lotta armata” dopo che Israele ha lasciato Gaza. Abu Mazen troverà dunque difficile continuare con il suo approccio, se gli altri ricominceranno con gli attentati in Cisgiordania per dimostrare che stanno ancora combattendo.
Abu Mazen cambierà strategia e diventerà più determinato solo se avrà la sensazione che la sua autorità è in aumento. Perché possa contare su questo, deve mostrare che la sua scelta, quella del conforto non violento, dà frutti. Ad oggi ha ben poco da mostrare ai suoi, dal momento che la loro vita per lo più non è migliorata. Avrà bisogno di aiuto: non in sostituzione di ciò che deve fare, ma in parallelo ai passi che spetta a lui fare. È qui che l’amministrazione Bush dovrebbe fare pressione su Abu Mazen agendo contemporaneamente su altri quattro livelli per aiutarlo a irrobustire la sua autorità, cosa essenziale per alzare il costo delle sfide di Hamas e altri.
Primo: l’amministrazione Usa deve porsi alla testa di uno sforzo per ottenere che le promesse d’aiuto internazionale si trasformino in progetti sul terreno ad alto contenuto di forza-lavoro. Finora sono stati promessi miliardi, ma ben poco è stato consegnato e i palestinesi non hanno modo di tornare al lavoro. Usciti gli israeliani, le aspettative fra i palestinesi saranno alte e Abu Mazen deve essere visto come qualcuno che crea rapidamente fatti concreti in fatto di lavoro a Gaza.
Secondo: l’amministrazione Usa, lavorando con Unione Europea e Banca Mondiale, deve aiutare l’Autorità Palestinese a funzionare in modo più efficiente. Abu Mazen ha ereditato il sistema di corruzione e incompetenza di Yasser Arafat. Ha bisogno di aiuto sistematico per formare le capacità della sua amministrazione, con obiettivi specifici e meccanismi di monitoraggio e valutazione.
Terzo: la chiave dell’economia di Gaza sta nell’accesso senza ostacoli al mondo esterno e alla Cisgiordania per il movimento di persone e beni. Ciò sarà possibile soltanto se Israele sarà rassicurato da disposizioni di sicurezza volte a impedire contrabbando di armi e infiltrazioni di terroristi. Ma le disposizioni per un “accesso in sicurezza” non sono state ancora concordate. Anche se Jim Wolfensohn, l’inviato dell’amministrazione per il disimpegno, probabilmente contribuirà a forgiarle, saranno comunque complicate e avranno sicuramente dei difetti. Per evitare chiusure dell’accesso e conseguenti asprezze, Wolfensohn deve ricevere il mandato di proporre credibili soluzioni alle dispute e meccanismi di applicazione ad ogni passaggio e valico.
Quarto: l’amministrazione deve gettare un ponte sul futuro. Le due parti coltivano aspettative molto diverse su cosa accadrà dopo il disimpegno. Sharon vuole una pausa per assorbire il trauma emotivo, Abu Mazen vuole passi ulteriori. Entrambe le parti hanno bisogno di sapere cosa li attende. L’amministrazione deve dichiarare che riprenderà la moribonda Road Map e negozierà un’intesa comune su ogni singolo impegno di israeliani e palestinesi. Non sarà facile e ci vorrà tempo. E ci vorrà quel genere di mediazione che finora l’amministrazione ha evitato. Ma il disimpegno da Gaza crea un’apertura che si chiuderà, per Sharon e Abu Mazen, se l’amministrazione Usa non comprenderà a che punto ci troviamo e che cosa adesso è necessario.

(Dennis Ross, coordinatore speciale in Medio Oriente delle due amministrazioni Clinton, su Jerusalem Post, 30.08.05)

Nella foto in alto: Dennis Ross, autore di questo articolo