È stato un anno di immigrazione record, difficile e straordinario

Nell’istante in cui atterrano in Israele, gli ebrei profughi dall’Ucraina non sono più profughi: un ebreo non può mai essere “profugo” in Israele

Di Pnina Tamano-Shata

Pnina Tamano-Shata, ministra israeliana per l’aliyà e l’integrazione, autrice di questo articolo

L’anno ebraico che sta finendo è stato senza dubbio molto impegnativo. Ma è stato anche straordinario ed estremamente significativo. Adempiendo la visione tracciata nella Dichiarazione di Indipendenza d’Israele, la “raccolta degli esiliati” è proseguita a un ritmo accelerato, con un numero di ebrei che ha deciso di rimpatriare in Israele che non si vedeva da due decenni.

Tra lo scorso capodanno ebraico e questo, sono arrivati 60mila nuovi olim – il termine ebraico che indica coloro che “salgono” a stabilirsi in Terra d’Israele – che hanno scelto Israele come loro nuova casa: 60mila olim si sono stabiliti in Terra d’Israele integrandosi nella forza lavoro, e migliaia di alunni nelle scuole; 60mila olim entusiasti che portano con sé i loro diversi background, pronti a dare il proprio contributo alla nostra fiorente società ebraica e sionista.

Certo, non tutti i nuovi immigrati arrivano dalle migliori circostanze, in particolare gli olim dall’Ucraina che ci sono così cari. Con lo scoppio della guerra, Israele è entrato in azione. Abbiamo avviato l’Operazione “Ritorno a casa” che ha portato in Israele quasi 40.000 olim provenienti dai paesi coinvolti nella guerra, garantendo la loro sicurezza e adempiendo al nostro dovere di proteggere gli ebrei in tutto il mondo.

Nella mia qualità di ministra dell’aliyà e dell’integrazione, è stato un privilegio guidare l’iniziativa del governo volta a riportare a casa i nostri fratelli e sorelle ucraini. È stata intrapresa un’azione rapida, con l’Agenzia Ebraica che affittava hotel in Polonia, Ungheria, Romania e Moldavia per fornire un letto caldo a migliaia di profughi – ebrei e non ebrei – reduci dalle estenuanti prove che avevano dovuto attraversare per raggiungere un porto sicuro. Da lì, hanno ricevuto l’aiuto per immigrare in Israele, con aerei che atterravano uno dopo l’altro all’aeroporto Ben Gurion.

27 aprile 2022, Sofia Trizna, sopravvissuta alla Shoà e profuga dall’Ucraina, viene aiutata a salire su un’ambulanza dopo essere sbarcata da un volo medico speciale atterrato all’aeroporto Ben Gurion, in Israele

Ogni giorno, i nostri uffici erano sommersi da migliaia di persone che rimpatriavano. Le circostanze che li hanno spinti all’aliya come profughi sono state tragiche, ma nell’istante stesso in cui arrivavano non erano più profughi. Un ebreo non può essere “profugo” in Terra d’Israele. È impossibile: Israele è la sua casa, anche per un ebreo che non via abbia mai messo piede.

Gli olim sono stati immediatamente ricevuti con calore e ospitati in hotel affittati per loro dal Ministero dell’aliyà e dell’integrazione. Fuori da questi hotel, bambini, gruppi di giovani, soldati e tanti altri cittadini israeliani si radunavano a frotte per accogliere e sostenere i nuovi israeliani. Ebrei da tutto il mondo hanno inviato generose donazioni per aiutarci a reinsediare coloro che sono stati costretti a fuggire verso Israele.

L’operazione è stata ed è un grande successo. Ci sono stati tanti momenti emozionanti che resteranno impressi per sempre nella mia memoria. Uno in particolare che non dimenticherò mai è accaduto il giorno prima della Giornata della Memoria della Shoà, quando un aereo medico è atterrato con a bordo 20 sopravvissuti all’Olocausto che giungevano in Israele dopo che le loro case erano state bombardate dai russi. Ancora una volta erano stati costretti a fuggire dagli orrori della guerra. Ma questa volta, hanno detto, è diverso: “Durante la seconda guerra mondiale non avevamo un posto dove scappare. Oggi abbiamo lo stato di Israele”. È stato un momento di immensa emozione ed orgoglio, che ci ha ulteriormente motivati a continuare a rafforzare il paese e i suoi legami con le comunità ebraiche di tutto il mondo.

Quest’anno ebraico è stato eccezionalmente impegnativo. Ma insieme, come ‘Am Yisrael (popolo d’Israele), abbiamo superato ostacoli senza precedenti e continueremo a farlo. Lavoreremo sodo per consolidare le nostre relazioni con le comunità della Diaspora. Soprattutto, lavoreremo sodo per dare a ogni ebreo la possibilità di tornare a casa nel nostro bellissimo e variegato stato d’Israele.

Shanà Tovà (buon anno).

(Da: Times of Israel, 22.9.22)