E’ tornata l”entità sionista”

A quasi 60 anni dalla nascita di Israele, i palestinesi discutono ancora del riconoscimento. E sono contrari

Da un articolo di Danny Rubinstein

image_1462La convulsa attività e, a tratti, la violenta lotta fra fazioni palestinesi riguardo la formazione del nuovo governo dovrebbe suscitare preoccupazione non solo tra i palestinesi stessi, ma anche fra gli israeliani.
Fra un anno e mezzo ricorrerà il 60esimo anniversario della nascita dello stato d’Israele. Ebbene, dopo tutti questi anni la grande controversia fra i palestinesi verte ancora sul riconoscimento di Israele. I capi di Hamas non cedono. Sul piano ideologico, non vedono nessuna possibilità di riconoscere la legittimità dell’esistenza di uno stato degli ebrei in qualunque parte della Palestina storica. Al che ci si poteva aspettare che in Cisgiordania e striscia di Gaza montasse una campagna di pressione dell’opinione pubblica palestinese per spingere Hamas a modificare questa sua posizione intransigente. Ma non è quello che sta accadendo. Anzi, diversi sondaggi d’opinione sembra addirittura indicare che sia vero il contrario: Hamas continua a godere di vaste simpatie nel pubblico palestinese, anche sulla questione del non riconoscimento di Israele.
Alla fine della scorsa settimana Mahmoud Zahar, ministro degli esteri del governo Hamas, ha annunciato che la formazione del nuovo governo (il governo di unità nazionale fatto di tecnici) ha un unico e chiaro scopo: rimuovere l’embargo economico sull’Autorità Palestinese. Dunque, a quanto pare, una mera questione tattica. “E se il nuovo governo non opererà secondo il programma politico di Hamas – ha aggiunto infatti Zahar – il parlamento palestinese lo farà cadere”.
Sebbene stia conducendo negoziati con Hamas, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) viene visto come una figura politicamente debole. Anziché annunciare lo scioglimento del governo Hamas e poi avviare negoziati per un nuovo governo, Abu Mazen ha messo il carro davanti ai buoi e negozia le dimissioni del governo col primo ministro palestinese Ismail Haniyeh e la sua gente. Persino i sostenitori di Abu Mazen si pongono la domanda: perché mai Haniyeh e i suoi amici dovrebbero collaborare volonterosamente alla loro stessa rimozione?
D’altra parte, non è sempre chiare nemmeno ciò che il presidente chiede a Hamas. Le linee programmatiche del governo di unità nazionale si baserebbero sul “documento dei detenuti”, il che significa che non soddisfano nessuna delle tre richieste poste da Israele e dal Quartetto (riconoscimento di Israele, ripudio della violenza, rispetto degli accordi già firmati). Anche l’accordo di Abu Mazen e Fatah per la nomina a primo ministro di Mohammed Shabir, ex presidente dell’Università Islamica di Gaza, non ha avuto una conferma ufficialmente definitiva, e la sensazione generale è che, quand’anche il governo di unità nazionale vedesse la luce, non sarebbe destinato a durare più di poche settimane o pochi mesi.
Forse la ragione più importante della debolezza di Abu Mazen sta nella mancanza di sostegno da parte della piazza palestinese. Ma non si tratta di una debolezza relativa alla sua persona. Il punto cruciale è che non esiste un ampio sostegno alle sue posizioni moderate. Nonostante i crescenti disagi nei territori, soprattutto a Gaza, l’atmosfera fra i palestinesi non fa che diventare sempre più rigida. Lo si può vedere dall’uso che i portavoce palestinesi hanno ricominciato a fare di espressioni degli anni ’50 e ’60. Non a caso gli attivisti, e non solo quelli di Hamas, non parlano più di Israele, ma parlano di nuovo di “entità sionista” e di “nemico sionista”.

(Da: Ha’aretz, 20.11.06)

Nella foto in alto: Israele non esiste, nelle mappe della propaganda palestinese

Vedi anche:
Braccio di ferro fra palestinesi sul ”documento dei detenuti”

https://www.israele.net/sections.php?id_article=1267&ion_cat=18