Ecco come Gerusalemme può essere una città di pace anche in tempi di conflitto

La giornata di domenica scorsa ha dimostrato che la capitale d’Israele può accogliere fedeli di ogni religione in un’atmosfera aperta e serena, quando tacciono i fomentatori di violenza

Editoriale del Jerusalem Post

Fedeli musulmani, pellegrini ebrei e forze di sicurezza israeliane sul Monte del Tempio, questa settimana durante la Pasqua ebraica e il Ramadan

Le previsioni erano infauste. Dopo una settimana tempestosa durante la quale Israele aveva subìto il lancio di razzi da Gaza, Libano e Siria, mortali attacchi terroristici nella Valle del Giordano e a Tel Aviv e violenti scontri tra forze di sicurezza e agitatori palestinesi sul Monte del Tempio, tutti gli occhi erano rivolti a Gerusalemme come potenziale e probabile epicentro di nuove violenze. Domenica scorsa doveva essere il giorno in cui la situazione sarebbe esplosa, in senso figurato e in senso letterale. Il primo dei giorni intermedi della settimana della Pasqua ebraica era il giorno in cui fedeli ebrei, musulmani e cristiani sarebbero convenuti in massa nella Città Vecchia di Gerusalemme poiché la tradizionale benedizione sacerdotale Birkat Kohanim cadeva in coincidenza con le celebrazioni della domenica della Pasqua cristiana, le preghiere del Ramadan musulmano e l’ascesa di fedeli ebrei al Monte del Tempio.

Il complesso che circonda la moschea di al-Aqsa sul Monte del Tempio è stato al centro di una crisi iniziata la scorsa settimana quando gruppi di giovani militanti palestinesi si sono asserragliati all’interno della moschea armati di spranghe, pietre e ordigni incendiari e gli agenti della polizia israeliana hanno fatto irruzione per farli sgomberare. Il filmato dell’intervento della polizia ha scatenato una furiosa reazione nel mondo arabo e musulmano ed è stato immediatamente sfruttato da gruppi terroristici come pretesto per gli attacchi missilistici su Israele, ai quali le Forze di Difesa israeliane hanno risposto in modo estremamente misurato.

Pellegrini cristiani nella settimana di Pasqua 2023, a Gerusalemme

Il delicato mix di diverse comunità religiose in programma per domenica scorsa, nel mezzo di tensioni già alte, e la massiccia presenza della polizia sembravano gli ingredienti per un inesorabile disastro annunciato. Anche papa Francesco, nel discorso pasquale da piazza San Pietro in Vaticano, ha dato voce alla preoccupazione di molti. Con occasioni di potenziale crisi praticamente a ogni piè sospinto, domenica scorsa restava solo da chiedersi cosa sarebbe andato storto.

Beh proprio niente, come si è potuto vedere.

Contro tutte le probabilità e previsioni, la giornata sacra è trascorsa senza nessun alterco degno di nota. Domenica mattina, più di 800 fedeli ebrei hanno compiuto il loro pellegrinaggio sulla spianata del Monte del Tempio, il 43% in più rispetto a quelli che aveva visitato il sito durante la Pasqua ebraica dello scorso anno. Allo stesso tempo, più di 15.000 ebrei partecipavano alla benedizione Birkat Kohanim nel sottostante piazzale del Muro Occidentale (“del Pianto”). I rabbini capo d’Israele hanno partecipato alla cerimonia, che si è conclusa con una preghiera speciale per l’unità del popolo ebraico. Intanto, nel contiguo Quartiere Cristiano della Città Vecchia migliaia di pellegrini cristiani affollavano gli stretti vicoli e passavano per il cortile della Chiesa del Santo Sepolcro. Forse uno di quei pellegrini sarebbe stato Alessandro Parini, il turista italiano investito e ucciso venerdì sera da un terrorista sul lungomare di Tel Aviv. Questo non lo sapremo mai.

Bandiere del gruppo terrorista Hamas dispiegate nella spianata delle moschee, sul Monte del Tempio di Gerusalemme: un’aperta violazione delle norme dello status quo che si ripete regolarmente, nell’indifferenza del resto del mondo

La giornata di domenica scorsa ha dimostrato come la città più santa del mondo possa accogliere in un’atmosfera aperta e serena numerosi fedeli dediti a praticare la propria religione. Sin da quando nel 1967 ha riunificato Gerusalemme (la cui parte est era stata illegalmente occupata dalla Giordania 19 anni prima ndr), Israele ha incessantemente ripetuto che la libertà di religione è sacrosanta, e da allora ogni governo israeliano si è impegnato a preservatore la città come un faro di apertura e coesistenza.

Ha scritto la reporter Peggy Cidor che ha seguito per il Jerusalem Post gli eventi di domenica scorsa nella Città Vecchia: “La tradizionale benedizione dei sacerdoti è terminata, così come la chiamata alla preghiera musulmana di mezzogiorno dalla moschea di al-Aqsa, e ora cominciano ad affluire gruppi di pellegrini cristiani al piazzale [del Muro del Pianto ndr], con le guide che spiegano in una mescolanza di lingue. Un gruppo di ebrei Bnei Menashe del subcontinente indiano si trova nelle vicinanze e ascolta le stesse spiegazioni insieme a un gruppo di donne indiane cristiane vestite con i tradizionali sari colorati e croci dorate”.

La stragrande maggioranza di coloro che sono convenuti domenica scorsa nella Città Vecchia di Gerusalemme non erano interessati ad altro che a praticare la propria fede. Quando gli estremisti in mezzo a loro vengono silenziati, la strada è aperta per quel genere di convivenza che è il destino della variegata popolazione della città e dei turisti e pellegrini che vi convergono da tutto il mondo.

Può darsi che domenica scorsa sia stata solo una felice deviazione dalla triste normalità degli estremisti, e può darsi che la città venga di nuovo sconvolta da chi fomenta disordini e violenze. Ma, almeno per un giorno, abbiamo potuto vedere che si può realizzare l’ideale di Gerusalemme come città di pace e rispetto reciproco: una vera e propria istantanea di come questa terra sacra, amata da così tanti, possa davvero essere la terra della pace.

(Da: Jerusalem Post, 11.4.23)

Come già altre volte in passato, le autorità israeliane hanno deciso di impedire l’accesso alla spianata delle moschee sul Monte del Tempio a visitatori e pellegrini ebrei per tutti gli ultimi dieci giorni del mese musulmano di Ramadan (che quest’anno termina la sera del 20 aprile). In una dichiarazione diffusa martedì, l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha spiegato che la decisione è stata presa su raccomandazione unanime del Ministro della difesa, del Capo di stato maggiore, del capo dei servizi di sicurezza e del Commissario capo della polizia.

Le forze di sicurezza israeliane sono particolarmente preoccupate per ciò che potrebbe accadere il 14 aprile, ultimo venerdì di Ramadan, quando si tiene la giornata annuale Quds (di Gerusalemme) istituita dalle autorità iraniane nel 1979, tradizionalmente caratterizzata da virulente manifestazioni anti-sioniste e anti-israeliane fomentate soprattutto da elementi filo-iraniani e organizzazioni  terroristiche sponsorizzate da Teheran.

(Da: Times of israel, Israel HaYom, 11-13.4.23)