Ed ora, al lavoro

Ora Israele ha una sorta di governo di “unità nazionale”, con alcuni ottimi nomi

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2460Israele ha un nuovo governo, il più affollato della sua storia con 30 ministri e sette vice ministri: un fatto inquietante, arrogante ma del tutto prevedibile.
Colpa dell’attuale sistema politico israeliano che rende impossibile la formazione di un governo senza scambi di favori per ottenere la fiducia in parlamento. Nessun partito politico israeliano ha mai formato un governo senza passare per questo “mercato delle vacche”, e ora il Likud è stato costretto a gettare sul tavolo tutto il vendibile e il contrattabile per guadagnare l’appoggio di una settantina di parlamentari sui 120 che ne conta la Knesset. Qualcuno ha mai pensato davvero che Israel Beiteinu, Shas, laburisti, Ebraismo Unito della Torah e Habayit Hayehudi sarebbero entrati a basso prezzo? O che non sarebbe stato necessario risarcire l’ego ferito dei parlamentari dei Likud esclusi dai posti di prestigio?
Colpa anche del leader di Kadima, Tzipi Livni: se fosse entrata nel governo di Binyamin Netanyahu insieme ad Avigdor Lieberman ne sarebbe venuto fuori un governo relativamente ristretto, in grado di impegnarsi subito sulla riforma elettorale così urgentemente necessaria. Invece la Livni ha sostenuto, non del tutto onestamente, che la “distanza politica” da Netanyahu su quale sia il modo migliore di negoziare coi palestinesi non le ha permesso di aderire al governo. Mentre invece ciò che davvero l’ha costretta all’opposizione è stato il rifiuto di Netanyahu di accettare il meccanismo della rotazione sulla poltrona di primo ministro.
Le dimensioni del governo possono rendere difficile il funzionamento delle commissioni parlamentari, ma non dovrebbero influire negativamente sul processo decisionale del governo stesso giacché il mega-governo, che si riunirà come da tradizione ogni domenica mattina, non sarà il luogo dove verranno prese le vere decisioni. Il premier nominerà un gabinetto di sicurezza i cui membri sono stabiliti dalla legge. E poi Netanyahu darà vita a un “gabinetto ristretto” dove discutere una serie di questioni di politica interna ed estera. Vi siederanno Lieberman, Dan Meridor, Moshe Ya’alon, Benny Begin, Silvan Shalom, Binyamin Ben-Eliezer e Eli Yishai. Ma le decisioni veramente più delicate saranno prese solo da Netanyahu ed Ehud Barak.
Quanto sarà efficiente il funzionamento del governo dipenderà non solo dalle sue dimensioni, ma anche da quanto gli uomini chiave dello staff dell’ufficio del primo ministro sapranno coordinare l’apparato di potere e gestire il flusso decisionale lungo la catena gerarchica.
Ora Israele ha una sorta di governo di “unità nazionale” con il può andare avanti, e non mancano scelte di ministri senz’altro lodevoli. Anche se sarà Netanyahu a guidare la squadra economica, sarà Yuval Steinitz l’uomo del Tesoro. Steinitz non ha particolare competenza in economia, ma ha abbastanza capacità intellettuali per eccellere in un compito dove la lealtà personale verso il premier può contribuire a conferire coerenza alle scelte del governo. Con le entrate fiscali drammaticamente in ribasso, potrà capitare a Steinitz di dire ai partner della coalizione che non tutte le promesse del suo capo potranno essere mantenute. Desta invece qualche preoccupazione la figura di Yitzhak Cohen, dello Shas, come vice ministro delle finanze: la sua presenza potrebbe costare molto ai contribuenti. In un’epoca di turbolenze economiche senza precedenti, gli israeliani sono meno interessati ai dogmi economici, e più alla sicurezza di lavoro e stipendio.
Speriamo poi che il governo si avvalga pienamente delle capacità, tra gli altri, di ministri come Meridor (servizi di sicurezza), Ya’alon (affari strategici), Yaakov Neeman (giustizia) e Benny Begin.
Con il proposito del nuovo premier di capovolgere la spiarle negativa in corso nel sistema educativo, il ministero dell’istruzione è andato al leale Gideon Sa’ar. Il consumato professionista Matan Vilna’i sarà vice ministro della difesa, e anche questo è confortante. Yuli Edelstein può contribuire come ministro all’informazione, collaborando con il nuovo direttore alla comunicazione del premier, Ron Dermer, nell’ottimizzare le attuali risorse della diplomazia pubblica.
Naturalmente lo scopo di questo esercizio non è formare un governo, ma governare. Insieme a Barak, la cui presenza consolida la posizione d’Israele sulla scena internazionale, Netanyahu affronterà un’agenda fitta di temi critici che vede ai primi posti il programma nucleare iraniano, il predominio di Hamas fra i palestinesi e un’economia traballante.
Non possiamo promettere a Netanyahu una luna di miele. Ma gli auguriamo una notte di buon riposo, perché c’è veramente molto da fare.

(Da: Jerusalem Post, 1.04.09)