Editoriali del 21 giugno

Se ne discute in Israele: alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_3166YEDIOT AHARONOT scrive che “nel quadro della politica governativa ‘nessuna-politica,’ Israele rifiuta di considerare le richieste di asilo politico degli africani, sostenendo che provengono da paesi ostili. Poiché non controlla le richieste, non attiva nemmeno alcun procedimento con cui determinare chi si qualifica come profugo e chi no. Il risultato: immunità globale. Questo significa che rimangono anche quelli che non hanno diritto alla protezione. E il problema si sta rapidamente aggravando. La settimana scorsa si è verificato un record, quando 623 persone hanno attraversato il confine Israele-Egitto in sole due settimane. Tutto quello che rimane da fare al governo di Netanyahu è continuare a non occuparsene e aspettare pazientemente un disastro.”
(Da: Yediot Aharonot, 21.06.11)

MA’ARIV scrive che “dopo due mesi di silenzio, il presidente siriano ieri ha tenuto un discorso, cercando di dimostrare di avere il controllo della situazione. Il suo linguaggio del corpo comunicava esattamente il contrario.”
(Da: Ma’ariv, 21.06.11)

Il JERUSALEM POST commenta il crescente desiderio degli arabi israeliani di entrare volontari nel Servizio (civile) Nazionale, il che è osteggiato – spesso violentemente – da certi settori della comunità araba, e osserva che mentre non c’è da aspettarsi che gli arabi israeliani diventino sionisti irriducibili, “dovrebbero almeno evitare la trappola autolesionistica del rifiuto di riconciliarsi con l’esistenza dello stato ebraico”. L’editorialista afferma che “gli arabi israeliani godono di migliore istruzione, migliore assistenza medica e più diritti civili degli altri arabi che vivono nei paesi confinanti” e aggiunge: “La riconciliazione con il diritto di Israele di esistere e prosperare porta con sé una volontà, per quanto di malavoglia, di integrarsi nella società israeliana. E il Servizio Nazionale è il modo perfetto per facilitare questa integrazione.”
(Da: Jerusalem Post, 21.06.11)

HA’ARETZ critica i metodi di interrogazione rigorosi e spesso offensivi usati dal personale di sicurezza all’aeroporto Ben-Gurion, e sottolinea i gravi danni che questi metodi possono provocare alla reputazione e alla posizione di Israele all’estero. L’editoriale dice che, sebbene il personale di sicurezza debba contrastare rischi e minacce terroristiche, e chiaramente tutti i passeggeri devono essere controllati, “questo deve avvenire in modo egualitario, anche se implica disagio per tutti i passeggeri. Deve essere fatto usando più tecnologie innovative e meno frugando manualmente nelle valige, e da personale cortese che capisca che sta fornendo un servizio al pubblico, non dando ordini.”
(Da: Ha’aretz, 21.06.11)