Editorialisti arabi criticano i palestinesi per il rifiuto a priori delle iniziative di pace americane

“E’ facile, per consumati diplomatici, irridere l’inesperienza di Kushner: ma loro cosa hanno ottenuto in 70 anni di tentativi per risolvere il conflitto?”

Di Memri, Khalaf Al Habtoor

Saeb Erekat: “Il Comitato Esecutivo dell’Olp chiede a tutti i paesi arabi di non partecipare al workshop di Manama” (clicca per ingrandire)

L’iniziativa per la pace in Medio Oriente dell’amministrazione Trump, nota come “l’accordo del secolo” che deve ancora essere ufficialmente annunciato, così come il seminario economico “pace per la prosperità” che si terrà in Bahrain il 25-26 giugno e che mira a mobilitare “sostegno per i potenziali investimenti economici e le iniziative che potrebbero essere rese possibili da un accordo di pace”, continuano ad essere ampiamente dibattuti nella stampa araba.

In mezzo alle molte critiche contro le iniziative americane, a partire dai palestinesi che hanno preventivamente annunciato che non parteciperanno al seminario in Bahrain né a colloqui sul cosiddetto “accordo del secolo”, vi sono anche eminenti editorialisti ed opinionisti della stampa araba che esprimono un’opinione diversa: chiedono di non respingere a priori le iniziative e deplorano fermamente il rifiuto in passato, da parte araba e palestinese, di tante iniziative di pace. Articoli comparsi sulla stampa del Golfo ed egiziana criticano severamente i palestinesi e gli arabi per aver perso ripetutamente le opportunità che si presentavano per risolvere i loro problemi, e li esortano a considerare il piano di pace americano per il Medio Oriente con “mente aperta”, a partecipare ai negoziati e sforzarsi di sfruttarli al meglio accettando di fare concessioni dove necessario.

In Giordania, in mezzo alla diffusa opposizione all’iniziativa degli Stati Uniti, sono comparsi alcuni articoli che sostengono che il paese dovrebbe partecipare al workshop nel Bahrein per sostenere le proprie posizioni sulla questione palestinese ed anche per cogliere un’opportunità di migliorare la situazione economica della Giordania stessa. Sostegno all’iniziativa è stato espresso anche dal membro del parlamento giordano Fuaz Al-Zo’bi.

In un articolo pubblicato lo scorso 14 maggio sulla testata saudita in lingua inglese Arab News sotto il titolo “Un barlume di speranza mentre ricordiamo la Nakba”, il direttore del giornale, Faisal J. Abba, ha scritto che “il piano di pace di Jared Kushner” potrebbe essere l’ultima, e migliore, possibilità per i palestinesi di conseguire uno stato. L’Arabia Saudita può aiutare, ha aggiunto Faisal J. Abbas, persuadendo i paesi arabi e musulmani a sostenere il piano e operando con i paesi donatori “per garantire ai palestinesi una vita sostenibile e prospera”. I palestinesi, ha scritto il direttore di Arab News, celebrano il 71esimo anniversario della Nakba, la catastrofe rappresentata dalla dichiarazione d’indipendenza d’Israele. Da quel giorno del 1948, tutti i tentativi di rettificare la situazione, sia con mezzi pacifici che militari, sono falliti. E continua: “Quando, l’anno scorso, Arab News ha commemorato il 70esimo anniversario della Nakba con un numero speciale, ho scritto che la pace era ‘remota, ma ancora possibile’. Poi, negli ultimi mesi, è nato uno sviluppo interessante che forse, e sottolineo forse, potrebbe invertire la situazione e rendere la pace più possibile e meno remota: è il piano di pace di Jared Kushner. E’ molto facile, per consumati politici e diplomatici navigati, dileggiare e irridere la mancanza di esperienza di Kushner in tali questioni. Ma cosa hanno ottenuto, loro, in oltre 70 anni di tentativi per risolvere questo conflitto? Direi, molti processi e ben poca pace.

(Da: jns.org, Memri, 3.6.19)

Khalaf Al Habtoor, presidente del gruppo Al Habtoor con sede negli Emirati Arabi Uniti

Scrive Khalaf Al Habtoor su Ha’aretz: L’Autorità Palestinese e tutte le fazioni palestinesi hanno respinto ogni partecipazione alla prossima conferenza sulla pace economica sponsorizzata dagli Stati Uniti e dal Bahrein, che si terrà a Manama il 25 e 26 giugno alla presenza di rappresentanti di tutti i paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo e di altri paesi arabi. Sebbene singoli protagonisti dell’economia palestinese abbiano mostrato interesse, l’Olp ha definito “collaborazionisti” i partecipanti e ha bocciato il workshop come “una’estorsione finanziaria”, benché Jerad Kushner abbia garantito che è solo il preludio a una proposta di soluzione politica che verrà presto svelata. Questo approccio limitato da parte del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) è miope nel migliore dei casi, e controproducente nel peggiore.

Non c’è nulla di male nell’ascoltare ciò che verrà messo sul tavolo. In definitiva, resta prerogativa dei palestinesi accettare o rifiutare. I palestinesi hanno sempre fatto pesantemente affidamento sugli aiuti, in un modo o nell’altro. Ora che vengono offerti, i loro dirigenti voltano le spalle invece di prendersi cura dei bisogni della loro gente. E la loro assenza non farà che rafforzare il vecchio cliché israeliano secondo cui “gli arabi non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione”. Nessuno, da parte araba, cerca di costringerli. C’è solo il tentativo di persuadere Abu Mazen a vedere il quadro generale. Intanto, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e il Bahrain hanno ribadito il loro impegno verso uno stato palestinese con Gerusalemme come capitale. Ma l’economia palestinese ha estremo bisogno di una spinta. …

21.5.19, tweet dell’editorialista Muhammad Aal Al-Sheikh, del quotidiano saudita Al-Jazirah: “Oh palestinesi, avete perso molte occasioni dal 1948 fino all’annessione di Gerusalemme. Siete bravi solo con rancori, invettive, insulti e nell’incolpare gli altri per il menefreghismo con cui trattate i vostri affari. Approfittate del workshop economico nel Bahrain, e fatevi bastare qualunque cosa, per quanto poco, giacché non avete in mano nessuna carta con cui negoziare”. (clicca per ingrandire)

Il workshop sull’economia per la pace potrebbe fornire la risposta. I governi donatori, così come gli investitori privati interessati, stanno aspettando dietro le quinte. Una cooperazione economica onesta può essere il primo passo verso la risoluzione dei conflitti, e indubbiamente faciliterebbe migliori interazioni tra i popoli. Il commercio potrebbe sostenere e semplificare la soluzione politica. Il reciproco sospetto nutrito dalla maggior parte degli israeliani e dei palestinesi è dovuto al fatto che ci sono pochi contatti tra i due popoli. … L’Autorità Palestinese dovrebbe seriamente riconsiderare il suo boicottaggio della conferenza, se non altro per il fatto che un’economia palestinese più forte si tradurrebbe nel rafforzamento della loro piattaforma politica. Purtroppo, Hamas e Jihad Islamica sono così radicati nella loro linea dura e nelle loro distorte ideologie teocratiche, mentre rimangono legati a Iran e ad altri soggetti poco raccomandabili, che non si può nemmeno immaginare una loro partecipazione.

Voglio dirlo nel modo più chiaro possibile. Sono sempre stato un sostenitore dei diritti dei palestinesi. Negli anni passati ho organizzato conferenze a Dubai per promuovere questo obiettivo e la mia fondazione dà una mano agli agricoltori palestinesi e ad altri che hanno bisogno. Ma sono anche realista. Il mondo dei sogni va bene per Disneyland. Io vedo ciò che c’è e ciò che potrebbe esserci. Plaudo al coraggio dimostrato da Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Bahrain che si sono messi alla testa della conferenza per andare oltre le posizioni sedimentate e cercare di aprire una nuova strada. Hanno adottato una posizione pragmatica alla luce delle realtà attuali, in una regione che non è mai stata così instabile. …

Certo, capisco che la dirigenza palestinese è sconvolta per la decisione del presidente degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico. Ma, detto questo, forse che dobbiamo continuare per sempre a sbattere la testa contro un muro, usando sempre gli stessi logori paradigmi che non hanno prodotto nient’altro che miseria mentre incancrenivano gli odi per oltre 70 anni? Sia i palestinesi che gli israeliani avrebbero solo da perderci. … Spetta ai decisori responsabili assicurarsi che possano invece vivere fianco a fianco come partner in pace.

Desidero ardentemente il giorno in cui gli stati arabi, in particolare gli stati del Golfo, potranno normalizzare le relazioni diplomatiche e commerciali con Israele come hanno fatto Egitto e Giordania. Quasi tutti condividiamo un nemico comune. L’Iran e i suoi rovinosi gregari sono considerati una minaccia esistenziale da Israele e da noi che viviamo vicino allo Stretto di Hormuz. Tuttavia, la normalizzazione richiede una soluzione soddisfacente per il conflitto israelo-palestinese. O perlomeno che si riducano le tensioni. Una volta fatto, saremo in grado di fermare l’avventurismo guerrafondaio di Teheran. Ho fiducia che quel giorno arriverà presto. Vi sono già contatti e colloqui dietro le quinte tra rappresentanti israeliani e arabi del Golfo. Non pretendo che non vi sia opposizione da parte di alcuni ambienti. Ma quelli che si oppongono con veemenza sono i bastian contrari di sempre, quelli che imperversano regolarmente sui social network inveendo furibondi contro ogni possibile soluzione. E quando si chiede loro di presentare alternative, non sanno fare altro che imprecare e insultare. Per questo, ribadisco il mio appello ad Abu Mazen: riconsiderate il vostro boicottaggio della conferenza. I palestinesi ne hanno bisogno.

(Da: Ha’aretz, 29.5.19)