Elezioni che potevano e dovevano essere evitate

Il severo commento nell’editoriale del Jerusalem Post

Livni Netan Lapid

Da sinistra: la ex ministra della giustizia Tzipi Livni, il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro delle finanze Yair Lapid

Martedì sera, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha destituito il ministro delle finanze Yair Lapid, leader di Yesh Atid, e la ministra della giustizia Tzipi Livni, leader di Hatnua. La mossa innescherà le elezioni anticipate.

Non è una disputa ideologica, quella che ha precipitato la crisi della coalizione di governo in carica. La polemica sul disegno di legge “stato ebraico” avrebbe potuto essere facilmente risolta semplicemente approvando come Legge Fondamentale i principi già enunciati nella Dichiarazione d’Indipendenza. Le critiche di Lapid al primo ministro per aver messo in pericolo i rapporti con gli Stati Uniti riguardano più lo stile che la sostanza, ed erano roba leggera rispetto alle frecciate lanciate contro Netanyahu durante l’operazione “Margine protettivo” dal ministro degli esteri Avigdor Liberman, leader di Israel Beytenu, e dal ministro dell’economia Naftali Bennett, leader di Bayit Yehudi. Non è stata nemmeno l’economia. Le riforme di Lapid sulla casa avrebbero potuto essere approvate, con o senza modifiche e compromessi, pur di preservare la coalizione. Oltretutto Netanyahu ne aveva già approvate gran parte nelle votazioni in prima lettura.

No, questo governo è arrivato al capolinea a causa di inimicizie personali. E la più accesa è quella fra Lapid e Netanyahu. Lapid iniziò male quando dichiarò di considerarsi candidato a diventare il prossimo primo ministro, suscitando il timore di Netanyahu d’essere detronizzato. I rapporti tra i due si sono ulteriormente deteriorati nelle ultime settimane fino al punto che, fatta eccezione per le riunioni di gabinetto, a malapena si parlano. Se si deve dar credito ai resoconti del fatidico incontro tra i due di lunedì sera, la crisi creata da Netanyahu per costringere Lapid ad andarsene si è concretizzata nell’ultimatum che ha sottoposto al leader di Yesh Atid sulla bocciatura del suo piano di punta sulla riforma della casa e sul sostegno al disegno di legge sullo “stato ebraico”: due condizioni capestro che per Lapid sono diventati la goccia che fa traboccare il vaso. Netanyahu a quanto pare è pronto a fare tutto il possibile pur di liberarsi di Lapid e del suo partito, compreso spendere milioni di shekel dei contribuenti per coprire le spese di elezioni anticipate non necessarie.

Quale configurazione potrebbe risultare da nuove elezioni che sia diversa – non diciamo migliore – rispetto alla coalizione attuale? Non che ci sia una grande riserva di talenti fra cui scegliere. Mentre i sondaggi registrano l’alta probabilità che gli elettori si rivolgano più a destra, indebolendo partiti come quello laburista e soprattutto i centristi Atid Yesh e Hatnua, il neonato partito ancora senza nome dell’astro nascente Moshe Kahlon (ex Likud) fornisce a Netanyahu un naturale alleato di coalizione potenzialmente candidato a sostituire Yesh Atid, se si prendono per buoni i sondaggi attuali che attribuiscono al partito di Kahlon circa 12 seggi.

Kahlon è particolarmente interessante come partner di coalizione, per Netanyahu, non solo perché si autodefinisce un “uomo del Likud” nel profondo del cuore, ma perché intende concentrarsi sulla riduzione del costo della vita: una causa meritoria che, se conseguita, non incorrerebbe nelle ire della comunità internazionale come invece accade alla costruzione di case negli insediamenti.

E tuttavia queste elezioni non solo sono inutili. E’ la loro tempistica che è particolarmente infelice: prima del passaggio della legge di bilancio 2015 che doveva avvenire entro la fine del mese di dicembre. Forse nascerà una nuova coalizione più forte. E forse verrà cestinato lo sventurato piano di Lapid per l’Iva a zero per cento sulle nuove case, bocciato da diversi economisti e che il prossimo anno sarebbe costato 3 miliardi di shekel.

Schede elettorali israeliane

Schede elettorali israeliane

Né c’è da aspettarsi che queste elezioni cambino il panorama politico in modo significativo. Netanyahu potrà forse mettere insieme una coalizione di destra guidata dal suo partito Likud, con il partito di Kahlon, Israel Beytenu e Bayit Yehudi, e senza i partiti ultra-ortodossi. Se invece Netanyahu deciderà che vuole gli ultra-ortodossi nella nuova coalizione, dovremo aspettarci un arretramento dei progetti di legge sulla leva obbligatoria per tutti e stanziamenti più elevati nei fondi sociali, in particolare sotto forma di assegni familiari. Come ha scritto lunedì sul Jerusalem Post il parlamentare di Yesh Atid Dov Lipman, i partiti ultra-ortodossi hanno detto a Netanyahu che sarebbero entrati nella coalizione dopo le elezioni a condizione di ridisegnare secondo il loro gradimento il progetto di legge sulla leva per tutti, di ripristinare il budget di seminari e scuole talmudiche e di cancellare la nuova politica sul riconoscimento delle conversioni. Lipman sottolinea giustamente che molti progressi fatti dalla coalizione attuale rischiano di venire annullati esclusivamente a causa di “beghe politiche”.

Dunque queste elezioni anticipate potevano e dovevano essere evitate. E’ frustrante rendersi conto che l’unica ragione per cui sono in marcia non ha niente a che fare con i principi, l’ideologia o l’economia, quanto piuttosto con la solita vecchia politica e con inimicizie personali. I cittadini di Israele meritano di meglio.

(Da: Jerusalem Post, 2.12.14)