Eliminazione di un capo terrorista a Dubai: tutt’altro che un fallimento

Indipendentemente da chi l’abbia eseguita

di Yaakov Lappin e al.

image_2751Indipendentemente da chi l’abbia eseguita, l’uccisione lo scorso 19 gennaio a Dubai del comandante terrorista di Hamas Mahmoud al-Mabhouh è stata meticolosamente pianificata e realizzata con successo. E nonostante le indagini sorprendentemente efficienti della polizia di Dubai, l’operazione non va affatto considerata un fallimento.
Fonti straniere continuano ad attribuire la responsabilità dell’uccisione al Mossad (i servizi di intelligence israeliani), sebbene Israele non abbia né confermato né smentito.
A differenza di quanto accadde nel fallito tentativo del Mossad di uccidere nel 1997 in Giordania il capo di Hamas Khaled Mashaal, gli apparati di sicurezza del Dubai non sono riusciti a catturare gli esecutori. Oggi non incombono ripercussioni potenzialmente urgenti e pesanti sui rapporti diplomatici con un paese arabo regionalmente essenziale per Israele, come accadde invece nel 1997 quando le relazioni israelo-giordane vennero messe in tensione fin quasi al punto di rottura.
Una ricaduta diplomatica con Londra (e alcune altre capitali), causata dall’uso di passaporti del Regno Unito contraffatti, è un’eventualità assai probabile se le autorità britanniche attribuiranno ufficialmente all’intelligence israeliana la responsabilità del colpo. Ma tale sviluppo era stato sicuramente messo in conto da chiunque abbia preso la decisione di eliminare Mabhouh. Le frizioni diplomatiche che in questo momento stanno montando devono essere state valutate come sopportabili prima che venisse data luce verde all’operazione.
Dati tutti questi fattori, il fatto stesso che l’operazione sia andata avanti dà un’idea di quanto Mabhouh fosse considerato un bersaglio di grande peso. A quanto è dato sapere, Mabhouh soprintendeva al traffico clandestino verso Gaza di razzi iraniani a lunga gittata, quelli che mettono Hamas in condizione di minacciare la regione densamente popolata di Gush Dan dove vivono più di tre milioni di israeliani, e che rappresenta il cuore finanziario del paese.
In un video girato due settimane prima della sua morte e diffuso all’inizio di questo mese dalla tv Al-Jazeera, Mabhouh affermava d’aver sequestrato e ucciso nel 1989 due soldati delle Forze di Difesa israeliane, Ilan Sa’adon e Avi Sasportas. Mabhouh spiegava di essersi camuffato da ebreo ortodosso per realizzare l’attentato.
La polizia di Dubai non si è pronunciata sugli scopi della visita di Mabhouh nell’emirato del Golfo.
Secondo l’analista di YnetNews Ron Ben-Yishai, gli israeliani neo immigrati che si sono ritrovati col nome sulla lista dei ricercati dalla polizia di Dubai non incontreranno troppe difficoltà a discolparsi completamente, giacché nei documenti contraffatti era stata cambiata la maggior parte dei dettagli rispetto a quelli originali. A quanto pare i membri del commando si sono dati parecchio da fare per assicurarsi che i neo immigrati potessero poi distinguersi completamente dall’incidente, cambiando i numeri dei passaporti, inserendo secondi nomi fittizi e alterando le date di nascita. Cosa più importante, i passaporti usati dal commando sono stati ufficialmente dichiarati falsi dai governi europei, con ciò scagionando completamente i neo immigrati coinvolti.
Difficile non convenire sulle considerevoli capacità messe in campo dalla polizia di Dubai nelle indagini, che sono state rapide ed efficaci. L’emirato del Golfo, ansioso di preservare la propria immagine di paradiso finanziario esente dalle violente piaghe che affliggono altre parti del Medio Oriente, ha fatto di tutto per cercare di mettere in imbarazzo gli esecutori dell’omicidio e i loro mandanti. Sforzi che probabilmente erano stati previsti come un possibile effetto da chi ha pianificato la missione, e giudicati accettabili.
(Da: Jerusalem Post, 18.2.10)

Altri quotidiani israeliani discutono vari aspetti delle polemiche suscitate dall’uccisione in Dubai del quadro terrorista.

Yediot Aharonot scrive: “Supponiamo per un momento che siano stati davvero agenti del Mossad a giustiziare Mahmoud al-Mabhouh”. L’editoriale ammette di provare soddisfazione all’idea che “di essersi sbarazzati di un nemico duro e feroce, il signor Mabhouh, cui abbiamo dato la caccia per anni”, e ipotizza che i furori sull’uso improprio di qualsivoglia passaporto straniero – una pratica che conosce ampi precedenti – si placheranno presto”. Conclude l’editoriale: “Nel frattempo, auguriamo al signor Mabhouh di riposare in pace e intanto ci permettiamo di rivolgere un sommesso ‘grazie’ agli agenti segreti”.

Yisrael Hayom scrive che l’ambiguità attorno all’affaire “comporta enormi vantaggi” e avanza l’ipotesi che, se i dettagli dell’operazione non dovessero mai emergere del tutto, “anche i paesi i cui passaporti sono stati usati finiranno con lasciarsi il caso alle spalle”. Secondo l’editoriale, “l’eliminazione di un personaggio del calibro di Al-Mabhouh consegue un duplice obiettivo: fa cessare le sue attività e crea un effetto deterrente”.

Ha’aretz definisce l’operazione un errore e scrive che “quella che inizialmente sembrava un’operazione ‘pulita’ è stata rovinata da sbagli per negligenza”. L’editoriale afferma che “bisogna trarne lezioni per il futuro e i risultati devono essere esposti alla luce del sole”.

(Da: Yediot Aharonot, Yisrael Hayom, Ha’aretz, 18.2.10)

Nella foto in alto: Un terrorista di Hamas posa davanti al poster con l’immagine di Mahmoud al-Mabhouh