Esponente Hamas: Potremmo emendare la nostra Carta

Ma portavoce e predicatori continuano a invocare la distruzione di Israele.

image_903Hamas potrebbe un giorno emendare la propria Carta fondamentale, che invoca la distruzione di Israele, e avviare negoziati con lo stato ebraico. Lo ha affermato mercoledì un esponente del gruppo jihadista palestinese in Cisgiordania.
“La Carta non è il Corano – ha detto Mohammed Ghazal intervistato dalla Reuters nel suo ufficio presso l’università an-Najah di Nablus – Storicamente noi riteniamo che tutta la Palestina appartenga ai palestinesi, ma adesso stiamo parlando della realtà, di soluzioni politiche… E la realtà è differente”.
L’affermazione di Mohammed Ghazal, che non conosce precedenti in Hamas, sembra contraddire dichiarazioni anche recentissime di più autorevoli esponenti di Hamas a Gaza, che ribadivano l’obiettivo di Hamas: cancellare Israele e creare al suo posto uno stato esclusivamente arabo-islamico.
La posizione di Ghazal rifletterebbe un apparente spostamento di Hamas verso posizioni più “moderate” nel panorama palestinese, all’indomani del ritiro israeliano, e un tentativo di guadagnare migliore accoglienza in campo internazionale in vista delle elezioni parlamentari palestinesi. Ghazal ha comunque aggiunto che è ancora troppo presto per parlare di riconoscimento di Israele “mentre Israele non riconosce me come la vittima”. Secondo Ghazal, eventuali colloqui con Israele sarebbero in ogni caso condizionati al ritiro di Israele da Cisgiordania e Gerusalemme est, e al riconoscimento del cosiddetto “diritto al ritorno” (dei profughi palestinesi e di tutti i loro discendenti all’interno di Israele).
Dopo essere stata seriamente indebolita dalle operazioni anti-terrorismo israeliane degli ultimi anni, dal febbraio scorso Hamas – una delle organizzazioni maggiormente responsabili dell’ondata di stragi terroristiche che ha colpito Israele a partire dalla fine del 2000 – ha accettato di prendere in considerazione un “periodo di calma”, e ha annunciato l’intenzione di partecipare alle elezioni per il Consiglio Legislativo dell’Autorità Palestinese del prossimo gennaio, pur ribadendo più volte che non intende per questo cedere le armi né rinunciare a quella che chiama la “lotta armata”.
Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si trova in queste settimane sotto forti pressioni da parte non solo di Israele, ma anche del Quartetto di mediatori (Usa, Ue, Russia e Onu) perché proceda al disarmo delle bande armate palestinesi, uno dei primi passi previsti dalla Road Map per il rilancio del processo di pace.

Si apprende nel frattempo che, in un sermone pronunciato venerdì 16 settembre durante celebrazioni negli ex insediamenti israeliani nella striscia di Gaza (diffuse lo stesso giorno dalla tv Al-Jazeera), lo sceicco di Hamas Nazzar Rayan ha dichiarato: “Possiamo liberare la Palestina, tutta la Palestina dal Mediterraneo al Giordano”.
“La sconfitta del nemico a Gaza – ha detto il predicatore – non significa che questa fase sia terminata. Ci sono ancora la pura Gerusalemme e la Cisgiordania. Non avremo tregua finché non avremo liberato tutta la nostra terra, tutta la nostra Palestina. Noi non facciamo distinzione fra ciò che venne occupato negli anni ’40 [leggi: Israele] e ciò che fu occupato negli anni ’60. La nostra jihad continua, la strada davanti a noi è ancora lunga. Continueremo fino a quando l’ultimo usurpatore non sarà stato cacciato dalla nostra terra.
“Siamo qui, sulla nostra terra liberata – ha dichiarato nella stessa circostanza il portavoce di Hamas Mushir Al-Masri – vicini alle linee d’armistizio [del ‘49], e ricordiamo quando Sharon disse che Netzarim è come Tel Aviv. Hamas, con le parole del leone di Palestina [Rantisi], disse che Gaza è come Tel Aviv. La promessa che è stata mantenuta e che sarà mantenuta in futuro, oh Sharon, è la promessa di Allah, e la promessa di Hamas. Guardate, ad Allah piacendo la Palestina viene liberata. Siamo venuti qui in massa per proclamare che Hirbiya e Ashkelon [in Israele] verranno prese dai mujahideen. Siamo venuti qui per dire che le armi della resistenza che voi vedete, qui resteranno, ad Allah piacendo, cosicché potremo liberare la Palestina, tutta la Palestina, dal mare [Mediterraneo] al fiume [Giordano], che loro lo vogliano o meno”.
Le celebrazioni si sono concluse con lo speaker che proclamava negli altoparlanti: “Con la benedizione di Allah, la nostra terra sarà liberata e noi marceremo su Tel Aviv, su Haifa, su Giaffa”.

(Da: YnetNews, Memri, 22.09.05)