Esponente palestinese: “Abu Mazen ha commesso ogni possibile errore da quando Trump è entrato alla Casa Bianca”

Commentatore israeliano: “Quando si capirà che il presidente palestinese non ha alcun interesse ad arrivare a una soluzione che dia davvero uno stato al suo popolo?”

3 maggio 2017: il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e il presidente Usa Donald Trump alla Casa Bianca

Una serie di recenti misure adottate da Washington hanno fatto infuriare la dirigenza palestinese, ma lo sdegno verso l’amministrazione americana è accompagnato da crescenti critiche rivolte al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), accusato d’aver commesso “ogni possibile errore” da quando il presidente Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca. E’ quanto ha affermato un alto esponente palestinese che ha parlato con Israel HaYom.

Il rappresentate palestinese ha detto che Abu Mazen, temendo ulteriori sanzioni americane, ha finalmente ordinato ai dirigenti palestinesi di “smetterla di attaccare Donald Trump e l’amministrazione di Washington e di moderare le dichiarazioni contro gli Stati Uniti”. Dopo la decisione americana della settimana scorsa di chiudere la missione dell’Olp a Washington, e la successiva decisione di interrompere i piani di finanziamento per progetti israelo-palestinesi (dirottando i fondi su progetti per la convivenza arabo-ebraica all’interno di Israele), Abu Mazen avrebbe anche deciso di accantonare il suo proposito di attaccare le scelte dell’amministrazione Trump davanti all’Assemblea Generale dell’Onu, a New York, alla fine del mese.

“La chiusura degli uffici dell’Olp a Washington è stata uno shock – ha spiegato il funzionario palestinese a Israel HaYom – Non pensavamo che Trump sarebbe arrivato al punto di chiudere la missione diplomatica palestinese negli Stati Uniti”. La fonte ha aggiunto che molti esponenti della dirigenza palestinese sono profondamente critici del modo in cui Abu Mazen ha gestito finora la crisi in corso tra palestinesi e Casa Bianca. “Abu Mazen deve riconsiderare la strada che ha imboccato – ha detto la fonte – Ha commesso ogni errore possibile da quando Trump è entrato alla Casa Bianca. Ciò che fece infuriare il presidente Trump fu la disposizione data da Abu Mazen ai suoi rappresentanti a Washington di non incontrare l’inviato speciale per il Medio Oriente Jason Greenblatt. Cos’altro deve accadere perché l’ufficio del rais palestinese si renda conto che Trump non si limita a fare promesse o minacce, ma le attua davvero?”.

Abu Mazen al Comitato Centrale dell’Olp del 14 gennaio 2018 quando esclamò, fra l’altro, rivolto a Trump: “Al diavolo i tuoi soldi”

Riepilogando i passi che Trump ha intrapreso contro l’Autorità Palestinese, il funzionario ha poi dato voce alla delusione di Ramallah per la reazione, o mancata reazione, da parte degli stati arabi: “Trump ha trasferito l’ambasciata americana a Gerusalemme, ha annullato i finanziamenti Usa all’Unrwa e ha cancellato gli aiuti in denaro dovunque poteva. Il mondo arabo aveva detto che l’attacco a Gerusalemme e allo status dei profughi palestinesi avrebbe portato a una guerra mondiale, ma in realtà le conseguenze ricadono solo sui palestinesi. Paesi arabi come l’Egitto, l’Arabia Saudita e la Giordania voltano le spalle ad Abu Mazen perché non sono interessati a uno scontro con l’amministrazione Trump, certamente non sulla questione palestinese. Il nostro assunto di fondo – ha continuato l’esponente palestinese – è che, se le relazioni con gli Stati Uniti peggioreranno, ciò porterà a ulteriori misure ostili dalle quali potremmo non essere in grado di recuperare. Con tutto il rispetto per il sostegno dell’Unione Europea, sia diplomatico che economico, essa non può sostituire il sostegno americano. Anche il contributo degli stati arabi è in gran parte declamatorio e la maggior parte delle donazioni che i paesi arabi promettono di mandare ai palestinesi non arrivano mai”. (Da: Israel HaYom, 16.9.18)

Il consigliere della Casa Bianca, Jared Kushner, ha giustificato le misure adottate dall’amministrazione Trump affermando che nessuna di esse diminuisce le possibilità di successo del processo di pace israelo-palestinese. In un’intervista venerdì scorso al New York Times, Kushner ha detto che, al contrario, le severe scelte politiche del presidente Trump migliorano le possibilità di pace giacché tolgono di mezzo le “false realtà” che circondano il processo di pace in Medio Oriente. “Erano state create troppe false realtà – ha detto Kushner – che vengono venerate da troppi, e che andavano cambiate. Tutto quello che stiamo facendo è trattare le cose per come le vediamo veramente, senza farci dissuadere dal fare la cosa giusta. Penso che, di conseguenza, vi siano possibilità molto più alte di arrivare effettivamente a una vera pace”.

Kushner ha criticato i rappresentanti palestinesi per aver insolentito l’amministrazione Trump dopo i tagli agli aiuti, e ha spiegato che i dirigenti palestinesi “meritavano di perdere quegli aiuti dopo che avevano calunniato l’amministrazione”, e che “comunque gran parte del denaro versato dagli Stati Uniti all’agenzia Onu per i profughi e altre cause palestinesi venivano malamente sprecati: nessuno ha un diritto automatico agli aiuti esteri dell’America”. Nel caso dei palestinesi, ha detto Kushner, i finanziamenti degli Stati Uniti “si erano trasformati in una sorta di diritto acquisito pluridecennale senza alcun piano volto a renderli autosufficienti”. Tuttavia, Kushner ha insistito sul fatto che la frattura tra Ramallah e Washington non è incolmabile, aggiungendo di non essere turbato dalle posizioni assunte da Abu Mazen. Certo, ha concluso, se Abu Mazen è un leader serio studierà attentamente il piano di pace dell’amministrazione dopo che sarà stato diffuso, anziché respingerlo del tutto prima ancora d’averlo visto. (Da: Israel HaYom, 14.9.18)

Noah Klieger

Scrive Noah Klieger: Vi sono alcune cose che non riesco a capire. Ad esempio quando molti, compresi alcuni israeliani, sostengono che i passi del presidente americano contro i palestinesi danneggeranno Israele. Ma come, esattamente? “L’onore dei palestinesi non permetterà loro di arrendersi a Trump – spiegano – e alla fine il prezzo lo pagheranno anche gli israeliani”. “L’onore dei palestinesi”? Cioè, le menzogne e gli inganni della loro propaganda e le loro bugie in tutti i negoziati, compreso lo sventurato accordo di Oslo che conferì  riconoscimento internazionale e premio Nobel per la pace a quel bugiardo compulsivo che era Yasser Arafat, che non aveva mai pensato veramente di rispettare quell’accordo, proprio come il suo successore Abu Mazen. Cioè, la loro istigazione contro Israele in tutto il mondo, compreso il continuo appello a tutte le istituzioni internazionali perché condannino e puniscano Israele. E per cosa, esattamente? Per aver cercato ripetutamente di arrivare a una accordo con loro, mentre loro respingevano ogni e qualsiasi proposta o piano che venisse loro proposto.

Un altro argomento è che le scelte di Trump causeranno disordini e caos sia per noi israeliani che per l’intero mondo arabo. “Un’altra intifada”, avvertono i profeti di sventura. Ma quando mai sono cessati i disordini? Sono passati trent’anni dalla prima intifada e diciotto anni dalla seconda intifada, quella delle stragi suicide. Nel frattempo le “sanguinose regole del gioco ” sono cambiate: oggi Israele è perfettamente in grado di sconfiggere le varie intifade, e i palestinesi lo sanno.

Il mondo arabo, dal canto suo, è diviso e lacerato da conflitti interni. Ciascuno dei paesi musulmani è preso dai propri problemi, in patria e all’estero. E in ogni caso, il destino dei “fratelli” palestinesi non li ha mai veramente interessati quando non serviva ai loro interessi.

Ma oltre a tutto questo, quello che non capiscono i profeti di sventura è che il presidente palestinese non vuole arrivare a una soluzione che dia davvero uno stato al suo popolo. Perché mai Abu Mazen dovrebbe voler gestire un paese, con tutti i problemi e i mal di testa che comporta? Da anni si gode tutti i vantaggi e gli onori di un capo di stato. Lui è già un presidente, dopotutto, e viene trattato come tale. Staziona nei migliori alberghi del mondo, incontra i leader di tutti i paesi e riceve ingenti somme di denaro, che in gran parte non raggiungono mai quelli della sua popolazione che ne avrebbero davvero bisogno. Ingenti fondi che gli permettono di erogare somme cospicue agli “eroi” (cioè agli assassini) detenuti nelle carceri israeliane e alle famiglie dei “martiri”. Che bisogno ha di uno stato, Abu Mazen? Cosa ha fatto, fino ad oggi, per procurare davvero uno stato al suo popolo? Ha mai detto “sì” a qualcosa?

Ma adesso, con le recenti misure di Trump, Abu Mazen si trova a fronteggiare una vera calamità. Da qualche tempo la maggior parte dei paesi arabi non trasferiscono più denaro, ma finora le varie agenzie delle Nazioni Unite, l’Unione Europea e soprattutto gli Stati Uniti hanno continuato a puntellare l’Autorità Palestinese, attraverso vari meccanismi, evitandone il tracollo. Ora che i fondi Usa vengono meno, cosa farà il presidente di Ramallah? Continueranno, lui e i suoi sostenitori, a lamentare “la dignità palestinese offesa”, o inizieranno finalmente a guardare in faccia la realtà e capire che non possono boicottare la presidenza della prima superpotenza del mondo, e che devono ascoltare seriamente le iniziative avanzate dai suoi emissari? Capiranno che giocare la parte delle eterne vittime, anche se ha funzionato per decenni, non ha alcun effetto su uno come Trump? Si può facilmente immaginare che non lo capiranno. (Da: Ynet News, 16.9.18)

In un discorso tenuto a Johannesburg (Sudafrica) il 10 maggio 1994 (otto mesi dopo la storica stretta di mano alla Casa Bianca e la firma dell’Accordo di Oslo), Yasser Arafat paragonò esplicitamente l’accordo di pace con Israele al trattato di pace di Hudaybiyyah, la tregua di dieci anni concordata tra Maometto e la tribù Quraish della Mecca: due anni dopo Maometto attaccava e conquistava la Mecca.

Yasser Arafat: «Questo accordo non lo considero di più dell’accordo che era stato firmato tra il nostro profeta Maometto e i Quraish, e ricordate che il Califfo Omar aveva rifiutato quell’accordo e lo aveva considerato una Sulha Dania [tregua spregevole]. Ma Maometto aveva accettato e noi ora accettiamo questo accordo di pace.»