Etichettatura discriminatoria, boicottaggi e antisemitismo

In alcune città europee sono già comparse squadre di anti-israeliani fanatici che fanno irruzione nei negozi per intimidire clienti e dipendenti

Di Benjamin Weinthal

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A quasi un mese dalla decisione dell’Unione Europea sull’etichettatura discriminatoria per i prodotti israeliani fabbricati nei territori contesi di Cisgiordania, Golan e Gerusalemme est, la sensazione crescente è che il provvedimento abbia effettivamente dato forte impulso ai gruppi anti-israeliani più estremisti. Si può dunque affermare che le etichette discriminatore dell’Unione Europea stiano contribuendo alla diffusione di una nuova ondata di antisemitismo?

La decisione, lunedì, della cancelliera tedesca Angela Merkel di sostenere l’etichettatura differenziata dei prodotti ebraici nei territori ha scioccato il campo anti-etichettatura discriminatoria. Dopo tutto, la Germania fu il primo paese europeo a ostracizzare le aziende ebraiche nel 1930.

Un ristretto numero di politici tedeschi vede nel provvedimento dell’Unione Europea una disparità di trattamento ingiustamente mirata contro lo stato ebraico. Il deputato Jan Korte, una delle poche voci non anti-israeliane nel Partito della Sinistra tedesco (Die Linke), ha detto lunedì al Jerusalem Post: “Considero sbagliata la politica israeliana degli insediamenti. Ma per ragioni storiche, personalmente respingo il mandato sull’etichettatura”. Korte ha aggiunto che il sistema di etichettatura dell’Unione Europea pratica di fatto una doppia morale contro Israele “visto qual è il comportamento a livello internazionale in altri casi analoghi, come ad esempio Cipro”. L’Unione Europea considera Cipro Nord un territorio occupato dalla Turchia, ma si rifiuta di etichettare in modo specifico i prodotti fabbricati a Cipro Nord o di penalizzare la Turchia con le sanzioni dei consumatori.

Parlando delle campagne di boicottaggio accademico che prendono di mira solo ed esclusivamente Israele, il giornalista Premio Pulitzer Charles Krauthammer ha scritto: “La discriminazione specificamente mirata contro gli ebrei ha un nome: si chiama antisemitismo”.

Dice Gerald Steinberg, direttore della organizzazione “NGO Monitor” con sede a Gerusalemme: “Ora, attraverso il meccanismo dell’etichettatura dei prodotti sullo stile delle campagne BDS (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni), i responsabili delle politiche UE e le ong loro alleate hanno ampliato il raggio della demonizzazione, cancellando in un colpo il quadro democratico d’Israele e la complessità del conflitto. In alcune città europee, particolarmente in Germania, si sono già viste all’opera squadre di anti-israeliani fanatici che fanno irruzione nei negozi per intimidire clienti e dipendenti, autonominandosi esecutori violenti di quelle che secondo l’Unione Europea dovrebbero essere semplicemente delle ‘linee guida tecniche’. Si tratta di conseguenze che erano perfettamente prevedibili e che avrebbero dovuto essere prese in considerazione dai funzionari dell’Unione Europea”.

Eugene Kontorovich, professore alla Northwestern University School of Law, è uno dei maggiori esperti sul sistema di etichettatura UE. “Non direi che l’etichettatura attiva l’antisemitismo – dice al Jerusalem Post – ma certamente ha reso felici molti antisemiti, e dà impulso e legittimazione ai gruppi antisemiti. Adottando, caso unico, una denominazione d’origine geografica che richiede di dichiarare chi ha fabbricato un prodotto e non solo dove, e applicandola esclusivamente al caso di una comunità ebraica, l’etichettatura discriminatoria avvalora la percezione antisemita degli ebrei come il diverso per eccellenza”.

Il dibattito sull’etichettatura discriminatoria dell’Unione Europea va dagli echi della Germania fascista, da una parte, a un modo cinicamente pratico, d’altra, per esercitare pressione su Israele, e solo su Israele, affinché accetti di fare le concessioni che i palestinesi pretendono. Secondo i critici, i responsabili politici dell’Unione Europea hanno totalmente ignorato l’atmosfera iper-anti-israeliana che tende a diffondersi, soprattutto in certi ambienti in Europa. Continua Steinberg: “La martellante campagna per la demonizzazione d’Israele in Europa si traduce diffusamente in antisemitismo, ed anche in attentati terroristici contro gli ebrei. False accuse come quelle su ‘crimini di guerra’ e ‘apartheid’ alimentano l’odio non solo contro gli israeliani, ma anche contro gli ebrei in Europa”.

Il picco delle attività BDS in Germania nelle scorse settimane, fino alla rimozione dei vini israeliani dagli scaffali dei grandi magazzini KaDeWe (poi rientrata), dice molto degli effetti devastanti che la decisione ‘tecnica’ europea può avere.

(Da: Jerusalem Post, 8.12.15)