Falsità che allontanano la pace

Chi vuole credere a una menzogna non può essere scosso dalla verità.

Di Barry Rubin

image_3266Ogni giorno che passa, in Medio Oriente accadono cose terribili. Le peggiori sono gli atti di violenza e repressione. Subito al secondo posto vengono le continue menzogne e distorsioni della verità che contribuiscono a far sì che le cose non migliorino mai. Ogni giorno che passa, in occidente le menzogne vengono ripetute e amplificate, e ne vengono inventate di nuove. Questo contribuisce non solo a garantire che le cose non migliorino in Medio Oriente, ma anche che continuino a peggiore in occidente.
C’è un antico proverbio Navaho che spiega questo fenomeno: non puoi svegliare uno che sta solo fingendo di dormire. In altre parole, chi crede deliberatamente a una menzogna non può essere convinto dalla verità. Si tratta di persone che hanno abbandonato l’etica professionale e le norme democratiche e intellettuali: sono propagandisti e fan di sanguinari regimi autoritari.
Il colpo di grazia, per me, a ciò che un tempo era il più importante quotidiano della stampa in lingua inglese è stato l’editoriale sul New York Times dello scorso 19 ottobre. “Dobbiamo chiederci: se Netanyahu può negoziare con Hamas, che spara razzi su Israele, si rifiuta di riconoscere l’esistenza di Israele e il giorno stesso dello scambio ha giurato che sequestrerà altri ostaggi, perché non può negoziare seriamente con l’Autorità Palestinese, sulla quale Israele fa affidamento per mantenere la pace in Cisgiordania?”. E noi ci chiediamo: ma cosa c’entra una cosa con l’altra? Israele non ha negoziato con Hamas sul piano politico: ha trattato, sotto ricatto, per salvare la vita di un giovane israeliano tenuto in ostaggio in condizioni orribili per più di cinque anni.
Ma ciò che è realmente inquietante, qui, è l’idea fissa che siano Israele e il primo ministro Benjamin Netanyahu quelli che si rifiutano di negoziare con l’Autorità Palestinese, anziché il contrario. Piuttosto curiosamente, poche ore dopo la pubblicazione dell’editoriale, il più “moderato” di tutti i leader palestinesi, il primo ministro Salam Fayyad, dichiarava: “In questo momento non ci sono le condizioni per riprendere i negoziati”. In altri termini: anche quando il primo ministro palestinese rifiuta apertamente i colloqui di pace, e dopo decine di precedenti rifiuti da parte sua e del “presidente” Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e decine di documentate approvazioni dei negoziati da parte di Netanyahu e di Israele, la menzogna che Israele non vuole negoziare e che invece vuole farlo l’Autorità Palestinese viene continuamente ripetuta. Evidentemente non si tratta di un malinteso.
Uno dei motivi per cui questa fandonia continua a perpetuarsi è che ammettere la verità significherebbe dover spiegare come mai le “povere, disperate vittime” palestinesi non vogliono negoziare. E la risposta sarebbe una scomoda verità: e cioè che i loro dirigenti non vogliono né la pace, né il compromesso, né la soluzione “a due stati”, bensì la vittoria completa.
Si noti la reazione dei capi dei due regimi palestinesi allo scambio Shalit/detenuti palestinesi. Abu Mazen ha detto agli scarcerati: “Voi siete i combattenti per la libertà e i guerrieri santi nel nome di Dio e della patria”. Il vice di Hamas, Mahmoud Abbas, ha insistito: “Il resto dei prigionieri deve essere rilasciato giacché, se non verranno rilasciati in modo normale, verranno rilasciati in un altro modo”. Facendo strage di civili israeliani – hanno spiegato entrambi, il “moderato” e l’”estremista” – questi palestinesi non hanno fatto nulla di male e sono liberi, anzi incoraggiati a continuare a farlo in futuro. Non si può costruire uno stato democratico sulla base di terroristi chiamati “combattenti per la libertà” (non sfugga il riferimento del “laico” Abu Mazen alla jihad, la guerra santa). Non si può essere sinceramente interessati a un compromesso con la controparte quando si continua a invocare e giustificare il deliberato assassinio di civili innocenti.
Israele non ha accettato lo scambio perché si aspettava di modificare con ciò il pensiero e il comportamento dei palestinesi. Ma molti in occidente non si rendono conto che le concessioni semplicemente sollecitano ulteriori pretese e sempre maggior intransigenza (Israele sa che l’intransigenza esiste comunque, per cui dal suo punto di vista lo scambio non fa danni a questo livello). Come ha reagito Abu Mazen allo scambio? Chiedendo che Israele liberi ancora più terroristi. Ecco cosa riferisce la rivista Time: “Abu Mazen preme perché Israele ne rilasci ancora di più, citando una promessa segreta del precedente primo ministro israeliano”. Naturalmente non esiste nessun impegno in questo senso. Al contrario, fu Abu Mazen che lasciò cadere l’offerta di pace di Ehud Olmert. Ma c’è di più. Ecco cosa scrive il Wasinhgton Post: “I capi di Hamas che hanno ottenuto le scarcerazioni esprimono l’auspicio che Israele allenti il blocco imposto sulla striscia di Gaza”. L’esponente di Hamas Mahmoud Zahar ha sostenuto che ora Israele “deve porre fine al blocco”, evidentemente per permettere a Hamas di importare più agevolmente armi, equipaggiamenti e uomini addestrati per attaccare Israele.
Riassumendo, ora che Israele ha fatto un’enorme concessione, l’unica cosa che fanno i palestinesi è esigere ulteriori concessioni. D’altra parte, questo è stato lo schema del “processo di pace” sin dal suo inizio: ecco un altro fattore che rende impossibile la pace e totalmente vana tanta parte della politica dell’occidente nella regione.
“Sono molto incoraggiato dalla scambio di prigionieri di oggi, dopo tanti anni di negoziati” ha dichiarato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Ed ha aggiunto: “Le Nazioni Unite hanno sempre chiesto la fine dell’inaccettabile detenzione di Gilad Shalit ed anche il rilascio di tutti i palestinesi, i cui diritti umani vengono continuamente violati”. È già abbastanza grave che il leader della comunità globale stabilisca un’equivalenza morale fra Shalit e terroristi che hanno assassinato civili israeliani. Ma qui fa di più, perché mette questi ultimi su un piano superiore. Ban Ki-moon non fa il minimo cenno ai crimini sanguinosi (di cui per lo più i detenuti palestinesi non solo si riconoscono responsabili, ma si vantano anche), né del fatto che sono stati condannati da tribunali regolari, e sostiene invece – non si sa su che basi – che i loro diritti umani sono “continuamente violati”. Chi ascolta potrebbe pensare che quei palestinesi fossero dei civili innocenti rastrellati a caso per le strade. In breve, Ban Ki-moon ha detto che le vere vittime erano i terroristi. E questa è l’agenzia che costituisce un quarto del Quartetto per la mediazione in Medio Oriente e che dovrebbe essere all’altezza di dare risposte per il futuro del conflitto mediorientale.

(Da: Jerusalem Post, 23.10.11)

Nella foto in alto: Barry Rubin, autore di questo articolo

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