Febbre elettorale in Israele

Rapida panoramica di cronache e commenti sulla stampa israeliana

Di Ilan Ben Zion

Nella fotocomposizione, l'ex ministro delle finanze Lapid e il pri

Nella fotocomposizione, l’ex ministro delle finanze Yair Lapid (a sin.) e il primo ministro Benjamin Netanyahu

Con l’aria frizzante e i colori dell’autunno, ecco il profumo dei politici che ingaggiano la loro schermaglie dietro le quinte. Sì, le elezioni sono nell’aria e quest’anno sono arrivate in anticipo.

Tutti i segnali, in Israele, parlano di una imminente dissoluzione del governo e di nuove elezioni per formare una nuova Knesset e una nuova coalizione che sia in grado di gestire le cose. I giornali riferiscono che il primo ministro Benjamin Netanyahu, nel suo tempestoso incontro di lunedì sera con il ministro delle finanze Yair Lapid, ha messo sul tavolo una serie di richieste per mantenere unita la coalizione: un’offerta che Lapid non poteva non rifiutare.

Netanyahu, scrive Yedioth Ahronoth citando fonti vicine a Lapid, “è arrivato già con l’idea di far saltare i colloqui”, che ufficialmente avevano lo scopo di superare l’impasse tra i due leader. Il giornale aggiunge che, quando Netanyahu ha presentato a Lapid le sue cinque richieste, tra cui quella di mandare all’aria il piano del leader di Yesh Atid per l’Iva a zero per cento sulle nuove case, il ministro delle finanze ha fermato il primo ministro dicendogli: “Bibi, tutto questo è uno show”. Yedioth Ahronoth elenca i cinque punti di Netanyahu definendoli “le condizioni dell’ostilità”. Netanyahu ha chiesto a Lapid di cessare i suoi attacchi al governo, di stanziare i 6 miliardi di shekel (1,23 miliardi di euro) che mancano al bilancio della difesa e di allocare i fondi necessari per il trasferimento (oggi bloccato) di centri e basi delle Forze di Difesa israeliane nel sud del paese (liberando aree e terreni nel centro sovrappopolato), di sostenere il controverso disegno di legge del primo ministro su “Israele come stato ebraico” e di archiviare il suo piano sugli alloggi a prezzi accessibili.

Netanyahu e l'ex ministra della giustizia Tzipi Livni

Il primo ministro Bejmanin Netanyahu (a sin.) e l’ex ministra della giustizia Tzipi Livni

Israel HaYom riferisce che i rappresentanti sia di Yesh Atid che del Likud si accusano a vicenda di voler provocare la caduta del governo per trascinare il paese ad “elezioni non necessarie”, ma comunque definisce le richieste di Netanyahu a Lapid un “ultimatum”. Anonimi esponenti di Yesh Atid hanno detto al quotidiano che “il premier antepone all’interesse pubblico i suoi interessi personali e la sua sopravvivenza politica”.

Riferisce Ha’aretz che Aryeh Deri, capo del partito ultra-ortodosso Shas (attualmente all’opposizione), ha invitato tutti i leader di partito a riunirsi per “trovare un accordo sulla prima data possibile per lo svolgimento di elezioni anticipate”. Dando per scontato che Netanyahu non tenterà di formare un nuovo governo con Yesh Atid, il giornale sottolinea che il primo ministro non può formare una coalizione senza farvi entrare i partiti ultra-ortodossi. Manifestando le sue chiare simpatie per Lapid, Ha’aretz non si limita a pubblicare stralci della risposta del partito Yesh Atid alle richieste di Netanyahu e alla imminente rottura della coalizione di governo: pubblica anche parecchi paragrafi di citazioni dei furiosi funzionari del partito di Lapid. Il giornale cita poi le dichiarazioni fatte da Netanyahu al suo partito Likud prima dell’incontro con Lapid, quando ha “attaccato la gestione di Lapid, pur senza nominarlo espressamente”. Lunedì mattina, in una riunione di partito, il primo ministro aveva detto di non poter più contare sulle forme più elementari di “impegno, fiducia e responsabilità da parte dei ministri che siedono nel governo”.

Su Israel HaYom, Dan Margalit definisce l’imminente caduta del governo “un divorzio inevitabile” e attacca Lapid dicendo: “Chi non fa lo sforzo finanziario necessario per spostare le Forze di Difesa israeliane nel deserto meridionale danneggia l’identità ebraica dello stato più di qualsiasi legge o progetto”. Ed esclama: “Qui non si tratta più di Lapid contro il ministro della difesa Moshe Ya’alon, ma di Yesh Atid contro l’eredità di David Ben-Gurion”. Aggiunge Margalit che, a proposito della litigata dell’altra sera tra Netanyahu e Lapid, sondaggi non meglio specificati hanno rilevato che in caso di elezioni anticipate il Likud di Netanyahu guadagnerebbe 6 seggi salendo a 24, mentre il partito Yesh Atid di Lapid ne perderebbe 8, scendendo a 11. Margalit ammette che lo svolgimento di elezioni oggi sarebbe “un male per la stabilità di governo in Israele” così come per l’economia, la sicurezza nazionale e la diplomazia, ma se la cava con una citazione biblica scrivendo che questo governo è “la pietra scartata dai costruttori”.

Sima Kadmon racconta ai lettori di Yedioth Ahronoth che, quando Lapid ha lasciato l’ufficio di Netanyahu, le cinque richieste avanzate dal primo ministro erano già sulla stampa. “Il drammatico incontro – scrive – è stato solo un grande spettacolo” ad uso del pubblico, dei politici e della stampa. Lapid ha detto ai suoi che era tutta una farsa. Cercando di entrare nella testa dei due leader, Kadmon dipinge un Netanyahu “paranoico” e un Lapid “educato”, e fa libere considerazioni sul motivo per cui Netanyahu avrebbe scelto di portare il paese a nuove elezioni attribuendo la cosa alla sua paranoia: “Era convinto che Lapid e Tzivi Livni stessero tramando alle sue spalle per formare un governo alternativo, e gli ultra-ortodossi devono aver alimentato a bella posta quelle sue paure”.

Yossi Verter scrive su Ha’aretz che, salvo miracoli, il dado è tratto e Israele si sta dirigendo verso le urne. Verter  cita esponenti di Yesh Atid secondo i quali Lapid è andato all’incontro di lunedì sera “con mente aperta e spirito disponibile, ma è stato accolto da un primo ministro furibondo e anche, a quanto pare, già determinato a porre fine ai 18 mesi da incubo che vanno sotto il nome di terza coalizione Netanyahu”. Le prossime elezioni, scrive Verter, “sono tra le più inutili e bizzarre che si siano tenute in Israele”, e ne attribuisce la causa quasi esclusivamente a problemi di rapporti interpersonali.

(Da: Times of Israel, 2.12.14)