Forza internazionale in Libano

I pro e i contro dal punto di vista di Israele

Da un articolo di Seffi Hendler

image_1357La decisione di inviare un consistente numero di truppe a guardia del confine fra stato ebraico e paese dei cedri è una delle più significative decisioni che l’Europa ha preso da molti anni a questa parte circa il conflitto mediorientale. Non ci si faccia ingannare dai nomi: l’UNIFIL rafforzata è meno una forza Onu e più una forza europea, al cui cuore stanno soldati italiani, francesi, spagnoli e, in una certa misura, tedeschi.
Israele ha fatto fatica a formulare una posizione precisa circa la forza che verrà schierata al suo confine settentrionale: è un fatto positivo, come quasi tutti si augurano, oppure è un fatto negativo, come tanti israeliani si sono abituati a pensare di ogni intervento europeo nel Medio Oriente?
La risposta non è semplice ed è ricca di sfumature, come appunto amano gli europei.
È un fatto positivo perché, per la prima volta dalla guerra del Kossovo, l’Europa ha deciso di assumersi qualche responsabilità militare in prima persona per la sicurezza del mondo. In un controverso libro intitolato “Paradiso e potere”, Robert Kagan accusa gli europei di voler godere il “paradiso” della cooperazione economica e fare prediche moraliste, lasciando all’America l’onere di preservare pace e ordine nel mondo. Nella maggior parte dei casi questa tesi si è dimostrata vera. Questa volta, invece, l’Europa ha capito, sebbene con lentezza, che l’aiuto diplomatico ed economico non è tutto. Talvolta la canna del fucile è l’unico strumento che può assicurare una giusta soluzione.
Ma è anche un fatto negativo, dal momento che il modo in cui l’Europa ha puntato i piedi ha rischiato di far naufragare l’intera forza internazionale, e potrebbe farlo di nuovo durante la missione in Libano. Il presidente francese Chirac si è mostrato assai un irresoluto. Di fronte ad una nuova risoluzione dell’Onu scritta da lui che dice che la forza Onu nel Libano meridionale deve ammontare a 15.00 uomini, cosa ha detto? Ha detto che erano esagerati. E ha sperato di cavarsela con una spedizione di poche centinaia di soldati. Si è convinto a fare diversamente solo quando ha capito che l’Italia stava per soffiargli il merito della missione.
È un fatto positivo perché la determinazione europea a far applicare la risoluzione 1701 corrisponde all’interesse di Israele. Ma è anche negativo perché, sotto la superficie, l’Europa non vede allo stesso modo di Israele la situazione libanese. Chirac non parlerà con Assad, mentre gli spagnoli strizzano l’occhio a Damasco. Il ministro degli esteri italiano Massimo D’Alema ha passeggiato a braccetto con esponenti Hezbollah a Beirut, mentre in Olanda e Polonia, paesi membri della forza internazionale, c’è chi preme perché l’organizzazione jihadista sciita venga annoverata fra le organizzazioni terroristiche. Il fatto che praticamente ogni paese comanderà i propri soldati nella nuova forza UNIFIL potrebbe creare un organismo unito sul piano politico sarà ma nella pratica assai diverso da soldatino a soldato.
È un fatto positivo perché europei e libanesi sono adesso in prima linea contro Hezbollah, e avranno occasione di sperimentare in prima persona di che pasta sia fatto quel movimento. È negativo perché, al prossimo round fra Iran/Hezbollah e Israele/Stati Uniti vi saranno nel mezzo soldati europei, oltre ai civili libanesi e israeliani. Le bombe intelligenti israeliane potrebbero ben colpire per sbaglio qualche obiettivo europeo, e Parigi, Madrid e Roma reagirebbero di conseguenza. Lo scenario più disastroso è quello di uno scontro fra truppe UNIFIL europee e soldati delle Forze di Difesa israeliane. Si tratta di una cosa che nessuno vorrebbe mai vedere, né a Bruxelles né a Gerusalemme.

(Da: YnetNews, 30.08.06)