Fratelli d’armi, fratelli nell’orrore

Ci sono volute l'esecuzione di un occidentale e le fucilazioni in piazza perché lo shock arrivasse in Occidente

Di Boaz Bismuth

Boaz Bismuth, autore di questo articolo

Boaz Bismuth, autore di questo articolo

Hamas e lo “Stato Islamico” (noto anche come ISIS) sono fratelli. Fratelli d’armi, fratelli nella religione e fratelli nell’orrore. Due facce della stessa medaglia. Uno odia tutto ciò che è diverso da sé, l’altro odia tutto ciò che non è sunnita. Uno si definisce “Stato Islamico”, l’altro sta cercando di creare uno uno “stato islamico” alle nostre porte (e al nostro posto).

Il Medio Oriente non a caso ha germogliato entrambe queste piaghe. E la guerra contro Hamas e la guerra contro l’ISIS, come è già stato scritto su queste stesse colonne, sono la stessa guerra. Non è solo un problema per noi israeliani, ma noi israeliani siamo quelli che vivono nello stesso quartiere per cui a noi il problema appare in tutta la sua urgenza.

Hamas, come tutte le organizzazioni palestinesi, reputa importante ciò che viene detto sul suo conto. Questa è forse l’unica visibile differenza tra Hamas e ISIS. Il cittadino della strada europeo è un ottimo cliente. Hamas, una sanguinaria organizzazione terroristica, è riuscita a spacciarsi tra gli ignoranti (che in quel continente non mancano) come un movimento di liberazione nazionale. Dopo tutto, i palestinesi sono vittime per definizione. Questa è la versione. Come possono i palestinesi – ci si chiede – essere vittime e allo stesso tempo un nemico giurato? E perché mai, allora, dovremmo meravigliarci che un’organizzazione intitolata allo “sceicco Yassin” (il fondatore del terrorismo islamista di Hamas) abbia pubblicamente partecipato all’inizio di questo mese a una protesta a Parigi per la “liberazione” di Gaza? A voi la pelle d’oca.

Nell’area rossa: la scuola Jafar Ali Ibn Taleb, nel quartiere Zeitoun della città di Gaza, da dove il 22 agosto terroristi di Hamas hanno sparato il razzo che ha ucciso Daniel Tregerman, 4 anni, del kibbutz Nahal Oz, mentre cercava di raggiungere un rifugio

In una telefonata con il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha cercato di spiegare che “Hamas è l’ISIS e l’ISIS è Hamas.” Dalla sua base a Gaza, Hamas si rende conto delle emozioni e del senso di repulsione che circondano l’ISIS, certamente dopo la decapitazione in video del giornalista americano James Foley e la spietata persecuzione dei cristiani in Iraq. Hamas è molto preoccupata che la si paragoni all’ISIS e si è affettata a marcare la distanza. “Questo paragone è una menzogna per ingannare il pubblico americano – ha tuonato il capo di Hamas Khaled Mashaal, in un’intervista di venerdì scorso su Yahoo News – Noi non siamo un gruppo religioso violento. Noi non prendiamo di mira i civili”. Evidentemente Mashaal ama scherzare.

In realtà Hamas non sa come comportarsi se non come un’organizzazione terroristica. Il DNA, dopo tutto, non cambia. Proprio mentre Mashaal dispensava le sue risibili e false spiegazioni, Hamas era occupata a fucilare in piazza 25 palestinesi accusati di “collaborare con Israele”. Hamas ha creato a Gaza il suo “stato islamico”, dotato come si vede d’un egregio sistema giudiziario.

“Bisogna dare loro uno stato il più presto possibile – ci hanno predicato per anni i gruppi per i diritti umani di tutto il mondo – Dovete dialogare con Hamas”. E io penso a quei poveri palestinesi che vivono a Gaza sotto Hamas.

Daniel Tregerman

Daniel Tregerman

Anche se Mashaal si è sentito offeso per il paragone con l’ISIS, bisognerebbe forse ricordargli che Hamas e ISIS hanno identiche visioni del mondo: entrambe le organizzazioni vogliono istituire e diffondere un regime fondato sulla legge della sharia e distruggere la cultura occidentale; entrambe sono rami di movimenti estremisti islamisti globali: l’ISIS è un sottoprodotto di al-Qaeda, che al confronto appare persino moderata, mentre Hamas deriva dalla Fratellanza Musulmana. In entrambi i casi, quello che producono sono califfati islamici dove non c’è posto per gli infedeli. Hamas, come i Fratelli Musulmani, vuole riportare il XXI secolo al VII secolo; l’ISIS, come i salafiti di al-Qaeda, nutre esattamente lo stesso sogno. Da entrambe non verrà mai nulla di buono.

Già da molti mesi internet era inondata di macabri video con le immagini della nauseante furia omicida scatenata dall’ISIS nelle terre di cui si è impadronito. Ma c’è voluta l’esecuzione di un cittadino occidentale perché lo shock arrivasse in Occidente. Hamas, come l’ISIS, terrorizza la popolazione della zona che controlla (basta chiedere i membri delle forze di Fatah che ebbero la sventura di trovarsi a Gaza nel giugno 2007), e consolida il suo regime con le minacce e le esecuzioni sommarie dove uomini col volto coperto impongono il terrore uccidendo vittime impotenti trascinate davanti alla folla. E indottrina le giovani generazioni a combattere gli infedeli fino alla morte.

Sia l’ISIS che Hamas perseguitano e opprimono le minoranze non musulmane a cominciare dai cristiani, opprimono le donne e gli infedeli (per non dire delle minoranze sessuali), violano il diritto internazionale e tutte le convenzioni sui diritti umani, e aspirano ad avere quanti più morti civili possibile nei territori che cercano di controllare. E’ del tutto evidente che Hamas e ISIS sono della stessa pasta. Ma c’è qualcuno che pensa che si debba trattare con l’ISIS? (Da: Israel HaYom, 24.8.14)

Si legge nell’editoriale del Jerusalem Post: «Quando Mashaal tenta di sostenere che, a differenza dello “Stato Islamico”, Hamas non prende di mira i civili, si sbugiarda da solo. Tutti i 147 terroristi suicidi che Hamas mandò in Israele a farsi saltare in aria sugli autobus, nelle discoteche, nelle sale per matrimoni, negli hotel, nei mercati, nei ristoranti, nei centri commerciali tra il 2000 e il 2010 miravano solo ed esclusivamente ad ammazzare civili. Tutti gloriosamente rivendicati e celebrati da Hamas (e spesso anche dall’Autorità Palestinese). Oltretutto la maggior parte di quegli attentati suicidi ebbe luogo all’interno della Linea Verde, un fatto che toglie ogni valore alla distinzione che Mashaal cerca di fare tra “coloni e soldati”, che lui considera obiettivi legittimi del terrorismo, e “civili israeliani”. Come in ogni movimento politico basato su un’ideologia totalitaria, la stessa logica che giustifica l’estrema violenza contro quello che viene percepito come nemico finisce col rivoltarsi contro se stessa. L cosa è andata barbaramente in scena la settimana scorsa a Gaza, quando Hamas ha sommariamente fucilato venticinque palestinesi accusati di collaborare con Israele. Gli stessi metodi terroristici usati contro “l’entità sionista” vengono ora rivolti contro i palestinesi che osano criticare il dispotismo di Hamas. Hamas e “Stato Islamico” si equivalgono? Le analogie superano di gran lunga le differenze. Entrambe le organizzazioni usano in modo indiscriminato violenza e terrorismo. Entrambe cercano di ripristinare un califfato medievale che perseguita donne e minoranze religiose. Entrambe sono costituite da fanatici religiosi che condividono una fede cieca. I loro seguaci sono capaci di commettere le peggiori atrocità con la convinzione assoluta che le loro azioni siano condonate dalla più alta autorità morale. Mashaal e compagni possono cercare di nascondersi dietro la definizione di combattenti per la libertà che lottano contro l’”occupazione”. Ma nessuna causa accampata, che sia l’imperialismo occidentale, il capitalismo americano o l'”occupazione sionista”, potrebbe mai giustificare il genere di crimini che Hamas e lo “Stato Islamico” commettono sia contro i loro nemici, sia contro la loro stessa gente». (Da: Jerusalem Post, 24.8.14)

 

Gli ordigni di Hamas su un kibbutz israeliano

Michael Wagnon, uno studente americano di 25 anni dell’Arkansas attualmente in Israele per un progetto sulla vita dei civili nelle zone di conflitto, ha filmato una salva di colpi di mortaio sparati questo lunedì da Gaza sulla zona di Eshkol. Michael, che studia storia presso la Hawaii Pacific University, racconta d’aver girato il video intorno alle 10.30 nel kibbutz vicino alla striscia di Gaza dove risiede da circa un mese. “Non era certo la prima volta che mi trovavo nel mezzo di un attacco di razzi o di mortai – dice – ma questa volta il kibbutz è stato centrato in pieno. Abbiamo avuto solo un paio di secondi di preavviso. E’ successo così in fretta che siamo corsi via a piedi nudi e senza magliette. C’è un rifugio vicino al campo di calcio, ma era comunque troppo lontano. C’erano schegge e polvere e cose che volano. E molta paura. In pratica ero allo scoperto, quando è successo”. (Da: YnetNews, 25.8.14)

 

Immagine postata lunedì su Twitter da sostenitori dell’ISIS. La didascalia dice: “Insegnate ai vostri figli a tagliare le teste, domani ci saranno un sacco di teste marce”.

Immagine postata lunedì su Twitter da sostenitori dell’ISIS. La didascalia dice: “Insegnate ai vostri figli a tagliare le teste, domani ci saranno un sacco di teste marce”. Clicca per ingrandire