Gli slogan antisionisti e antimperialisti erano tutte menzogne

Lo scrive il direttore della tv liberale di Bassora, in Iraq

Da un articolo di Muhammad al-Ta'i

image_2319Quelli che seguono sono ampi brani da un articolo pubblicato l’11 novembre scorso sul sito liberale arabo Elaph da Muhammad al-Ta’i, direttore della tv satellitare irachena di orientamento liberale Al-Fayhaa, con sede a Bassora.

“Offri un dirham per uccidere un sionista!”. Questo era lo slogan che stava scritto sui muri delle scuole elementari in Iraq, come la scuola elementare Al-Mirbad ad Al-Khandaq e la scuola Al-Futuwwa nel quartiere Al-Jumhuriyya di Bassora.
Quando ero piccolo raccoglievo davvero il dirham, pari a 50 fil, mettendo da parte ogni giorno 10 fil della mia paghetta. In questo modo alla fine della settimana potevo consegnare il mio dirham alla scuola, rinunciando ai gustosi burmah per mezza sambusa (pane e ceci) a soli 15 fil, nel mio sforzo di contribuire alla realizzazione dello slogan “patriottico”.
Una volta diventati adulti, dopo aver appreso e compreso la verità dei fatti, non ci volle molto perché scoprissimo che quello slogan “patriottico”, come tutti gli altri, era una menzogna. E che menzogne erano quelle contenute nel libri di “educazione nazionalista e pan-araba” distribuiti dal partito al potere Ba’ath allo scopo di giocare sui nostri sentimenti e le nostre emozioni, e rubare i nostri dirham: esattamente come rubarono il nostro petrolio per quattro decenni, mentre le tasche di quelli che inventavano e scolpivano gli slogan erano foderate coi nostri dirham.
I termini “collaborazionista”, “macchinazione”, tradimento” e viceversa “bene della nazione”, “nazionalismo” e “amor di patria” venivano usati continuamente, ma soltanto al governo era dato sapere quali fossero i criteri e principi in base ai quali venivano attribuiti: quello stesso governo che mandava al massacro l’intero popolo nel nome della difesa dell’unità della nazione. Giacché questo è ciò che fece il capo del regime di allora, con le sue guerre in nome del nazionalismo: quelle guerre “patriottiche” che non servivano ad altro che a preservare il trono del dittatore. Centinaia di migliaia di iracheni sono scomparsi a causa di quell’”amor di patria”, e milioni sono emigrati nel tentativo di salvarsi dal “patriottismo” del dittatore.
È una cosa che si ripete ancor oggi in molti paesi arabi. Vediamo “cittadini” di questi paesi arrestati, torturati, giustiziati per tradimento, perché sospettati d’aver preso contatto con stranieri. Allo stesso tempo i giornali di proprietà dello Stato celebrano il “patriottismo” del governo che consegue qualche successo diplomatico grazie ad accordi con quello stesso paese i cui contatti sono costati la vita a cittadini ordinari. Queste contraddizioni, dappertutto ma soprattutto in Iraq, gettavano i cittadini nella più totale confusione; li costringevano in una stasi culturale e in una angusta modalità di pensiero basata su una gran quantità di slogan.
L’esempio forse più evidente è quello degli accordi e delle intese con altri stati, soprattutto quelli descritti come “colonialisti” e “imperialisti”. In generale, accordi di questo tipo erano etichettati come “tradimento” e chi li firmava veniva accusato d’essere un “agente al servizio dello straniero”. Il che faceva sorgere inquietanti interrogativi nel comune cittadino: deve essere considerato, dal suo stesso popolo, traditore e collaborazionista il governo del Qatar, visto che ospita la più grande base militare americana? Deve essere considerata collaborazionista l’Arabia Saudita per via delle sue ottime e calorose relazioni con gli Stati Uniti? Ed è collaborazionista e traditrice la Giordania, per colpa dei suoi rapporti diplomatici con Israele? Lo stesso si deve pensare dell’Egitto, la terra dell’arabismo?
Difficile ottenere risposte chiare, fra slogan e repressione governativa. Così il cittadino comune è preso da sconforto e abbattimento, e da una grande confusione: come quella tra “patriottismo” e “collaborazionismo”, tra “sovranità” e “asservimento allo straniero”.
In questo modo le discussioni sulla sovranità hanno la precedenza sul raggiungimento del bene della nazione e dei suoi cittadini. Il cittadino condizionato non vede che il vero “asservimento” è quello dei suoi figli che non hanno da mangiare e patiscono tutti i ritardi della povertà mentre sono seduti sopra un mare di petrolio! E non vede che la vera “indipendenza” consiste nella possibilità di migliorare il proprio standard di vita, di avere una buona istruzione, di avere accesso a servizi sanitari di qualità.
Lasciamo gli slogan a quelli che amano gridarli in continuazione, così potremo avere indietro i dirham che ci furono rubati nel nome dello slogan che citavo all’inizio: e lo stesso per i dinari che ancora oggi vengono rubati ogni giorno a vario titolo con parole che non sono molto diverse da quello slogan.
È solo un invito a pensare stando alla larga dagli slogan e dalle costrizioni politiche e psicologiche che le dittature hanno prodotto in passato, e producono ancora oggi.

(Da: MEMRI, 17.11.08)