Guardando da Israele, pieni di preoccupazione per il nostro alleato e per noi stessi

L’indegno assalto al cuore della democrazia americana delizia i nostri comuni nemici e suscita timori per il nostro stato di diritto e la nostra alleanza bipartisan con gli Stati Uniti

Di David Horovitz

David Horovitz, autore di questo articolo

“Il mondo sta guardando. Pensate a cosa il resto del mondo sta vedendo”. Così si è rammaricato il neo eletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nel suo discorso alla nazione di mercoledì in cui chiedeva al presidente uscente Donald Trump di agire immediatamente per ordinare che andassero a casa gli “estremisti” che aveva aizzato.

Ebbene, guardando da Israele, signor presidente neo eletto, l’assalto della folla al Campidoglio degli Stati Uniti è apparso un terribile colpo sferrato al nostro forte prediletto e indispensabile alleato, umiliato non da nemici esterni, ma da forze interne. Per fortuna non si è trattato di un assassinio politico, una tragedia che entrambi i nostri paesi hanno dolorosamente conosciuto in prima persona. E per fortuna non si è trattato di un orrendo attentato terroristico con un gran numero di vittime del tipo, di nuovo, con cui entrambe le nostre nazioni hanno dovuto confrontarsi nel recente passato.

E tuttavia si è trattato di un evento di proporzioni catastrofiche: un attacco diretto al cuore della democrazia americana, vergognosamente fomentato dal presidente in carica, sconfitto. Un disgustoso tentativo di sovvertire il pacifico trasferimento dei poteri rovesciando la volontà del popolo sovrano. “Non riprenderete mai il nostro paese con la debolezza – aveva detto Trump ai suoi sostenitori all’inizio della giornata, incitandoli ad andare avanti – Dovete mostrare forza e dovete essere forti”.

Un uomo fotografato nell’ufficio della presidente della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi, durante l’assalto dei sostenitori di Trump a Capitol Hill

Abbiamo assistito inorriditi a un attacco contro l’America ad opera di americani. Un attacco derivante direttamente dal rifiuto del presidente in carica di accettare la sua certificata sconfitta elettorale. Un attacco istigato dal presidente e appoggiato dal presidente che non ha immediatamente fatto ricorso, per fermarlo, a tutti i poteri verbali e concreti della sua carica. Un attacco che il presidente, almeno al momento in cui scriviamo, non ha né criticato né condannato. Un attacco la cui principale motivazione – la falsa asserzione secondo cui la rielezione del presidente uscente sarebbe stata rubata – Trump ha continuato in effetti a giustificare e ad alimentare anche quando, tardi e con parole affettuose, ha detto ai suoi sostenitori di tornare a casa.

Guardando da Israele, abbiamo anche visto con orrore la facilità con cui i facinorosi hanno violato quella che Biden ha definito la “cittadella della libertà”, rivelando come le forze di sicurezza di una superpotenza fossero impreparate ad affrontare una protesta che sapevano che stava arrivando, nel momento in cui i membri del Congresso si riunivano per ratificare la vittoria del presidente eletto.

La sede della municipalità di Tel Aviv con i colori della bandiera degli Stati Uniti per “dare forza ed esprimere rispetto alla terra dei liberi e casa dei coraggiosi”, come ha detto giovedì mattina il sindaco Ron Huldai citando le parole dell’inno nazionale americano

Guardando da Israele, quelle scene inimmaginabili sono risultate ancora più assurde sapendo fin troppo bene quanto i nostri numerosi nemici in questa regione, che ovviamente sono anche nemici dell’America, si deliziavano assistendo a quelle stesse scene. Dove noi vediamo una spaccatura interna lugubre e pericolosa, loro vedono allettanti opportunità.

Ci sono poi altri pensieri che passano per la mente di un israeliano. Preoccupazioni per la resilienza del nostro stesso stato di diritto, legate agli sforzi in corso da parte del nostro leader di screditare alcuni pilastri della nostra democrazia. Nessun parallelo. Ma certo, echi e paure suscitate dagli eventi che si svolgono nella lontana capitale del nostro più stretto e importante alleato.

Preoccupazioni, inoltre, suscitate dell’altissimo grado di collaborazione con cui la nostra leadership si è così strettamente legata a un presidente che sta terminando il proprio mandato in modo così ignominioso. Un presidente profondamente, personalmente divisivo per gli israeliani, adorato o vituperato con altrettanta passione, e che tuttavia ha sovrainteso a una lunga serie di politiche ampiamente apprezzate in Israele, dal riconoscimento di Gerusalemme come nostra capitale fino alla mediazione di ben quattro nuovi processi di normalizzazione con paesi arabi. Non sono ansie nuove, queste, per un paese come Israele che fa profondo affidamento sul sostegno bipartisan degli Stati Uniti. Ma oggi queste ansie sono molto esacerbate.

Eppure, alla fine, guardando da Israele, mentre calava la notte di mercoledì a Washington e sorgeva l’alba di giovedì a Gerusalemme, eravamo soprattutto preoccupati che n on fosse ancora finito quello che Biden ha definito un assalto senza precedenti alla democrazia americana.

(Da: Times of Israel, 7.1.21)

Il presidente d’Israele Reuven Rivlin ha esortato gli israeliani a non cadere vittima del tipo di divisioni che hanno portato all’attacco di mercoledì al Campidoglio degli Stati Uniti. “Anche quando le differenze sono profonde – ha detto Rivlin – dobbiamo garantire che la nostra democrazia ci protegga come popolo, come società e come stato. Le immagini dei disordini a Capitol Hill sono scioccanti. Ricordano a tutti noi che la democrazia, anche quando è forte e profondamente radicata, non va mai data per scontata. Faccio appello a tutti i leader pubblici, in tutte le città, in tutti i settori della società, sia i leader politici che i leader spirituali, sindaci, capi delle organizzazioni della società civile: per favore, fate il vostro dovere e fermate la minaccia del caos. Anche quando c’è sofferenza, disaccordo e clima di sfiducia – ha concluso Rivlin – non dobbiamo mai dimenticare il valore del diritto di voto, l’indipendenza della magistratura e il mantenimento dello stato di diritto”. Rivlin si è poi congratulato con il neo eletto presidente Joe Biden per la ratifica della sua vittoria da parte del Congresso degli Stati Uniti.
(Da: Times of Israel, Jerusalem Post, 7.1.21)