Guardie musulmane impediscono a un archeologo di pronunciare le parole “Monte del Tempio”

Un piccolo assaggio della libertà di cui si godrà a Gerusalemme se si lascia fare all’Onu

Di Ilan Ben Zion

Ilan Ben Zion, autore di questo articolo

Le autorità islamiche che gestiscono il Monte del Tempio a Gerusalemme hanno tentato di far espellere dalla spianata un esperto archeologo israeliano, domenica scorsa, perché aveva utilizzato il termine “Monte del Tempio” durante una lezione a un gruppo di studenti americani.

L’incidente è avvenuto mentre un gruppo multi-fede di studenti dell’Università di California Los Angeles (UCLA) era in visita al Monte del Tempio nel quadro di un viaggio di dieci giorni in Israele e territori palestinesi con lo scopo di conoscere i fatti in loco. Lo studioso Gabriel Barkay era stato invitato a spiegare la storia del sito dal punto di vista archeologico.

Barkay è uno degli archeologi israeliani che da alcuni anni dedicano parte del loro tempo a setacciare meticolosamente le tonnellate di materiale illegalmente asportato dal Monte del Tempio negli anni ’90 ad opera del Waqf (l’ente custode del patrimonio islamico gestito dalla Giordania con personale palestinese). Grazie al lavoro di setaccio, da quel materiale gettato in discarica dal Wafq sta lentamente emergendo una serie di reperti archeologici di inestimabile valore storico e archeologico.

L’incidente, a cui il sottoscritto ha personalmente assistito, e che a detta di altre guide turistiche non è senza precedenti, ha messo nitidamente in evidenza i risvolti della battaglia in corso sul nome da utilizzare per indicare il sito. Pochi mesi fa Israele ha vivacemente protestato per una risoluzione dell’Unesco che si riferisce al Monte del Tempio e al Muro Occidentale (“del pianto”) utilizzando esclusivamente la terminologia musulmana.

L’archeologo Gabriel Barkay parla agli studenti universitari americani sulla spianata del Monte del Tempio, domenica scorsa, a Gerusalemme

Gli studenti americani erano riuniti attorno a Barkay, in un’area a nord-est della moschea di Al-Aqsa, mentre questi spiegava la storia del luogo sacro usando inevitabilmente di tanto in tanto le parole “Monte del Tempio”. A un tratto l’archeologo è stato bruscamente interrotto da una l’uomo che indossava il giubbotto dei guardiani del Waqf con al braccio un emblema recante la Cupola della Roccia e la scritta “Guardia della moschea al-Aqsa”. L’uomo, uno dei due guardiani che per tutto il tempo si erano aggirati attorno al gruppo di visitatori, ha gridato a Barkay mezzo in arabo e mezzo in inglese di non usare più il termine Monte del Tempio.

Mentre i due guardiani del Waqf sostavano un paio di metri dietro agli studenti, Barkay ha continuato a parlare, seduto su un muretto, spiegando la storia del sito durante il periodo bizantino nei secoli che precedono la conquista islamica della regione. Nel farlo, ha fatto riferimento ancora una volta al sito con il termine “Monte del Tempio” (in effetti il termine arabo Haram al-Sharif, Nobile Santuario, sarebbe stato anti-storico se riferito a periodi precedenti il VII secolo e.v.). Furibondi, i due guardiani lo hanno nuovamente interrotto a urla, ingiungendo all’archeologo 72enne di alzarsi e seguirli fino a un gruppo di agenti della polizia israeliana che stazionavano sotto un gruppo di pini.

Lì giunti, i guardiani del Waqf hanno ripetuto le loro proteste per l’uso fatto da Barkay del termine Monte del Tempio, che è il termine da sempre utilizzato da ebrei e cristiani per indicare l’area trasformata da Erode nel I secolo a.e.v in una spianata, in mezzo alla quale sorgeva il Secondo Tempio ebraico, quello conosciuto anche da Gesù di Nazareth. I guardiani del Waqf hanno detto chiaro e tondo che per questo motivo volevano che la polizia espellesse Barkay dal sito.

L’archeologo Gabriel Barkay (a destra), affiancato dalle guardie del Waqf (al centro), parla con un agente della polizia israeliana sul Monte del Tempio

Bisogna ricordare che già nel novembre 2014, ben prima che l’Unesco votasse la risoluzione che disconosce il nome ebraico e cristiano del sito, l’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) aveva diffuso una dichiarazione in cui esortava i giornalisti a non utilizzare mai il termine “Monte del Tempio”, ammonendoli a “rispettare il diritto internazionale e correggere ogni altra terminologia utilizzata”.

L’incidente di domenica si è chiuso con la polizia che ha chiarito ai guardiani del Waqf che non c’era alcuna ragione legale per prendere provvedimenti contro Barkay, ma nel contempo consigliava a Barkay di non utilizzare quel termine durante il resto della visita. Il tour si è grottescamente concluso con Barkay che terminava la spiegazione riferendosi al sito come il “T.M.” (iniziali di Temple Mount).

“Siamo rimasti tutti piuttosto confusi – ha detto Nima Ostowari, uno degli studenti della UCLA – Il viaggio si propone di mostrare la storia delle diverse religioni e dei vari popoli e i loro legami con la regione, e l’aggressiva intromissione delle guardie del Waqf è stata piuttosto sconvolgente per molti di noi partecipanti. Questo tizio che è saltato fuori dicendo che non potevamo usare le parole Monte del Tempio è stato come se dicesse che il popolo ebraico non ha alcun legame con questa terra, il che mi pare piuttosto problematico”.

L’alterco di domenica non sembra essere un incidente isolato. Yanay Cohen, guida turistica in Israele da otto anni, dice d’aver avuto esperienze analoghe. Ad esempio, una volta è stato costretto dai guardiani del Waqf a ripiegare un poster sulla storia del Monte del Tempio edito dal National Geographic nel 2008 che egli stava usando per spiegare il sito a un gruppo di turisti. “E’ un poster storicamente neutrale – dice Cohen – che mostra l’aspetto del luogo durante il periodo del Primo Tempio, del Secondo Tempio e dal periodo islamico fino ad oggi, senza nulla di provocatorio”. Un’altra guida, riferisce Cohen, non ha potuto mostrare una cronologia del Monte del Tempio, sempre a causa delle aggressive recriminazioni dei guardiani di Waqf.

(Da: Times of Israel, 3.1.17)