È Hamas che tiene le redini della tregua?

Ne esce rafforzata a scapito di Abu Mazen

Da un articolo di Zvi Bar'el

image_2156I punti principali del cessate il fuoco fra Israele e Hamas garantiscono all’organizzazione islamista palestinese un successo politico e diplomatico che metterà nelle sue mani un forte strumento di pressione nei colloqui sulla riconciliazione con Fatah, il cui avvio è previsto per la fine di questa settimana.
Secondo la proposta mediata dall’Egitto, Israele non potrà più monitorare il valico di Rafah al confine fra Egitto e striscia di Gaza, una volta riaperto, mentre l’accordo per la liberazione del soldato in ostaggio Gilad Shalit verrà discusso separatamente rispetto alla tregua, come voleva Hamas.
Israele riscuoterà un po’ di quiete nel sud, insieme all’impegno da parte dell’Egitto a monitorare da vicino il confine. Ma sarà Hamas il soggetto con il maggiore controllo sul valico di Rafah. Saranno presenti funzionari dell’Autorità Palestinese e osservatori europei, ma gli uni e gli altri avranno poteri assai limitati.
Inoltre la tregua conferisce a Hamas, anziché al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), il potere di imporre un cessate il fuoco (leggi: fine delle operazioni antiterrorismo) in Cisgiordania: se verrà mantenuta la calma al sud, Israele entro sei mesi dovrà estendere la tregua alla Cisgiordania.
In teoria la riapertura di Rafah dipende dai passi avanti verso un accordo su Shalit. Ma i funzionari egiziani insistevano martedì che l’apertura di Rafah non dipende dallo scambio per Shalit, e non dipendono l’una dall’altro giacché la liberazione di Shalit comporta un ulteriore elemento: l’accordo di Israele per la scarcerazione di un grande numero di detenuti palestinesi. Dunque anche qui Israele non potrà presentare nessun successo.
Hamas è interessata al cessate il fuoco, e non solo per porre fine al blocco sulla striscia di Gaza. Fra pochi giorni è prevista la prima visita di Abu Mazen a Gaza da quando Hamas ne ha preso violentemente il controllo, un anno fa, nel tentativo di negoziare una riconciliazione fra Fatah e Hamas. Abu Mazen ha annunciato questa iniziativa circa due settimane fa e in questo è sostenuto da Egitto, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Ma adesso il presidente palestinese si troverà ad affrontare una Hamas politicamente rafforzata, vista come quella che ha costretto Israele a cedere.
La strada verso una riconciliazione Hamas-Fatah rimane lunga, specie alla luce della richiesta di Abu Mazen che Hamas ripristini a Gaza la situazione che c’era prima del 14 giugno 2007. Ma se il processo avrà successo, è probabile che sfoci in nuove elezioni presidenziali e parlamentari palestinesi, e Hamas vorrebbe arrivare a quell’appuntamento avendo capitalizzato il massimo vantaggio politico possibile. Vantaggio che si accrescerà se, alla fine del periodo di prova di sei mesi del cessate il fuoco, potrà costringere Israele a dichiarare una tregua anche in Cisgiordania, dimostrando in questo modo di esercitare l’effettivo controllo di sicurezza su entrambe le parti dei territori palestinesi.
Per farlo, Hamas avrà bisogno di stringere il suo controllo sulle fazioni palestinesi minori che potrebbero minacciare la sua pretesa di monopolio dell’uso della forza. Finora tuttavia questi gruppi hanno appoggiato Hamas nella sua richiesta di cessate il fuoco. Così Hamas è riuscita a usare la tregua anche per creare un fronte politico interno e, cosa ancora più importante, a guadagnare il riconoscimento del suo status nel mondo arabo.

(Da: Ha’aretz, 18.06.08)