Hamas e Jihad Islamica Palestinese cercano di replicare in Cisgiordania la minaccia missilistica creata a Gaza

Gli sforzi dei terroristi sono stati finora sventati dall’attiva presenza delle forze di sicurezza israeliana in coordinamento con quelle dell’Autorità Palestinese

Di Yaakov Lappin

Yaakov Lappin, autore di questo articolo

Dal momento del ritiro di Israele nel 2005, le fazioni terroristiche palestinesi hanno trasformato la striscia di Gaza in un’importante zona di produzione di razzi. Adesso cercano di replicare alcune di quelle attività in Cisgiordania, finora senza successo.

Lo scorso 23 settembre, la tv israeliana Canale 12 ha riferito che le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese avevano sventato il tentativo di una cellula della Jihad Islamica Palestinese di assemblare missili in Cisgiordania.  La Jihad Islamica Palestinese è attivamente sostenuta dall’Iran ed è fedele alla Repubblica Islamica d’Iran. Citando fonti di Ramallah, il reportage di Canale 12 affermava che i terroristi stavano cercando di costruire razzi su istruzioni iraniane, ma che si trattava di ordigni di natura non particolarmente sofisticata.

A quanto risulta, è da diversi anni che le fazioni terroristiche palestinesi cercano di sviluppare in Cisgiordania capacità di attacco con razzi e mortai, anche se finora non hanno fatto molti passi avanti grazie soprattutto allo stretto monitoraggio dell’intelligence israeliana e alla sua capacità di inviare in tempo forze di sicurezza a sventare i tentativi. La capacità dei terroristi di produrre armi in Cisgiordania ne risulta gravemente pregiudicata, sebbene ciò non abbia impedito loro di tentare più e più volte: un quadro nettamente diverso da quello di Gaza, che è controllata da Hamas e che ha sviluppato una vasta industria di armi prodotte localmente. A Gaza, Hamas e Jihad Islamica Palestinese disporrebbero di più di 20.000 razzi e missili puntati sulle città israeliane.

Terroristi della Jihad Islamica Palestinese in azione nella striscia di Gaza

“In passato vi sono stati numerosi tentativi di emulare Gaza in termini di potenza di fuoco – spiega a Jewish News Syndicate il colonnello riservista Moshe Elad, uno degli iniziatori del coordinamento sulla sicurezza tra Forze di Difesa israeliane e Autorità Palestinese – Ma non  hanno avuto successo per via della presenza israeliana in Giudea e Samaria (Cisgiordania)”. Secondo Elad, che insegna al Western Galilee College, le Forze di Difesa israeliane hanno reso impossibile “quasi ogni possibilità che ciò avvenisse”. E aggiunge: “Finché vi si trovano comunità israeliane, e le Forze di Difesa sono schierate a protezione dei residenti e delle vie di comunicazione, non vedo nessuna concreta possibilità per le cellule terroristiche di Giudea e Samaria di generare lanci di razzi alla maniera di Gaza”. Gli sforzi di riprodurre in Cisgiordania la minaccia missilistica di Gaza sono stati stroncati sul nascere e infatti non si è verificato alcun efficace lancio di razzi, osserva Eldan. E questo è dovuto in non piccola parte alla presenza fisica dei servizi di sicurezza e alla loro ampia rete di intelligence, che rileva in tempo le minacce.

Elad sottolinea che, ogniqualvolta viene affrontata la questione di un futuro accordo con i palestinesi, Israele ribadisce la richiesta di istituire una zona smilitarizzata con la presenza solo di “una robusta forza di polizia palestinese”, e questo proprio per il timore che qualsiasi futuro ritiro israeliano possa aprire la strada a una “seconda Gaza” nelle regioni della Cisgiordania. “Sono questioni al centro di qualunque eventuale futuro accordo”, ribadisce Elad. Ed è appena il caso di ricordare che, a differenza di Gaza, la Cisgiordania è una regione che incombe letteralmente a un tiro di schioppo dai vitali centri demografici ed economici d’Israele.

Nel cerchio rosso, un aereo civile in decollo dall’aeroporto internazionale Ben-Gurion, visto dalle alture della Cisgiordania (clicca per ingrandire)

Nel complesso, la Cisgiordania rimane un settore altamente infiammabile. L’establishment della difesa israeliana cerca di spegnere ogni inizio d’incendio tentando di preservare un delicato equilibrio tra la necessità di esercitare un’efficace azione antiterrorismo e, allo stesso tempo, cercare di non sconvolgere la vita quotidiana dei civili palestinesi comuni. Con in mente questa formula le Forze di Difesa e i servizi di sicurezza, smantellando per tempo le cellule terroristiche e sequestrando le loro armi, solo nel 2018 hanno sventato circa 500 attentati, tra cui attentati suicidi e sequestri di persona, senza sconvolgere la vita quotidiana e le attività economiche di Cisgiordania. E’ un tipo di intervento che, nel gergo della difesa, viene definito con l’espressione “tenere falciato il prato”, cioè ridurre le minacce terroristiche che “ricrescono” continuamente. Quasi ogni notte l’esercito israeliano opera incursioni anti-terrorismo nelle città di Cisgiordania, arrestando numerosi sospetti sulla base di informazioni di intelligence. Allo stesso tempo, i militari cercano di adempiere a questo compito senza creare problemi al tessuto della vita e dell’economia dei palestinesi comuni. In parte questo equilibrio è reso possibile dalla capacità delle Forze di Difesa israeliane e dell’Autorità Palestinese di coordinarsi fra loro sul tema della sicurezza, a vantaggio degli interessi di entrambe le parti.

Per contro, la Jihad Islamica Palestinese è molto attiva a Gaza, dove rimane la seconda più grande organizzazione terroristica e possiede il più grande arsenale di missili. A Gaza attualmente Hamas cerca di evitare un’escalation con Israele per sfruttare i frutti dei colloqui che intrattiene con Egitto e Nazioni Unite tesi a prevenire un collasso economico. Ma la Jihad Islamica Palestinese sfida Hamas, più o meno apertamente, dal momento che si propone come la “vera fazione armata che va allo scontro con Israele”. Anche rispetto alla striscia di Gaza, le Forze di Difesa israeliane rimangono in allerta pur continuando gli sforzi volti a cercare di migliorare la situazione umanitaria degli abitanti: ad esempio, permettendo (pur con tutti i controlli contro il materiale a doppio uso civile/militare) il passaggio di 600-700 camion ogni giorno attraverso il valico di Kerem Shalom Crossing carichi di carburante, materiale da costruzione, cibo, medicine e altri aiuti internazionali, nonché l’esportazione verso mercati esterni dei prodotti degli agricoltori di Gaza.

(Da: Israel HaYom, jns.org, 312.10.19)