Hamas gioca col fuoco. Liberman: “Abbiamo esaurito tutte le opzioni diplomatiche”

Per il ministro della difesa israeliano, gli attacchi di venerdì scorso sono la goccia che ha fatto traboccare il vaso

Il ministro israeliano della difesa Avigdor Liberman intende chiedere ai suoi colleghi di governo di autorizzare un intervento militare su larga scala contro Hamas nella striscia di Gaza a causa delle incessanti violenze istigate dal gruppo terroristico palestinese ai confini con Israele.

“Ho tenuto una serie di incontri con i comandanti militari e anche con i soldati – ha detto Liberman martedì in un incontro con la stampa nella base militare di Re’im, non lontano da Gaza – La mia impressione è che tutti abbiano capito che la situazione attuale non può continuare. Siamo arrivati a un punto limite. Israele sarà costretto a infliggere un duro colpo a Hamas. Abbiamo cercato di risolvere il problema con le buone, collaborando con la comunità internazionale, con gli organismi delle Nazioni Unite e con chiunque fosse disposto ad aiutare. Abbiamo esaurito tutte le opzioni e ora è giunto il momento di prendere una decisione per la nostra sicurezza. Gli scontri si intensificano costantemente – ha continuato Liberman – ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono i fatti di venerdì scorso, quando in mattinata abbiamo permesso all’Onu di portare a Gaza quattro autobotti di carburante e, alla sera, abbiamo dovuto sostenere un’ esplosione di violenza come non se ne vedevano da tempo. La mia posizione è sempre stata chiara e sono solo diventato più risoluto. Saremo costretti a sferrare un duro colpo: come in passato, sembra l’unico modo per riportare la situazione al livello di calma che c’era prima, e per ridurre il tasso delle violenze a zero o quasi zero. Abbiamo visto cosa hanno dichiarato i capi di Hamas – ha concluso Liberman – a cominciare da Ismail Haniyeh che ha detto senza mezzi termini che né le forniture di carburante né i soldi per gli stipendi potranno fermare le violenze di Hamas. Il nostro obiettivo, ha detto Haniyeh, è abolire il blocco. E noi dobbiamo prenderli in parola, senza interpretazioni. Ma abolire il blocco significherebbe una cosa sola: permettere l’ingresso nella striscia di Gaza di armi e terroristi Hezbollah sostenuti dall’Iran, e questa è una cosa che non potremo mai accettare”.
(Da: Jerusalem Post, Israel HaYom, 16.10.18)

Incendio doloso palestinese in un terreno boschivo israeliano vicino alla striscia di Gaza

Oltre metà della superficie boschiva israeliana nell’area circostante la striscia di Gaza è stata bruciata negli ultimi sei mesi dagli incendi appiccati da aerostati incendiari palestinesi. E’ quanto emerge dai dati diffusi martedì dal Keren Kayemeth LeIsrael-Fondo Nazionale Ebraico, l’ente che da più di un secolo si adopera per la riabilitazione ecologica della Terra d’Israele. Secondo i dati del KKL, sono oltre 1.100 gli incendi appiccati a partire dallo scorso 10 aprile, il giorno in cui per la prima volta gli operatori dell’organizzazione riferivano d’aver individuato ordigni incendiari fatti arrivare da Gaza in Israele approfittando dei venti che spirano pressoché costantemente da ovest verso est. Gli incendi dolosi palestinesi, oltre a terreni agricoli, hanno arso quasi 12.000 dunam (1.200 ettari) di terreni boschivi attorno alla striscia di Gaza, cioè più della metà dei 21.000 dunam (2.100 ettari) di terreni boschivi della regione.

Sono esattamente sei mesi che va avanti questo terrorismo incendiario che colpisce i boschi faticosamente piantati e preservati nel corso di decenni dallo sforzo ecologico israeliano, ha detto martedì Daniel Gigi, direttore del KKL per la regione meridionale. “Anche se gli incendi continuano – ha aggiunto – oggi, grazie al lavoro coordinato con l’Authority Parchi e Riserve naturali, con i residenti israeliani delle comunità colpite, con i volontari e con le Forze di Difesa israeliane, riusciamo a intervenire e a mettere sotto controllo gli incendi molto più rapidamente. In questi sei mesi, in collaborazione con i vigili del fuoco e le autorità regionali, abbiamo messo a punto un modello operativo per combattere gli incendi quando sono ancora di ridotte dimensioni”.
(Da: Jerusalem Post, 16.10.18)

L’ambasciatore israeliano all’Onu Danny Danon

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon ha duramente criticato il Consiglio di Sicurezza per essersi indebitamente intromesso negli affari giuridici interni di Israele e l’ha accusato di ipocrisia perché si oppone allo sfratto di un villaggio beduino abusivo in Cisgiordania, decretato dall’Altra Corte di Giustizia israeliana, mentre allo stesso tempo sostiene lo sfratto di abitazioni ebraiche, decretato dalla stessa Corte.

In una lettera indirizzata ai membri del Consiglio di Sicurezza in vista della loro sessione settimanale sul Medio Oriente, incentrata molto probabilmente sullo sgombero in sospeso di Khan al-Ahmar (un accampamento illegale di circa 180 beduini poco a est di Gerusalemme che Israele si è offerto di reinsediare in un villaggio a pochi km di distanza), Danon sottolinea che la questione è stata esaminata a fondo dalla magistratura israeliana e l’Alta Corte di Giustizia ha stabilito che si deve procedere. “Lo stato d’Israele non ha ignorato la complessità della situazione né le difficoltà dei residenti – scrive Danon – e ha offerto loro alloggi alternativi su un terreno legale, dotato di infrastrutture adeguate in grado di garantire degne condizioni di vita che non possono essere implementate a Khan al-Ahmar”. Ciò nonostante, continua la lettera, istigati da Unione Europea e Autorità Palestinese (che si spingono a definire il piano israeliano un “crimine di guerra”), i residenti rifiutano qualunque soluzione di compromesso. “L’intervento di questi soggetti esterni ha solo esacerbato la situazione – afferma l’ambasciatore israeliano – Consideriamo le loro azioni come un tentativo di politicizzare una questione giuridica sulla quale si è già pronunciato il più alto tribunale israeliano, e una palese ingerenza negli affari interni di Israele”. Danon accusa inoltre il Consiglio di Sicurezza di usare una “doppia morale” giacché non ha mai preso posizione contro le sentenze con cui “molte volte l’Alta Corte israeliana ha decretato lo sgombero di insediamenti ebraici costruiti illegalmente”.
(Da: Israel HaYom, 16.10.18)