Hamas: “Lotta armata fino alla cacciata di tutti gli israeliani”

E Abu Mazen, alla tv dell’Autorità Palestinese: “Ci rifiutiamo di riconoscere uno stato ebraico”.

image_3150BRANO TRATTO DA UN’INTERVISTA A OSAMA HAMDAN, CAPO COLLEGAMENTI ESTERI DI HAMAS, TRASMESSA IL 4 MAGGIO 2011 DALLA TV AL-JADID (LIBANO):

OSAMA HAMDAN: «Anziché avere un partito che negozia [Fatah] e un altro che conduce la resistenza armata [Hamas], entrambi i partiti, o meglio tutte le forze palestinesi opereranno all’interno del quadro unico del confronto con l’entità sionista, e non sarà una battaglia facile.»
Intervistatrice: «Sarà un confronto armato?»
OSAMA HAMDAN: «Sì, sarà un confronto armato, oltre a tutte le altre forme di lotta compresa l’intifada civile contro l’occupazione, contro il muro e contro la giudaizzazione di Gerusalemme. Ma non c’è dubbio che lo scontro armato continuerà ad essere lo sforzo principale e la spina dorsale della resistenza fino alla liberazione della Palestina […] Ritengo che politicamente la soluzione a due stati sia finita. Lo dicono quelli stessi che proponevano questo concetto. Pertanto, cercare di parlare ancora di una soluzione a due stati e come parlare di una cosa che è superata e che non c’è più. Penso che stiamo entrando nella fase della liberazione della Palestina. Quando parliamo di liberazione della Palestina, parliamo del concetto di “ritorno”: il ritorno dei profughi alla loro terra e il ritorno degli israeliani nei paesi da dove sono venuti.»

Per vedere il video di questo brano dell’intervista a Osama Hamdan (con sottotitoli in inglese): http://www.memritv.org/clip/en/0/0/0/0/0/0/2949.htm

BRANO TRATTO DA UN’INTERVISTA AL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ PALESTINESE MAHMOUD ABBAS (ABU MAZEN), TRASMESSA IL 2 GIUGNO 2011 DALLA TV DELL’AUTORITÀ PALESTINESE:

ABU MAZEN: «Per quanto riguarda lo stato ebraico, o quello che è, questa non è mai stata una questione. Durante tutti i negoziati fra gli israeliani e noi, dal 1993 fino a un anno fa, non abbiamo mai udito le parole “stato ebraico”. Ora hanno iniziato a parlarne, e la nostra risposta è stata: “Andate all’Onu e chiamatevi come vi pare. Non è a noi che dovete rivolgervi. Di più: noi ci rifiutiamo di riconoscere uno stato ebraico. Cercate di strapparlo all’Onu o a qualcun altro [Nota: già nella risoluzione 181 del 1947, l’Onu parlava di “Jewish State”, cioè “stato ebraico”]. Perché Israele insiste a chiederlo a noi e solo a noi? Non l’ha chiesto agli arabi, all’Egitto, alla Giordania o a qualunque altro paese arabo con cui abbia negoziato. Solo a noi. Noi sappiamo il motivo e diciamo: “No, ci rifiutiamo”.»

Per vedere il video di questo brano dell’intervista ad Abu Mazen (con sottotitoli in inglese): http://www.memritv.org/clip/en/0/0/0/0/0/0/2959.htm

Si veda anche:

“[…] Si tocca, qui, il famoso “diritto al ritorno”, nel cui culto sono state allevate intere generazioni di irredentisti arabi e palestinesi. Strano “diritto”, però, quello al “ritorno” dei profughi palestinesi e di tutti i loro discendenti (molti dei quali non hanno mai messo piede in terra di Palestina in tutta la loro vita) a stabilirsi non nel loro futuro stato indipendente (come sancisce, ad esempio, per gli ebrei la Legge del Ritorno israeliana), bensì all’interno dello stato ebraico. Strano “diritto al ritorno”, mai riconosciuto né in linea di principio né di fatto ai milioni di musulmani e indù profughi da India e Pakistan, ai vietnamiti profughi dal Vietnam del Sud, agli italiani profughi da Istria e Dalmazia. E nemmeno, naturalmente, ai milioni di ebrei, e loro discendenti, trasferiti in Israele dai paesi d’Europa, del Medio Oriente e del resto del mondo. […]”

https://www.israele.net/sezione,,197.htm

“[…] Vengono spesso sollevate due obiezioni. La prima è: che bisogno ha Israele che la sua identità venga definita da un soggetto esterno? La risposta a questa domanda da “finto tonto” è che, naturalmente, non si tratta di questo: non è che l’identità di Israele debba essere determinata dai palestinesi, è che ai palestinesi viene chiesto di accettare la definizione che Israele dà di se stesso. In altri termini, si tratta di mettere in chiaro che i palestinesi, nel momento in cui intraprendono dei negoziati, accettano il principio che “due stati per due popoli” significa Israele per gli ebrei e stato palestinese per i palestinesi. Come si è detto, si tratta di un presupposto cruciale per l’elaborazione stessa delle clausole del contratto, che si ripercuote anche sulle questioni relative ai profughi (arabi ed ebrei), e che offre la speranza che l’accordo, una volta raggiunto, possa davvero porre fine al conflitto. Anche la seconda obiezione – perché tale riconoscimento non venne chiesto in passato a Egitto e Giordania? – è un po’ da “finto tonto”. All’epoca della firma dei rispettivi trattati di pace con Israele, giordani ed egiziani non rivendicavano l’intero territorio d’Israele, e non indottrinavano intere generazioni di figli all’ethos del “ritorno nelle case di Jaffa e di Haifa”. La mancanza di un esplicito riconoscimento da parte di Giordania ed Egitto di Israele come stato ebraico non ne costituiva un implicito rifiuto, che è invece esplicito nelle posizioni palestinesi. Inoltre Egitto e Giordania non condussero negoziati tutti fatti di vaghezza, doppiezza e insincerità.[…]”

https://www.israele.net/articolo,2987.htm

“Se Israele non è lo stato del popolo ebraico, allora non può chiamarsi Israele perché popolo d’Israele è sinonimo di popolo ebraico. Se Israele non è lo stato del popolo ebraico, allora la sua Dichiarazione di Indipendenza deve essere annullata, perché parla della fondazione di uno stato per il popolo ebraico chiamato Israele. Se Israele non è lo stato del popolo ebraico, allora deve essere revocata la risoluzione Onu del 29 novembre 1947 che prevedeva la spartizione del Mandato Britannico in due stati, uno arabo e l’altro ebraico. Se Israele non è lo stato del popolo ebraico, allora deve essere abrogata non solo la Legge del Ritorno, ma anche la Legge Fondamentale su “Libertà e Dignità Umana” secondo la quale i valori di Israele si fondano sul fatto di essere uno stato “ebraico e democratico”. Se Israele non è lo stato del popolo ebraico, allora bisogna trovare un altro inno nazionale al posto della Hatikva. Se Israele non è uno stato ebraico, non sarà né uno stato cattolico né uno stato buddista: diventerà uno stato arabo-islamico, anche se questo risultato verrà conseguito attraverso la formula dello stato bi-nazionale. Se Israele non è lo stato del popolo ebraico, allora non vi saranno mai due stati per due popoli. Se Israele diventerà uno stato arabo-islamico, molto probabilmente non sarà uno stato democratico. Se Israele diventerà tutto questo, i suoi intellettuali e i suoi giornalisti anti-sionisti e post-sionisti saranno i primi a scappare. Quelli che resteranno indietro saranno gli ebrei originari dei paesi del Medio Oriente. Tempo fa fuggirono da un regime arabo per andare a vivere in uno stato ebraico, ma quello stesso regime che li aveva umiliati e oppressi ora li avrà agguantati di nuovo, questa volta senza via di scampo. […]”

https://www.israele.net/articolo,1922.htm

Israele a 60 anni: Il diritto di esistere

https://www.israele.net/sezione,,2075.htm