Hamas: “Sì a uno stato provvisorio sulle linee del ’67, senza riconoscere Israele né rinunciare alla lotta armata per tutta la terra dal fiume al mare”

Fatah: “E’ quello che diciamo noi da decenni, ora ci chiedano scusa”

I simboli di Hamas e Fatah. Entrambi con la mappa della rivendicazione su tutto il paese: Israele è cancellato dalla carta geografica

Il gruppo jihadista palestinese Hamas ha presentato, lunedì sera, quello che viene propagandato come un nuovo programma politico apparentemente più pragmatico, finalizzato a porre fine all’isolamento internazionale del gruppo. Con il nuovo manifesto, Hamas si ridefinisce come un movimento islamico di liberazione nazionale, anziché un ramo della Fratellanza Musulmana pan-araba, bandita dall’Egitto.

Nel nuovo documento, Hamas lascia cadere l’appello esplicito alla distruzione di Israele pur mantenendo l’obiettivo di “liberare” tutta la storica Palestina, che comprende anche tutto il territorio di Israele.

Non è chiaro se l’operazione di maquillage sarà sufficiente per migliorare i rapporti di Hamas con l’Egitto che, insieme a Israele, esercita severi controlli ai confini della striscia di Gaza da quando Hamas ne ha preso il controllo con un sanguinoso golpe anti-Fatah nel giugno 2007. Il gruppo ha comunque ribadito che non riconoscerà Israele, non rinuncerà alla violenza e non riconoscerà i precedenti accordi di pace fra Israele e Olp, vale a dire i tre principi che da tempo l’Occidente e la comunità internazionale hanno posto alla base del negoziato.

Il documento di cinque pagine diffuso lunedì, frutto di quattro anni di discussioni interne, è stato presentato con una conferenza stampa a Doha, in Qatar, da Khaled Mashaal, capo uscente di Hamas. Secondo Mashaal, il documento riflette una “Hamas ragionevole, pronta a fare i conti con la realtà e la situazione regionale e internazionale, pur continuando a rappresentare la causa del proprio popolo”.

La nuova piattaforma sembra voler sanare il divario ideologico tra Hamas e il suo principale rivale politico, il movimento Fatah che fa capo al presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Finora Hamas aveva sempre violentemente attaccato la posizione politica di Abu Mazen basata sul concetto di creare uno stato palestinese nei territori conquistati da Israele durante la guerra di sei giorni del 1967 (Cisgiordania, striscia di Gaza, Gerusalemme est) pur senza riconoscere Israele come stato nazionale ebraico e senza rinunciare al cosiddetto “diritto al ritorno” dei profughi palestinesi (e loro discendenti) all’interno di Israele.

La chiave, simbolo del “diritto al ritorno”, cioè del diritto di stabilirsi in Israele anche dopo la nascita di uno stato palestinese, è abbinata alla mappa della rivendicazione su tutto il paese: Israele è cancellato dalla carta geografica

Con il suo nuovo programma, Hamas per la prima volta prospetta la possibilità di creare uno stato palestinese provvisorio sulle linee pre-‘67, dicendo che si tratta di una “formula di consenso nazionale”. Il documento tuttavia fa capire che Hamas considera questo stato sulle linee del ’67 un passo intermedio, e non un modo per porre fine al conflitto. Il documento non contiene un appello esplicito alla distruzione di Israele, ma afferma: “Hamas rifiuta qualsiasi alternativa alla piena e completa liberazione della Palestina, dal fiume al mare” cioè dal Giordano al Mediterraneo, il che implica la cancellazione dello stato di Israele. E aggiunge: “Non vi sarà alcun riconoscimento della legittimità dell’entità sionista”.

“Hamas sostiene la liberazione di tutta la Palestina, ma è pronta a sostenere uno stato sui confini del ‘67 senza riconoscere Israele né cedere alcun diritto palestinese”, ha sottolineato Meshaal in conferenza stampa nell’evidente tentativo di allineare la posizione del suo gruppo a quella di Fatah.

Il documento dichiara inoltre che Hamas considera la lotta armata una scelta strategica e “rifiuta qualsiasi tentativo di minare la resistenza e le sue armi”.

Mentre la Carta fondativa di Hamas è piena di concetti apertamente antisemiti, il documento pubblicato lunedì afferma che Hamas non è ostile alla religione ebraica e che la sua lotta è solo contro “il progetto sionista” che “occupa la terra palestinese”.

Il portavoce di Fatah Osama al-Qawasme, citato martedì dalla Reuters, ha chiesto a Hamas di scusarsi per aver ripetutamente accusato il gruppo rivale di tradimento ora che Hamas, con la nuova piattaforma diffusa lunedì, si è allineata alla posizione assunta dall’Olp già da decenni. “Il nuovo documento di Hamas è identico a quello adottato da Fatah nel 1988 – ha dichiarato il portavoce di Fatah – Hamas è tenuta a fare le sue scuse a Fatah dopo averci accusato per trent’anni di tradimento per quella politica”.

(Da: YnetNews, Jerusalem Post, Times of Israel, 2.5.17