Hezbollah e l’Europa

I “partiti politici” non puntano migliaia di missili contro un paese vicino.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_575Mercoledì l’Unione Europea dovrebbe decidere se aggiungere o meno Hezbollah alla lista delle organizzazioni che considera terroristiche. Se non lo farà, sarà come dare schiaffo in faccia non solo a Israele, ma anche al neo eletto presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
La scorsa settimana un alto funzionario dell’Autorità Palestinese ha dichiarato al Jerusalem Post che “Hezbollah e Iran non sono affatto contenti degli sforzi di Abu Mazen per arrivare a un cessate il fuoco con Israele e riprendere i negoziati: per questo non escludiamo che possano tentare di ucciderlo, se continua con questa sua politica”.
La cosa significativa, qui, non è la notizia che l’Iran e i suoi gregari Hezbollah si oppongono al processo di pace. È risaputo che oggi gran parte del terrorismo palestinese è direttamente organizzato e sostenuto da Teheran o da Damasco. L’ultima ondata di missili Qassam lanciati dalla striscia di Gaza (dopo il summit di Sharm) sembra sia stata comandata direttamente dalla Siria. La vera notizia è che questa interferenza esterna ha raggiunto un livello tale che persino la dirigenza dell’Autorità Palestinese lancia l’allarme e chiede il mondo di aiutarla a tagliar fuori coloro che continuano a gettare benzina sul fuoco che la stessa Autorità Palestinese sta cercando di domare.
Durante la sua visita a Gerusalemme la scorsa settimana, alla richiesta di modificare la posizione del suo paese tradizionalmente contraria a qualificare Hezbollah come terrorista, il ministro degli esteri francese Michel Barnier non si è voluto impegnare. Il presidente francese Jacques Chirac, nell’incontro lunedì a Parigi con il ministro degli esteri israeliano Silvan Shalom, è stato più esplicito: gli ha detto di no.
La Francia difende questa posizione sostenendo che in Libano Hezbollah è un partito politico: una pretesa tanto grottesca da essere offensiva. Questo “partito politico” dispone di migliaia di missili puntati su Israele, è votato alla distruzione di Israele e sostiene attivamente il peggiore terrorismo palestinese, minacciando la stessa Autorità Palestinese.
Dobbiamo dedurne che se Al Qaeda darà vita da qualche parte a un partito politico, non verrà più qualificata come organizzazione terroristica indipendentemente da quanto resterà coinvolta col terrorismo? Come può la Francia bandire il braccio televisivo di Hezbollah, l’emittente Al-Manar, verosimilmente perché fomenta il peggiore estremismo in Francia, e chiudere gli occhi quando Hezbollah fa molto di peggio che istigare al terrorismo contro Israele?
Ma quand’anche la Francia togliesse il veto a una corretta decisione della UE su Hezbollah, c’è da considerare un altro aspetto più ampio di questa faccenda. Se la UE ha veramente a cuore le sorti della pace, essa deve mettere in cima alle sue priorità la minaccia del terrorismo iraniano, e non solo quella del programma nucleare iraniano. Nel suo giro in Europa e Medio Oriente, il segretario di stato Usa Condoleezza Rice si è sempre premurata di sollevare tre problemi, ogni volta che si parlava di Iran: gli armamenti nucleari, il terrorismo e i diritti umani. Viceversa, i tre grandi d’Europa – Gran Bretagna, Francia e Germania – sembrano preoccuparsi soltanto di arginare il programma nucleare iraniano, ed anche su quest’unico tema la loro determinazione ad adottare misure efficaci è tutt’altro che certa.
In effetti, se l’Europa non può nemmeno riconoscere che Hezbollah è un’organizzazione terroristica, è difficile prendere sul serio la sua azione diplomatica sul tema nucleare. L’Europa preme sugli Stati Uniti perché si uniscano a questo sforzo, ma per quale ragione gli Stati Uniti dovrebbero aderire a una politica inconcludente? E perché poi non dovrebbe essere l’Europa ad aderire all’approccio degli americani?
Bisognerebbe invece riconoscere che lo sforzo dell’Iran per dotarsi di armi atomiche, il suo appoggio al terrorismo e la sua repressione dei dissidenti fanno parte integrante di un’unica strategia volta a preservare il regime con la violenza e l’intimidazione. Si tratta di un regime fallimentare, che da tempo ha perduto il sostegno della sua gente e che pensa di poter sopravvivere soltanto tirando colpi in ogni direzione.
La risposta occidentale all’aggressione iraniana e alle minacce alla sicurezza deve essere complessiva e coordinata. Non si può dire che terrorismo e repressione sono accettabili mentre il nucleare non lo è. Il messaggio da mandare è esattamente il contrario: gli stati delinquenti che minacciano la loro regione non devono poter dare per scontata la sopravvivenza del loro regime.
In ogni caso, non si può prendere sul serio una politica che dice di voler sostenere lo sforzo di pace israelo-palestinese e il nuovo governo dell’Autorità Palestinese, e nello stesso tempo si rifiuta non solo di contrastare, ma anche soltanto di riconoscere come terroristico un gruppo apertamente votato a distruggere entrambi.

(Da: Jerusalem Post, 14.02.05)

Nell’immagine in alto: il simbolo di Hezbollah