I compianti marito e figlio nelle parole di Rona Ramon

Dal libro “I miei eroi”, scritto dalla moglie e madre dei due aviatori israeliani, deceduta lunedì per cancro a soli 54 anni

Di Rona Ramon

Rona Ramon, autrice di questo articolo, deceduta lunedì scorso (clicca la foto)

I miei amatissimi Ilan e Assaf non davano nulla per scontato. Furono entrambi piloti di F-16. Entrambi fecero scelte coraggiose. Coraggiosamente, pur conoscendo i rischi, scelsero in modo consapevole una professione pericolosa. Nonostante tutte le difficoltà, sono stati in grado di superare tanti ostacoli e realizzare il loro sogno di sempre di diventare piloti, completando la loro missione con eccellenza e contribuendo alla difesa della società israeliana. Ed è così che hanno incontrato la morte in circostanze simili, lasciando molti altri sogni incompiuti.

Alcuni mesi dopo aver perso il padre, mio figlio Assaf scriveva nel suo diario: “Chi è un eroe? Un eroe deve essere coraggioso, determinato, possedere saggezza di vita, essere modesto e avere un cuore gentile. È qualcuno che ha accumulato traguardi nella vita e ha rischiato la vita per gli altri: un eroe è qualcuno a cui gli altri guardano con ammirazione. Mio padre è un eroe, anche mia madre è un eroe”.

Il sogno di Ilan scaturì all’età di 15 anni, quando sentì Neil Armstrong pronunciare quelle parole immortali incise negli annali della storia umana. Il sogno di diventare astronauta si radicò nel cuore del giovane Ilan che viveva a Be’er Sheva, all’apparenza senza nessuna concreta possibilità d’essere realizzato.

Ilan Ramon (il primo a destra) con l’equipaggio dello Space Shuttle Columbia

Da sempre aveva amato i cieli. Adolescente, aveva frequentato il club locale dell’aviazione, ma le sue possibilità di essere accettato per il corso piloti delle forze aeree israeliane erano scarse perché soffriva di una patologia al braccio. Ma, contro tutte le probabilità, ci riuscì. Anche qui dovette affrontare difficoltà. Dovette abbandonare il corso piloti a causa di un problema di salute ed entrò nell’unità della guerra elettronica. E’ in questa unità che combatté durante la guerra di Kippur del 1973, in una postazione militare nella penisola del Sinai che per poco non fu conquistata dagli egiziani. Ma Ilan non era tipo da arrendersi. Ci riprovò con il corso piloti successivo, e si scoprì che aveva un talento naturale per il volo.

Durante uno dei voli di addestramento, Ilan e il suo istruttore si ritrovarono con un grave problema al sistema di guida dell’aereo. Cercarono di risolverlo mentre l’aereo cadeva a spirale. Capirono che non avevano altra scelta che buttarsi fuori, ma quel vecchio modello non aveva seggiolini eiettabili e così i due piloti dovettero tirarsi fuori dai seggiolini e buttarsi nel vuoto con tempismo perfetto per evitare di essere investiti dall’aereo stesso che ruotava precipitando verso il suolo. Ilan e il suo istruttore lo fecero e sopravvissero a una situazione che appariva senza speranza. Ilan subì serie ferite alle gambe, e si trovò di nuovo costretto a terra. Ciò nonostante, il pensiero di rendersi utile agli altri lo spinse a tornare al corso e lo completò con il massimo dei voti.

Giugno 1981, i piloti israeliani al rientro dalla missione contro il reattore nucleare iracheno. Ilan Ramon e in piedi a sinistra

Anni dopo, Ilan fu tra i primi a pilotare i nuovi jet F-16. Durante un altro volo di addestramento, Ilan e un altro pilota, Yishai, si trovarono in rotta di collisione a causa di una manovra fuori dal loro controllo. La loro audace manovra di disimpegno è stata in seguito insegnata a generazioni di piloti. Ilan scrisse nel diario che “la situazione sembrava senza vie d’uscita” e che “poteva vedere con certezza che le traiettorie dei due velivoli erano convergenti, entrambi diretti allo stesso punto e a grande velocità”. Ma lui e Yishai seppero superare la cosa e riuscirono a districarsi, salvandosi la vita.

La prima missione storica di Ilan fu il raid sul reattore nucleare iracheno del 1981. Benché fosse un giovane navigatore, prese parte alla pianificazione della rotta di volo. Essendo il pilota più giovane della squadra venne messo nell’ultima posizione della formazione, dove però era alto il rischio di essere abbattuto da aerei nemici. Nel suo diario scrisse che si sentiva “in pace con la consapevolezza che il peggio può accadere”. Quando andò a far visita ai suoi genitori prima della missione, si chiese: “È l’ultima volta che vado a Tel Aviv?”. Decise di partecipare alla missione nonostante l’enorme rischio perché era perfettamente convinto che lui e i suoi compagni piloti fossero chiamati a impedire che una nuova Shoà si abbattesse sul popolo ebraico. Ilan e i suoi amici portarono a termine la missione in modo perfetto e tornarono tutti a casa sani e salvi.

Ilan era un eroe perché sin da giovane ha affrontato situazioni di pericolo di vita e ha riflettuto molto sulle sue proprie domande esistenziali di fronte ai rischi esistenziali che si pongono al popolo di Israele e alla società israeliana, che lui amava e in cui credeva. La sua ultima missione era una missione di pace per tutta l’umanità, e lo ha reso un eroe sia nazionale sia globale. Colse in pieno l’importanza della tribuna che gli veniva offerta per rappresentare il popolo di Israele e il popolo ebraico con grande fierezza. Volle dare espressione al percorso fatto dal popolo ebraico dalla Shoà e dalle guerre di Israele fino alla prosperità e alla realizzazione. Sapeva parlare a ogni cuore e ci lasciò con la speranza in un futuro migliore.

Rona Ramon e il figlio Assaf al funerale di Ilan Ramon

Mio figlio Assaf è stato un eroe di diverso tipo. Crebbe immerso nel mondo del volo, e fin da ragazzo parlava del suo sogno di diventare pilota come il padre. Capì che doveva lavorare sodo per eccellere a scuola, e in effetti i suoi risultati furono notevoli. La sua breve vita è stata segnata da tanti traslochi e spostamenti, ma Assaf seppe farvi fronte. Allora vivevamo negli Stati Uniti e là fu uno studente eccellente, un apprezzato giocatore di football e un amico fedele. Temeva che il ritorno in Israele potesse danneggiare le sue chance di ulteriori successi. Invece, nonostante le prime difficoltà linguistiche, terminò il liceo come uno studente eccezionale e un amato compagno di classe.

Quando perse il padre seppe superare il dolore paralizzante, recitò coraggiosamente ogni anno la preghiera del kaddish (all’inizio senza nemmeno capire bene cosa stava leggendo) e divenne l’uomo di casa. Aveva sognato di poter volare col padre Ilan, uno davanti e l’altro dietro. Ora immaginava che Ilan lo incoraggiasse e lo spronasse a superarsi e a pretendere di più.

Assaf era determinato a realizzare il sogno di diventare un pilota. Era bramoso di volare, e solo librandosi nell’aria il suo sogno sarebbe diventavo realtà. In realtà, non era nemmeno sicuro d’essere accettato al corso per piloti da combattimento, ma cercò di fare meglio che poteva nelle forze aeree. In un ambiente così competitivo, era modesto e nutriva grande apprezzamento per i suoi compagni. Per questo rimase sorpreso quando venne scelto per rappresentare il corso in una competizione militare e quando venne menzionato come allievo d’eccellenza in varie fasi dell’impegnativo percorso.

Rona Ramon e il figlio Assaf

Con duro lavoro e grandi sforzi terminò il corso per piloti da combattimento tra i migliori  della classe, entrando nella storia dell’aviazione israeliana. Per la prima volta padre e figlio avevano concluso il corso con il massimo dei voti: il padre esperto e sicuro di sé, pilota pionieristico e primo astronauta israeliano, che fu alla guida di missioni e squadriglie; il figlio, che seppe trasformare la perdita del padre in una fonte di determinazione che non ha fatto che rafforzare il suo desiderio di realizzare il sogno di diventare pilota, approfittando al contempo di ogni opportunità per fare volontariato e contribuire a migliorare la società in cui viveva. Assaf credeva nei valori del coraggio, dell’amore per il prossimo, della determinazione, dell’umiltà e del duro lavoro. Credeva che “un leader è uno che spinge avanti le persone come gruppo, con l’auto-realizzazione e il sacrificio”.

Scrivo queste parole con le lacrime agli occhi perché, sopra ogni altra cosa, Ilan e Assaf amavano la vita, ma non gli è stato concesso di continuare a viverla. Nella vita e nella morte, sono eroi per tutti noi.

(Estratti dal libro I miei eroi, di Rona Ramon, pubblicato la scorsa primavera in occasione del 70esimo anniversario di Israele – YnetNews, 18.12.18)