I fatti attorno a cui ruota la polemica sull’espulsione degli immigrati illegali

Molti in Israele si oppongono su basi umanitarie, altri assicurano che la sicurezza dei migranti non è compromessa dalla politica del governo

Manifestazione di protesta in Israele contro la politica del governo per l’espulsione in paesi terzi di immigrati economici illegali

Il piano volto ad espellere da Israele gli immigrati illegali da Sudan ed Eritrea è al centro di vivacissime polemiche. Non aiuta il fatto che la discussione ruota spesso attorno a dati confusi e talvolta contraddittori.

Secondo il Ministero dell’interno israeliano, sono 34.187 i sudanesi ed eritrei che negli anni scorsi hanno attraversato illegalmente il confine dall’Egitto verso Israele. Allo stato attuale, quelli di loro che non sono stati riconosciuti come titolari del diritto d’asilo verranno espulsi entro il prossimo primo aprile. Altrimenti rischiano l’arresto in quanto clandestini.

Su 34.187 immigrati illegali, sono state inoltrate 12.136 richieste d’asilo, ma ne sono state approvate solo 11 (dieci dall’Eritrea e una dal Sudan). In altri paesi occidentali sono state approvate fino al 90% delle richieste di asilo presentate nel 2017 da eritrei e il 57% di quelle presentate da immigranti provenienti dal Sudan. Le autorità d’immigrazione israeliane spiegano il divario affermando che molti paesi europei hanno ampliato i criteri di asilo ben oltre la definizione contenuta nella Convenzione Onu sui rifugiati, di cui Israele è paese firmatario.

Gli immigrati illegali cui non è stato riconosciuto il diritto d’asilo (migranti economici) vanno incontro attualmente a due opzioni: emigrare volontariamente in Ruanda in cambio di 3.500 dollari più biglietto aereo, oppure la reclusione a tempo indeterminato in quanto clandestini nel centro di detenzione di Saharonim, nel Negev. Da notare che la somma assegnata a coloro che decidono di partire andrà gradualmente diminuendo dopo la scadenza del primo aprile. In una prima fase è prevista l’espulsione solo di maschi singoli in età lavorativa. In una fase successiva il provvedimento potrebbe riguardare anche donne e minorenni.

Una famiglia di immigrati africani nel quartiere Shapira di Tel Aviv sud

Finora Israele si era attenuto a una politica di “non-espulsione temporanea”. Alla luce delle condizioni di sicurezza e dei diritti umani in Sudan ed Eritrea, agli immigranti di quei paesi veniva offerta la possibilità di partire volontariamente, senza ripercussioni, alla volta di Ruanda o Uganda, paesi con i quali Israele aveva firmato accordi in questo senso. Da quando è stata applicata questa politica, a partire dal 2014, più di 15.000 immigrati illegali hanno lasciato il paese (9.695 eritrei e 5.335 sudanesi). Ma queste partenze volontarie non sono apparse sufficienti, soprattutto alla luce del fatto che gli immigrati, benché in numero relativamente esiguo rispetto alla popolazione totale del paese, si sono per lo più concentrati in alcune ristrette aree del paese (come i quartieri sud di Tel Aviv, già di per sé disagiati) generando forti tensioni sociali. Di conseguenza il governo ha annunciato la firma di un accordo che consentisse l’espulsione obbligata degli immigranti illegali verso un paese terzo neutrale che non è stato ufficialmente comunicato, ma che si ritiene possa essere il Ruanda (il quale tuttavia ha smentito l’esistenza di un tale accordo). Il paese in questione riceverebbe da Israele 5.000 dollari per ogni migrante assorbito. Secondo le testimonianze di alcuni migranti già arrivati in Ruanda, il paese non sarebbe realmente interessato ad assorbirli e non offrirebbe loro alcuno status ufficiale. Stando a queste fonti, molti di loro sono costretti a tornare nel circuito dei rifugiati, finendo col vagare per i paesi africani o tentando di avventurarsi nel pericoloso viaggio per raggiungere l’Europa. Altre fonti, e tra queste le autorità di governo israeliane, affermano invece che il Ruanda è un paese sicuro e stabile che si è impegnato con l’accordo a trattare bene le persone espulse da Israele. Il direttore dell’amministrazione per l’immigrazione, Shlomo Mor-Yosef, ha dichiarato: “Il piano è stato approvato da tutti i soggetti competenti, compresi il governo e cinque giudici della Corte Suprema che hanno stabilito che la partenza volontaria è ragionevole e rispettosa”. Secondo Mor-Yosef, affermare che i migranti vengono mandati alla morte è fuori dalla realtà.

(Da: YnetNews, 31.1.18)