I frutti di un martellante indottrinamento

Nessun bambino odia per nascita, nessun giovane nasce terrorista.

Da un articolo di Itamar Marcus e Barbara Crook

image_1172Cosa spinge un giovane palestinese a trasformare il proprio corpo in una bomba? I bambini non odiano per nascita. L’odio è qualcosa che apprendono e l’Autorità Palestinese è stata un’ottima insegnante di odio, avendo messo a punto una vera e propria arte di fomentare odio e di promuovere il terrorismo suicida.
Il primo elemento nella genesi di un terrorista è promuovere l’odio all’interno della società in cui vive, demonizzando sistematicamente un gruppo preso a bersaglio. Tale gruppo viene descritto come talmente maligno e pernicioso che uccidere i suoi membri non viene più sentito come un omicidio, ma come una legittima vendetta e un nobile gesto di autodifesa. Fra gli esempi dell’incessante opera di demonizzazione degli ebrei e degli israeliani da parte dell’Autorità Palestinese si può ricordare un recente articolo sul quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese Al Hayat al Jadida (4.03.06) che descriveva in questi termini le reazioni dei militari israeliani contro i luoghi da cui vengono lanciati i missili Qassam: “Sembra che i fiumi di sangue che scorrono nelle nostre città, nei nostri villaggi e nei nostri campi profughi non abbiano ancora saziato la sete di sangue palestinese di politici e ufficiali israeliani”.
Nelle scorse settimane la tv dell’Autorità Palestinese ha mandato in onda quotidianamente un video clip in cui alcuni attori interpretavano detenuti palestinesi sottoposti a orrende torture per mano di guardie israeliane. Circolano comunemente calunnie odiose come la “calunnia della droga”, secondo cui Israele avvelenerebbe e causerebbe tossicodipendenza nei giovani palestinesi diffondendo intenzionalmente droghe nella società palestinese. Accusa rilanciata solo due giorni fa alla tv palestinese dal mufti dell’Autorità Palestinese Ikrima Sabri.
Un’altra componente dell’opera di demonizzazione consiste nel dipingere l’esistenza stessa della nazione Israele come illegittima e provvisoria, un altro elemento che prosegue imperterrito. Un esempio è il documentario trasmesso due volte negli ultimi mesi nel quale Jaffa viene indicata come una città carpita ai palestinesi. Il documentario dice fra l’altro: “La Palestina è stata aggredita da invasori. È tempo che voi [israeliani] ve ne andiate. Andate a vivere dove volete, ma non in mezzo a noi [immagini di Jaffa]. È tempo che ve ne andiate. Andate a morire dove volete, ma non morite in mezzo a noi. Il nostro passato è qui. Il nostro presente è qui, il presente e il futuro. Dunque, abbandonate il nostro paese, la nostra terra, il nostro mare, il nostro grano, il nostro sale, le nostre ferite. Abbandonate tutto. E abbandonate le memorie” (Tv dell’Autorità Palestinese, 20.12.05).
La sostanza di questo messaggio dell’Autorità Palestinese è quella di fare degli israeliani il nemico estremo: gli israeliani sono cattivi e pericolosi. La loro stessa esistenza è illegale, e dunque devono essere sconfitti e distrutti. Ucciderli diventa un giusto atto di autodifesa.
Ma non basta. I terroristi che fanno strage di israeliani devono essere indicati come eroi e modelli per la società, e questa è la seconda componente dell’opera di creazione di terroristi suicidi fatta dall’Autorità Palestinese. Nella società palestinese non sembrano esistere eroi e modelli più grandi dei terroristi suicidi. Campi estivi per bambini vengono intitolai a Wafa Idris e Ayyat Al Achras, terroriste suicide. Eventi sportivi vengono normalmente intitolati a terroristi suicidi, come quel campionato di calcio per quattordicenni cui è stato dato il nome di un terrorista che quattro anni fa massacrò trentun israeliani nell’attentato di pasqua al Park Hotel di Netanya. Recentemente il ministero della cultura dell’Autorità Palestinese ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata a Hanadi Jaradat, la terrorista che fece strage di ventun israeliani, ebrei e arabi, in un ristorante di Haifa.
Solo un mese fa l’Autorità Palestinese ha annunciato che avrebbe conferito la cittadinanza onoraria al terrorista libanese Samir Quntar, che sta scontando l’ergastolo in un carcere israeliano. Ha scritto sul Washington Post Smadar Haran, moglie e madre delle vittime di Quntar: “Fu un assassinio di crudeltà inimmaginabile. I terroristi portarono [mio marito] Danny e [mia figlia] Einat sulla spiaggia. Uno di loro sparò a Danny davanti agli occhi di Einat. Poi ruppe la testa della mia bambina contro una roccia con il calcio del fucile. Quel terrorista era Samir Quntar”.
Il messaggio che l’Autorità Palestinese manda alla propria gente e ai propri bambini onorando Quntar e altri terroristi è che uccidere israeliani garantisce onore e gloria eterna.
Un programma speciale trasmesso la scorsa settimana dalla tv dell’Autorità Palestinese coglie la sostanza di questo messaggio, e la sua accoglienza ai più alti livelli della leadership palestinese. È parte di una poesia che una ragazzina ha recitato nella Giornata dei Bambini palestinese: “Anche se tutti gli ebrei arrivassero [in Israele] a cercare rifugio fra le scimmie [tradizionale epiteto per gli ebrei], noi non accetteremo mai indennizzi per la nostra terra. Nulla può sostituire Gerusalemme. La nostra morte è come vita, la mia terra patria è la tomba degli invasori. Camminerò per mille chilometri anche se muoio in essa come una martire” (Tv dell’Autorità Palestinese, 10.04.06).
Fra i compiaciuti ascoltatori, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), seduto in prima fila insieme ad alti esponenti dell’Autorità Palestinese. La loro reazione a queste parole di odio sulle labbra di una ragazzina? Un caloroso applauso.
Imbottito da messaggi rivolti ai bambini che indottrinano all’odio verso gli israeliani e glorificano i terroristi, quando il presunto moderato Abu Mazen si fa riprendere dalla televisione mentre applaude il messaggio di odio e martirio messo in bocca a una ragazzina, come stupirsi che un giovane palestinese si trasformi in un terrorista suicida?

(Da: Jerusalem Post, 18.04.06)