“I leader musulmani non dovrebbero permettere la profanazione violenta del Ramadan”

L'appello del rabbino capo d’Israele, mentre Abu Mazen fa il doppio gioco: dice di non volere l’escalation, ma lascia che i suoi alimentino gli scontri a Gerusalemme

Di rav David Lau, Jesse Edberg, Dana Ben-Shimon

David Lau, rabbino capo ashkenazita d’Israele, autore di questo articolo

Avishai Yehezkel stava facendo una passeggiata con il suo bambino, Yaakov Shalom stava tornando a casa dai suoi quattro figli, Victor e Dima stavano rincasando dopo una dura giornata come lavoratori stranieri, Amir si è precipitato a salvare vite umane in quanto agente di polizia. Sono tutti morti per le raffiche di mitra del fatale attentato a Bnei Brak, insieme ad altre sei persone uccise pochi giorni prima negli attacchi terroristici a Hadera e Be’er Sheva: assassinati da terroristi sanguinari che hanno distrutto la vita di tante persone, lasciandosi alle spalle una generazione di vedove e orfani. Perché? Da quando il sacro mese del Ramadan, uno dei più sacri per la fede musulmana, è diventato un mese di pura e spietata crudeltà? Cosa ha spinto questi ignobili assassini a trucidare i nostri figli, mogli e anziani nelle strade della città?

Ad ogni anno che passa, il mese di Ramadan diventa sempre più violento. La consueta spiegazione descrive questi terroristi come fanatici religiosi, con il loro grido “Allah Akbar” a indicare chiaramente la loro motivazione. Ma la fede musulmana, come le altre religioni, non santifica, non permette, non accetta e non celebra questa feroce violenza. Dunque, è tempo che i leader spirituali religiosi musulmani si levino per esclamare: “Basta!”. Basta col permettere a questi fanatici estremisti di trasformare il mese più sacro per i musulmani di tutto il mondo in un pretesto per uccidere persone innocenti. E’ forse questo l’insegnamento che vogliono che apprendano le generazioni future?

Anche nell’ebraismo ci sono mesi sacri, ma nell’ebraismo celebriamo insieme il Seder (di Pasqua), ci sediamo sotto una Sukkah (capanna) di pace e ci dedichiamo all’introspezione.

I terroristi responsabili degli attentati a Bnei Brak, Hadera e Be’er Sheva

Finché i leader religiosi musulmani non prenderanno aperta posizione contro questi attentati, la sensazione sarà che l’islam permette, o persino glorifica, gli assassini e i terroristi che vogliono trasformare il Ramadan nel tempo della morte e della distruzione. Tanto più che questi terroristi vengono spesso ammirati e celebrati nelle moschee e nelle città da cui provengono. Ogni leader religioso musulmano dovrebbe denunciare l’emergente ondata di terrore e il brutale assassinio di innocenti israeliani. Dovrebbero levarsi e affermare con convinzione: “Questa non è la fede musulmana! Questo è proibito, lo condanniamo, chi uccide innocenti è un assassino, non un martire”.

Dai miei colloqui con leader politici e comuni cittadini arabi mi appare chiaro che condannano questi orrendi omicidi. Ma il silenzio predominante tra i leader spirituali e religiosi fa sembrare che in un modo o nell’altro queste orribili aggressioni godano del loro sostegno. La leadership religiosa musulmana ha una responsabilità, in questo momento difficile. Se faranno sentire la loro voce, forse potranno contribuire a fermare questa atroce campagna omicida perpetrata da una minoranza di estremisti religiosi.

Voi, leader religiosi musulmani, avete il dovere di opporvi alla profanazione di questo mese santo per voi così sacro, di non lasciare che i fanatici lo trasformino in un mese di omicidi e violenze. È questo che volete trasmettere alle generazioni future? Che il mese di Ramadan è il mese delle stragi?

Siamo tutti figli di Dio, tutti abbiamo il dovere morale e divino di attenerci al comandamento “non uccidere”. Se i leader spirituali musulmani non riescono ad affermare “smettete di usare la nostra religione per commettere tali atrocità”, allora non possono negare d’avere anche loro le mani sporche di sangue.

(Da: YnetNews, 5.4.22)

Il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane, Aviv Kochavi, ha dichiarato lunedì che i servizi di intelligence e i militari israeliani hanno sventato “non meno di dieci attacchi terroristici” nelle ultime due settimane. “Questa al momento è la missione principale delle Forze di Difesa israeliane – ha aggiunto Kochavi – e noi agiremo ovunque sia necessario, e utilizzando tutti i mezzi necessari per fermare il terrorismo”.

Scrive Jesse Edberg: All’inizio di questo mese di Ramadan una discussa personalità politica israeliana ha visitato siti religiosamente significativi a Gerusalemme. I nemici di Israele hanno immediatamente denunciato la visita nei termini più energici. L’Autorità Palestinese l’ha definita una “incursione provocatoria”, Hamas una “pericolosa escalation”, l’anti-israeliano viscerale Sami Abou Shadadeh (che peraltro siede alla Knesset) ha detto che quel personaggio “porta la totale responsabilità di tutte le conseguenze”, vale a dire che servirà da giustificazione per tutti gli attacchi terroristici e i crimini d’odio contro ebrei che faranno seguito. Anche l’establishment israeliano ha preso le distanze, con lo stesso ministro della difesa Benny Gantz che definiva la visita “provocatoria”.

Il ministro degli esteri Yair Lapid (al centro) in visita il 3 aprile alla Porta di Damasco della Città Vecchia di Gerusalemme

No, il personaggio al centro del pandemonio di cui stiamo parlando non è l’estremista di destra Itamar Ben-Gvir (che giovedì scorso ha visitato la spianata delle moschee sul Monte del Tempio ndr), né (l’estremista religioso) Bezalel Smotrich, e nemmeno Benjamin Netanyahu. E’ il ministro degli esteri Yair Lapid. E per scatenare il putiferio di accuse è bastato che il mite e dichiaratemene moderato Yair Lapid passasse attraverso la Porta di Damasco durante un tour di Gerusalemme.

Per i nemici di Israele, non importa nulla chi sei: puoi essere di destra o di sinistra, moderato o estremista, colomba o falco, religioso o laico, ashkenazita o sefardita, non importa niente. Non importa se ti trovi a Gerusalemme o Tel Aviv o persino fuori da Israele. Per loro, se sei ebreo, qualsiasi autentica espressione della tua identità, anche solo un’espressione tanto minima quanto passare attraverso la Porta di Damasco delle mura della Città Vecchia di Gerusalemme, costituisce una minaccia, un’escalation, una intollerabile provocazione, una buona scusa per ammazzare altri ebrei, in Terra d’Israele o in qualche altra parte del mondo. Come biasimarli? Dopotutto sono stati atrocemente “provocati”, no?
(Da: Times of Israel, 5.4.22)

 

Dana Ben-Shimon

Scrive Dana Ben-Shimon: Le recenti violenze nei pressi della Porta di Damasco della Città Vecchia di Gerusalemme riflettono il fatto che la promessa fatta dal presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen agli Stati Uniti e alla Giordania di impegnarsi per evitare un’escalation sono del tutto inutili. In realtà, i suoi sul campo continuano a rilasciare dichiarazioni che non fanno che alimentano fiamme.

Nei colloqui delle scorse settimane fra alti esponenti palestinesi, giordani e americani in merito alla crescente preoccupazione per le probabili violenze, i rappresentanti dell’Autorità Palestinese si erano impegnati a prevenire un’escalation, in particolare a Gerusalemme, durante il mese sacro musulmano del Ramadan. Ma i continui scontri nei pressi della Porta di Damasco dimostrano che l’Autorità Palestinese, in realtà, sta facendo l’esatto contrario.

Israele, da parte sua, ha cercato di allentare le tensioni. Quest’anno (a differenza dell’anno scorso ndr) ha evitato di transennare quel luogo che si è dimostrato così facilmente infiammabile. Alla vigilia del Ramadan il presidente d’Israele Isaac Herzog si è recato in Giordania, così come il ministro della pubblica sicurezza Omer Barlev. Anche il re di Giordania Abdullah ha cercato di fare la sua parte e si è recato a Ramallah per incontrare Abu Mazen. Il monarca giordano vuole preservare la pace e soprattutto mantenere lo status speciale sul Monte del Tempio riconosciuto dai trattati al regno Hascemita.

Per un momento le cose sono sembrate sotto controllo. Ma poco prima del Ramadan, alti esponenti dell’Autorità Palestinese hanno iniziato a rilasciare dichiarazioni bellicose che hanno alimentato le fiamme della violenza. Lunedì Amhad Rawidi, consigliere di Abu Mazen su tutte le questioni di Gerusalemme, ha affermato che “l’occupazione e i coloni intendono compiere massacri [sic]” alla moschea di Al-Aqsa e contro gli abitanti arabi di Gerusalemme. La dichiarazione è stata rilanciata con grande evidenza dai principali mass-media e social network palestinesi, facendo arrivare al pubblico palestinese il messaggio che doveva insorgere a difesa di Gerusalemme e dei luoghi santi dell’islam. Proclami analoghi sono stati fatti anche da membri di Fatah (il movimento che fa capo ad Abu Mazen ndr) e da leader religiosi palestinesi, culminati domenica pomeriggio, poche ore prima che scoppiassero i disordini alla Porta di Damasco, nella dichiarazione del Ministero degli esteri dell’Autorità Palestinese che accusava il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid d’aver “preso d’assalto [sic]” la Porta; cosa che ha immediatamente spinto Hamas, il gruppo terroristico rivale di Fatah, a minacciare Israele che “pagherà” per questo affronto.

Abu Mazen avrà anche detto a israeliani e giordani che non voleva un’escalation, ma non lo ha mai detto alla sua popolazione e non ha detto ai suoi di tenere a freno la lingua. Ciò che interessa al capo palestinese è riportare Gerusalemme e la questione palestinese al primo posto dell’agenda internazionale, e in questo senso le immagini degli scontri a Gerusalemme sullo sfondo delle mura della Città Vecchia fanno il suo gioco. Nabil Abu Rudeineh, il principale consigliere di Abu Mazen, ha dichiarato lunedì che “l’assenza di un orizzonte diplomatico, unita alla continua escalation israeliana contro il popolo palestinese e i luoghi santi e alle irruzioni dei coloni, porterà a un’esplosione non solo in Palestina ma in tutta la regione”. Quindi, in sostanza, anziché disinnescare l’atmosfera altamemte instabile, l’Autorità Palestinese ha scelto di incendiarla e di incolparne Israele.
(Da: Israel HaYom, 5.4.22)

Dichiarazione del presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen durante un incontro a Ramallah con il patriarca greco-ortodosso a Gerusalemme Teofilo III

Abu Mazen: “Sappiamo che il primo obiettivo sionista è svuotare questa terra dei suoi cristiani e musulmani. Loro [gli ebrei] non vogliono nessuno qui oltre a se stessi. I cristiani prima dei musulmani, perché i cristiani erano qui su questa terra prima dei musulmani e non c’è nessuno che possa negarlo. Noi non discriminiamo nessuno di loro. Il musulmano è fratello del cristiano e il cristiano è fratello del musulmano. Celebrano insieme, soffrono insieme, vivono insieme, lavorano insieme e combattono insieme contro il loro nemico, perché siamo i proprietari di questa terra sin da quando questa terra esiste e rimarremo in questa terra per sempre, mentre gli aggressori [ebrei] non hanno nessun posto a Gerusalemme e nessun posto qui”.
(Da: TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, 17.1.22)