I nodi del negoziato israelo-siriano

Poche centinaia di metri la distanza che separa le due posizioni sulla questione del confine

image_2121La distanza fra la posizione israeliana e quella siriana sulla questione territoriale consiste nella richiesta di Damasco che Israele si ritiri sulle linee del 4 giugno 1967 (vigilia della guerra dei sei giorni), mentre Gerusalemme ritiene che qualunque ritiro non debba spingersi al di qua del confine internazionale.
Sul terreno, la differenza fra confine internazionale e linee del 4 giugno ’67 consiste in poche centinaia di metri, ma il punto cruciale è che la richiesta siriana porterebbe sotto il controllo di Damasco la costa nord-orientale del Kinneret (lago di Tiberiade) e alcune sorgenti del Giordano.
Per capire, bisogna fare un passo indietro. Quando nel maggio 1948 nacque Israele, la Siria invase il nuovo stato da nord-est superando il confine internazionale (del 1923) che la divideva dall’ex-Mandato Britannico, e riuscì ad occupare le sorgenti di Banyas, il triangolo di Mishmar Hayarden, il triangolo Almagor, il litorale di Betiha (nord-est del Kinneret) e la riva orientale del fiume Giordano a nord del Kinneret. Con gli Armistizi del 1949, la Siria accettò di ritirare le sue truppe da queste aree trasformandole in zone smilitarizzate. I siriani tuttavia rimasero nella striscia di territorio che garantiva loro il controllo sulle rive del fiume e del lago, e sulle sorgenti di Banyas. Successivamente la Siria si impadronì anche di Hamat Gader e di Nuqeib (a nord di Ein Gev). Queste aree restarono in mani siriane fino alla guerra dei sei giorni del giugno 1967.
Ufficiosamente, da entrambe le parti sono state ventilate diverse ipotesi di compromesso sulla questione territoriale: da quella di creare sul Golan un “parco della pace” (in cui gli israeliani potrebbero entrare senza visto nelle ore diurne), a quella di “affittare” la regione del Golan a Israele per un lungo periodo di tempo (modello Hong Kong).
Tuttavia, la posizione siriana sul tema rimane molto rigida. “La Siria – ha dichiarato giovedì il ministro degli esteri siriano Walid Moallem al giornale arabo edito a Londra Al Hayat – non potrà fare un solo passo avanti nei negoziati prima di ricevere la garanzia che Israele si ritirerà totalmente dalle alture del Golan”.

Oltre alla questione del confine, per arrivare a un trattato di pace tra Siria e Israele i negoziati dovranno affrontare una serie di altre questioni tra loro collegate. In breve:

LEGAMI DELLA SIRIA CON IRAN, HEZBOLLAH E GRUPPI TERRORISTI PALESTINESI (HAMAS E ALTRI). Israele insiste che la Siria si impegni inanzitutto a troncare questi legami. “La pace con la Siria – ha dichiarato giovedì il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livini – passa per la cessazione totale del suo sostegno al terrorismo, a Hamas, a Hezbollah e all’Iran”. Damasco sostiene che la questione sarà semmai oggetto della trattativa insieme alle altre. “Il processo di pace non ammette precondizioni” ha risposto giovedì il ministro dell’informazione siriano Muhsin Bilal (salvo ribadire, subito dopo, la richiesta siriana che Israele si impegni al ritiro totale dal Golan prima di avviare i negoziati). In Israele, i sostenitori del negoziato sostengono che un accordo con Damasco servirebbe anche a staccare la Siria dall’arco islamista perseguito da Teheran (Iran-Siria-Hezbollah-Hamas) e a rafforzare il campo moderato arabo e palestinese. Ma se quei legami non dovessero cessare, il risultato dal punto di vista israeliano potrebbe essere esattamente il contrario, e cioè portare le forze islamiste sul Golan, che domina la Galilea, rafforzando gli estremisti anche in campo palestinese.

RISORSE IDRICHE. La Siria avrebbe recentemente detto all’ex presidente Usa Jimmy Carter d’essere disposta ad impegnarsi a non estrarre acqua dal Kinneret (la maggiore riserva d’acqua dolce d’Israele) in cambio di aiuti finanziari per impianti di desalinizzazione, e di un impegno da parte della Turchia a garantire un sufficiente afflusso d’acqua in Siria.

SGOMBERO DEGLI INSEDIAMENTI. Sull’altopiano del Golan e sulle pendici del Monte Hermon vivono attualmente 14.000 israeliani, in 33 centri abitati (27 kibbutz e moshav, più altri 5 centri e la città di Katzrin). Nei precedenti negoziati era sorta una divergenza fra le parti sull’eventuale calendario di sgombero di queste fiorenti comunità (o, in subordine, sulla loro possibilità di restare in territorio siriano): Israele chiedeva 15 anni di tempo per effettuare uno sgombero ordinato, la Siria sembrava disposta a concederne solo dieci.

COINVOLGIMENTO AMERICANO. La Siria continua a chiedere il coinvolgimento degli Stati Uniti nei negoziati perché è interessata a un mutamento dell’atteggiamento di Washington, che finora la mantiene nella lista dei paesi “fuorilegge”.

SMILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO SIRIANO A EST DEL CONFINE CONCORDATO. La Siria chiede che Israele crei una uguale zona smilitarizzata a ovest del futuro confine. Tutti da decidere i criteri con cui stabilire caratteristiche, estensione e controllo di queste aree smilitarizzate.

NORMALIZZAZIONE DEI RAPPORTI. Israele punta a una pace completa, con apertura delle frontiere agli scambi commerciali, culturali, turistici. Evidente il risvolto strategico: nessun israeliano vorrebbe una “pace gelida” con una Siria tornata sul Golan, militarmente “in simbiosi” con l’Iran e fortemente sospettata d’aver tentato avventure nucleari in combutta con la Corea del Nord. D’altra parte, molti ritengono che il regime dittatoriale della minoranza alawita che domina a Damasco difficilmente potrebbe sopravvivere a una piena apertura con la democrazia israeliana. In teoria la Siria si è impegnata a “normalizzare” i rapporti con Israele in cambio del ritiro dalle terre occupate nel ’67 (iniziativa saudita approvata dalla Lega Araba nel 2002). Ma, proprio sulla base di quel documento, Damasco potrebbe rifiutarsi di “normalizzare” finché Israele non avrà ceduto tutta la Cisgiordania e Gerusalemme est.

GIURISDIZIONE ISRAELIANA. Una legge approvata dalla Knesset il 14 dicembre 1981 ha esteso alle Alture del Golan “la legislazione, giurisdizione e amministrazione dello stato” israeliano. Questa legge potrebbe costituire un ostacolo il giorno in cui il governo chiedesse alla Knesset di approvare lo sgombero delle comunità israeliane dal Golan. In passato, sia Yitzchak Rabin che Ehud Barak avevano prospettato l’ipotesi di sottoporre l’eventuale accordo con la Siria a un referendum nazionale (istituto che peraltro non è previsto dalla legge israeliana e che dunque andrebbe appositamente creato).

(Da: israele.net, Ha’aretz, Jerusalem Post, 22.05.08)

Nell’immagine in alto: La linea di confine fra Israele e Siria dal 1949 al 1967