I numeri di un possibile compromesso territoriale

Secondo indiscrezioni, Israele cederebbe il 90% della Cisgiordania conservando l’80% degli insediamenti

I negoziati a porte chiuse tra Israele e Autorità Palestinese sui possibili contorni del futuro stato palestinese e su quanti e quali insediamenti Israele potrà conservare sarebbero ormai giunti a una questione di pochi punti percentuale, con entrambe le parti d’accordo in linea di principio che il grosso degli insediamenti ebraici in Cisgiordania passerebbe sotto sovranità israeliana grazie a uno scambio di territori da inserire nell’accordo finale.

Citando fonti anonime israeliane, palestinesi e americane molto vicine ai negoziati, il sito Walla News ha riferito giovedì che Israele starebbe puntano ad attribuirsi circa il 10% della Cisgiordania mentre i palestinesi punterebbero ad attribuire a Israele non più del 3%. Secondo il reportage, assegnando a Israele dal 3 al 10% della Cisgiordania, circa il 70-80% degli attuali insediamenti ebraici resterebbero sotto sovranità israeliana. Stando a quanto affermato da una fonte di parte americana, “è chiaro che Israele in linea di principio è disposto a rinunciare al controllo sul 90% della Cisgiordania”.

Secondo i rappresentanti sia israeliani che palestinesi citati nel reportage di Walla News, i palestinesi avrebbero accettato l’assegnazione a Israele del blocco Gush Etzion (il gruppo di comunità ebraiche immediatamente a sud di Gerusalemme assediato e distrutto nel 1948 e ricostruito a partire dal 1967), ma stanno discutendo sugli insediamenti di Efrat e Migdal Oz che si trovano a est della Strada 60, la grande arteria nord-sud che corre da Nazareth a Beersheba attraversando Gerusalemme, Hebron e gran parte della Cisgiordania. Israele starebbe cercando di trattenere anche diverse piccole comunità nelle immediate vicinanze di Ma’ale Adumim, poco a est di Gerusalemme, ma i palestinesi si sarebbero opposti, stando a quanto riferisce il reportage. In passato Israele ha più volte affermato che conta di mantenere il controllo della città di Ma’ale Adumim.

Entrambe le parti avrebbero convenuto che gli insediamenti che si trovano più o meno lungo la ex linea armistiziale (che divideva Israele e Giordania nel periodo 1949-’67) saranno inclusi in Israele, così come Givat Ze’ev, alle porte settentrionali di Gerusalemme. Insediamenti ebraici più isolati come Beit El, Ofra e altri nella regione di Samaria (Cisgiordania settentrionale) non sarebbero invece candidati all’annessione, ma per queste comunità Israele starebbe pensano a una formula basata su contratti di locazione a lungo termine (un po’ sull’esempio della formula che ha funzionato fra Gran Bretagna e Cina per l’enclave di Hong Kong).

Gerusalemme: attuali confini municipali ed ex linea armistiziale 1949-’67

Il servizio di Walla News non tocca la questione di Gerusalemme est, o più precisamente della parti di Gerusalemme a nord, a est e a sud della ex linea armistiziale che divideva in due la città nel periodo 1949-’67. Israele ha formalmente riunificato Gerusalemme, mentre i palestinesi vorrebbero ridividerla per stabilire la propria capitale nella parte orientale della città. Ma al di là della ex linea armistiziale si trovano numerosi grandi quartieri ebraici come Gilo, Pisgat Ze’ev e Har Homa, da cui è assai improbabile che Israele intenda separarsi.

Il futuro di insediamenti come Ariel e Karnei Shomron, nel nord della Cisgiordania, non è chiaro. I palestinesi si sono dichiarati estremamente contrari alla loro assegnazione a Israele. Per l’Autorità Palestinese è di grande importanza creare uno stato palestinese dotato di “continuità territoriale” e confini “ragionevoli”, e difficilmente potrebbe accettare uno stato “la cui mappa sia frastagliata”, stando alle fonti citate nel reportage. Il quale ricorda anche che Israele cerca di “mantenere una presenza” nella città di Hebron (la cui comunità ebraica venne massacrata nel pogrom arabo del 1929), ma non fa menzione del possibile status di Kiryat Arba, un importante insediamento appena fuori la città, né delle piccole comunità ebraiche che sorgono nell’area circostante.

In cambio, Israele offrirebbe di cedere allo stato palestinese suoi territori adiacenti alla parte sud della Cisgiordania e non lontani da Hebron, così come una zona vicino a Bet She’an, nel nord (come si sa, l’ipotesi che Israele ceda al futuro stato palestinese città e villaggi abitati da arabi israeliani, che pure amano definirsi “palestinesi”, incontra una fortissima opposizione da parte degli stessi interessati). Stando al reportage, Israele avrebbe anche avanzato la possibilità di compensazioni monetarie e altre forme di assistenza economica in cambio dei territori che vorrebbe mantenere.

Inoltre gli americani starebbero tentando di convincere le due parti ad accettare la creazione di una “strada garantita” di collegamento fra Cisgiordania e striscia di Gaza, ma questa idea, già emersa più volte nelle tornate negoziali degli anni scorsi, è resa molto complicata dalla situazione della sicurezza nella striscia di Gaza, che dal 2007 è completamente controllata dal gruppo terroristico islamista Hamas. Israele non si oppone all’idea, ha spiegato un funzionario, ma la sua attuazione dipende dagli “sviluppi a Gaza”. D’altra parte, se le due parti arrivassero a un tale accordo, aggiunge il funzionario, si creerebbe una forte pressione su Hamas perché si adattasse a rispettare un accordo di pace generale.

Tra poco il Segretario di stato americano John Kerry dovrebbe presentare il cosiddetto “accordo-quadro”, un documento non vincolante destinato a delineare i termini di un accordo sullo status finale sulla base di principi concordati fra le due parti.

(Da: Times of Israel, 6.2.14)