“I paesi arabi hanno paura di dire la verità ai palestinesi”

Dati alla mano, l’ambasciatrice americana Haley sferza gli stati che si nascondono dietro discorsi intransigenti e danno ben pochi aiuti ai palestinesi, lasciando che la loro dirigenza viva in una realtà illusoria

Di Nikki Haley

Nikki Haley durante il suo intervento di martedì al Consiglio di Sicurezza dell’Onu

Dall’intervento dell’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, al dibattito del Consiglio di Sicurezza sul Medio Oriente (24 luglio 2018)

L’obiettivo principale delle mie osservazioni, oggi, è quello di fare luce su un altro elemento importante, e spesso trascurato, quando si tratta della comunità palestinese. Se si dovesse giudicare l’impegno di ogni nazione nei confronti del popolo palestinese in base alle parole pronunciate nel Consiglio di Sicurezza e nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si ricaverebbe un’immagine estremamente distorta.

Qui all’Onu, a migliaia di chilometri di distanza dai palestinesi che hanno necessità reali, non ci sono limiti ai discorsi in loro nome. I paesi, uno dopo l’altro, professano solidarietà verso il popolo palestinese. Se quelle parole fossero utili nelle scuole, negli ospedali e nelle strade delle loro comunità, i palestinesi non si troverebbero a fare i conti con le condizioni disperate di cui stiamo discutendo oggi. Parlare non costa nulla. Nessun gruppo di paesi è più generoso coi palestinesi, a parole, di quanto lo siano i loro vicini arabi, e altri stati membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica. Ma tutte le parole pronunciate qui a New York non danno cibo, abiti e istruzione a un solo bambino palestinese. Tutto ciò che fanno è irritare la comunità internazionale.

Aiuti bilaterali Usa ai palestinesi (clicca per ingrandire)

Si consideri ad esempio l’Unrwa [l’agenzia Onu per i profughi palestinesi]. L’anno scorso il contributo dell’Iran all’Unrwa è stato pari a zero. Il contributo dell’Algeria all’Unrwa è stato pari a zero. Il contributo della Tunisia all’Unrwa è stato pari a zero. Altri paesi hanno fornito qualche finanziamento: il Pakistan ha dato 20.000 dollari, l’Egitto ha dato 20.000 dollari, l’Oman ha dato 668.000 dollari. Ma non sono solo i paesi arabi e islamici che meritano di essere messi in evidenza. Vi sono altri paesi che parlano tanto della causa palestinese. Nel 2017 la Cina ha dato all’Unrwa 350.000 dollari. La Russia ha dato all’Unrwa due milioni di dollari. Salendo nella lista, la Turchia ha dato 6,7 milioni, il Kuwait ha dato nove milioni, gli Emirati Arabi Uniti hanno dato 12,8 milioni.

Di nuovo, se si giudica l’impegno di una nazione nei confronti del popolo palestinese in base alle parole ascoltate in questa sala, si potrebbe giungere alla conclusione che gli Stati Uniti sono meno generosi, semplicemente perché qui all’Onu siamo orgogliosamente a fianco del nostro alleato Israele. Ma, di nuovo, questa conclusione sarebbe completamente falsa. L’anno scorso, mentre l’Algeria non versava nulla all’Unrwa e la Turchia versava 6,7 milioni di dollari, gli Stati Uniti versavano 364 milioni di dollari: pari a dieci volte la somma degli importi di tutti i paesi che ho appena nominato messi insieme. E questo va ad aggiungersi a ciò che gli americani danno ogni anno ai palestinesi in termini di assistenza bilaterale, vale a dire altri 300 milioni di dollari solo l’anno scorso e mediamente, dal 1993, più di 250 milioni di dollari ogni anno. Da quell’anno, gli Stati Uniti hanno fornito oltre 6 miliardi – sottolineo: miliardi – di dollari in assistenza bilaterale ai palestinesi. Quanto hanno dato ai palestinesi i paesi arabi, alcuni dei quali sono paesi ricchi? Non si avvicina neanche minimamente a ciò che hanno fatto gli Stati Uniti. Le parole alle Nazioni Unite o le opere nelle strade e nelle scuole delle comunità palestinesi: quale delle due conta di più?

Ramallah, settembre 2011: manifestazione palestinese contro gli aiuti Usa

A giudicare dal veleno che viene diretto contro gli Stati Uniti dai rappresentanti palestinesi, compreso quello che è qui oggi, e da alcuni dei loro alleati, si potrebbe legittimamente concludere che il nostro sostegno non è apprezzato né gradito. Gli americani sono gente molto generosa. Siamo gente orientata in senso umanitario. E continuiamo a cercare i modi per aiutare il popolo palestinese, la cui difficile condizione ci preoccupa sinceramente. Ma non siamo stupidi. Se tendiamo la mano in amicizia e generosità, non ci aspettiamo che venga morsa. E quando tendiamo la mano, ci aspettiamo che anche gli altri tendano la loro mano.

Cosa importante, non si tratta solo di un problema di finanziamenti. Dove sono i paesi arabi quando si tratta di incoraggiare la riconciliazione tra le fazioni palestinesi, che è essenziale per la pace? Dove sono i paesi arabi quando si tratta di denunciare il terrorismo di Hamas? Dove sono i paesi arabi quando si tratta di sostenere i compromessi necessari per la pace? Troppo spesso i paesi arabi si limitano a dare quel tanto di denaro e a declamare parole abbastanza intransigenti per non entrare nel mirino dei rappresentanti palestinesi. Ma se davvero si preoccupassero del popolo palestinese, non lo farebbero. Al contrario, condannerebbero l’estremismo e avanzerebbero idee serie per arrivare a compromessi che possano porre fine a questa lotta e condurre a una vita migliore per il popolo palestinese. Direbbero ai dirigenti palestinesi quanto appaia insensato che condannino una proposta di pace che non hanno ancora visto.

Per troppo tempo si è permesso ai dirigenti palestinesi di vivere in una falsa realtà, perché i leader arabi hanno paura di dire loro la verità. Gli Stati Uniti dicono la verità, perché noi abbiamo davvero a cuore il popolo palestinese.

Ma dovremmo tutti riconoscere che le necessità dei palestinesi non sono un problema americano più di quanto non siano un problema russo o un problema francese. E certamente non sono un problema americano più di quanto non siano un problema egiziano, saudita, degli Emirati o turco. Quindi, la prossima volta che terremo una riunione come questa, nel Consiglio di Sicurezza o nell’Assemblea Generale, e ascolteremo un discorso dopo l’altro sulla condizione del popolo palestinese, vorrei chiedere a coloro che faranno quei discorsi di considerare ciò che il loro paese sta facendo per aiutare concretamente, a parte tenere discorsi. È tempo che gli stati, in particolare quelli della regione,  intensifichino i veri aiuti al popolo palestinese, invece di fare discorsi a migliaia di chilometri di distanza.

(Da: usun.state.gov, 24.7.18)