I paesi arabi non intendono impegnarsi più di tanto contro i progetti israeliani in Cisgiordania

Alto funzionario saudita: “I palestinesi sono stati intransigenti quando c’era Obama. Se sprecano anche l’occasione del piano Trump, resteranno a mani vuote”

Di Daniel Siryoti

Daniel Siryoti, autore di questo articolo

Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha detto martedì che l’Autorità Palestinese “cercherà chiarimenti” sulle notizie secondo cui molti stati arabi moderati non intenderebbero opporsi sul serio al progetto israeliano di applicare la sovranità su porzioni di Giudea, Samaria e Valle del Giordano.

In effetti, diverse fonti arabe hanno riferito a Israel HaYom che i leader arabi moderati, benché preoccupati che l’annessione unilaterale di quelle aree in Cisgiordania possa precipitare la regione in uno scontro violento, dietro le quinte fanno capire che non intendono impegnarsi più di tanto per impedire a Israele di perseguire il progetto.

Pubblicamente i sovrani di Giordania, Egitto, Arabia Saudita e stati del Golfo Persico hanno tutti avvertito Israele che una mossa unilaterale sulla sovranità alimenterebbe delle ostilità che potrebbero destabilizzare la regione. Re Abdullah di Giordania ha persino avvertito che la mossa porterebbe Amman e Gerusalemme su una rotta di collisione che potrebbe mettere a repentaglio il trattato di pace firmato dai due paesi nel 1994. E ha messo in guardia che la mossa potrebbe accelerare il crollo dell’Autorità Palestinese.

Tuttavia, alti funzionari dei paesi arabi moderati chiariscono che, nonostante la posizione panaraba pubblicamente avversa al piano di annessione, dietro le quinte la mossa non viene osteggiata con la forza che i palestinesi vorrebbero. Nei mesi scorsi diversi leader arabi hanno incontrato il consulente della Casa Bianca Jared Kushner e l’inviato americano in Medio Oriente Avi Berkowitz, incaricati di supervisionare l’attuazione del piano di pace americano per il Medio Oriente. Fonti ben informate su questi incontri affermano che i leader arabi, pur criticando pubblicamente il piano Usa, in sostanza hanno dato ai due rappresentanti americani il via libera alla continuazione dei lavori del Comitato congiunto Usa-Israele incaricato di mappare le aree che verrebbero incluse nel piano di annessione.

Re Abdullah di Giordania (a sinistra) e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman

Un alto funzionario giordano ha detto a Israel HaYom che “se la Giordania sospendesse o annullasse l’accordo di pace [con Israele], minerebbe la sua posizione di custode dei luoghi sacri islamici a Gerusalemme. Inoltre, il re preferisce vedere truppe israeliane vicino al confine occidentale della Giordania [la valle del Giordano] anziché forze palestinesi o una missione multinazionale. Le forze di sicurezza giordane – continua la fonte – hanno stretti rapporti con le loro controparti israeliane e, con il dovuto rispetto per gli interessi palestinesi, il re si preoccupa di più degli interessi della Giordania. Vuole mantenere lo status del regno a Gerusalemme e le sue buone relazioni con il presidente americano”.

La posizione del funzionario giordano è condivisa da alti funzionari della sicurezza al Cairo, a Riyad e ad Abu Dhabi. Un alto diplomatico considerato un confidente del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha detto a Israel HaYom che l’Arabia Saudita, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti coordinano la loro posizione non ufficiale sul piano di annessione israeliano. “La posizione panaraba ufficiale è contraria a qualsiasi mossa che possa violare gli interessi palestinesi e il loro diritto a uno stato indipendente – sottolinea la fonte – Tuttavia, i palestinesi devono capire che il mondo intero e in particolare gli stati arabi hanno conosciuto grandi cambiamenti dopo la conferenza di Khartum [dove la Lega Araba nel settembre 1967 decretò i famosi tre no al negoziato, al riconoscimento e alla pace con Israele]. Oggi il riconoscimento dell’esistenza di Israele è un dato di fatto. Con tutto il rispetto per le migliaia di palestinesi che vivono nella Valle del Giordano –  continua il funzionario saudita – stati arabi come Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Giordania non metteranno a repentaglio, per loro, i rapporti con l’amministrazione americana. La nostra ipotesi di lavoro è che Trump vincerà le elezioni e governerà per un secondo mandato. I palestinesi non hanno saputo approfittare dell’amministrazione Obama, che simpatizzava per la loro causa, e hanno continuato a puntare i piedi con intransigenza. È tempo che Abu Mazen e i suoi consiglieri della vecchia guardia si sveglino e si rendano conto che gli interessi globali e regionali sono cambiati. Se ancora una volta sprecheranno l’occasione di istituire uno stato indipendente e sovrano a fianco di Israele a causa della Valle del Giordano e di alcuni insediamenti, si ritroveranno a mani vuote per altri vent’anni”.

Un alto funzionario della sicurezza egiziana ha detto a Israel HaYom che i governanti arabi moderati, guidati dal presidente egiziano Abdel Fattah el-Sissi, dal principe ereditario saudita, dal re giordano Abdullah e dai sovrani del Golfo Persico, “considerano più importante impedire all’Iran di conseguire l’egemonia sciita in Medio Oriente rispetto alla questione palestinese. Stati Uniti e Israele sono molto importanti nella lotta contro l’Iran. Nessun leader arabo metterà a repentaglio, per i palestinesi, il vitale interesse del proprio paese a frenare l’espansione iraniana”.

(Da: Israel HaYom, 27.5.20)