I palestinesi mentono da anni. Fino a quando possono farla franca?

Non si può sottovalutare l'importanza del crescente disgusto in vari paesi arabi per un movimento palestinese che da troppo tempo racconta menzogne contradditorie

Di Hillel Frisch

Hillel Frisch, autore di questo articolo

Piace pensare che cittadini del mondo mediamente istruiti e stimabili si rifiutino di credere a bugie che si contraddicono a vicenda. Ma è così? Le affermazioni dell’Autorità Palestinese, di Hamas e dei tanti siti mediatici da loro generati e supportati, per lo più con l’aiuto dell’Unione Europea (che ormai dovrebbe saperlo bene), mettono alla prova questi stimabili cittadini.

Rappresentanti dell’Autorità Palestinese e membri del movimento BDS per il boicottaggio contro Israele accusano spesso Israele di perpetrare una inesorabile “pulizia etnica”. Allo stesso tempo, in arabo, si vantano del potere rappresentato dall’utero delle donne palestinesi, che a medio-lungo termine riusciranno a sopraffare Israele. Con tutta evidenza, la seconda affermazione contraddice la prima. In realtà, nessuna delle due è corretta. È vero che i palestinesi registrano un alto tasso di crescita della popolazione, il che sbugiarda la menzogna della supposta “pulizia etnica”. D’altra parte il loro tasso di fertilità, così come anche altrove nel mondo arabo, sta rapidamente diminuendo, specialmente in Giudea e Samaria (Cisgiordania ndr).

La pratica palestinese di mentire in opposte direzioni è ben illustrata dal ricorso al termine usato dappertutto per descrivere il rapporto fra Israele e la sua patria storica: “occupazione”. La semplice menzione della striscia di Gaza evoca quasi immediatamente un riferimento alla “occupazione” israeliana, nonostante il fatto incontrovertibile che Israele nel 2005 ha ritirato fino all’ultimo uomo, donna e bambino ebreo della striscia a Gaza e ne ha ceduto il controllo. Tuttavia, anche se Israele sta misteriosamente continuando la sua virtuale “occupazione” di Gaza, Hamas, Jihad Islamica e le rispettive ali militari tengono ogni anno una grande celebrazione per commemorare la “liberazione” di Gaza da Israele, che loro considerano un primo passo verso la completa “liberazione” della Palestina “dal fiume al mare”, cioè verso la distruzione di Israele. Gaza è quindi contemporaneamente occupata e liberata. Una rimarchevole prodezza.

Fedeli musulmani in preghiera sul Monte del Tempio, a Gerusalemme, rivolti verso La Mecca

Mentre denigrano Israele per come tratterebbe i musulmani riguardo all’accesso al Monte del Tempio di Gerusalemme (dove sorge la moschea di al-Aqsa ndr), allo stesso tempo sottolineano spesso e volentieri che centinaia di migliaia di fedeli musulmani vi sono affluiti per “difendere” i luoghi santi musulmani, un fatto documentato dai mass-media sostenuti dai palestinesi. Ma se Israele è così intollerante e intransigente verso il diritto al culto dei musulmani, com’è che centinaia di migliaia di fedeli musulmani possono radunarsi nel sito ogni volta che i loro capi li incitano a farlo?

Mentre calunniano Israele accasandolo di intolleranza religiosa, l’Autorità Palestinese, Hamas e la maggior parte delle altre fazioni non possono sopportare la vista di religiosi ebrei che visitano il Monte del Tempio e che vorrebbero potervi praticare il loro culto condividendo lo spazio con i fedeli musulmani. La sola presenza dei fedeli ebrei viene denunciata come un “assalto” e una “profanazione”. Presso le tombe dei Patriarchi, a Hebron, i palestinesi spesso descrivono le visite degli ebrei come una “infestazione ” (tadnis) ad opera di “branchi di coloni”. Allo stesso tempo, l’Autorità Palestinese e Hamas continuano a vantare l’intrinseca tolleranza dell’islam, della società islamica e delle numerose e varie entità islamiche del passato.

Da tempo i palestinesi sono abituati a farla franca con le bugie contraddittorie della loro propaganda davanti al pubblico occidentale pieno di buone intenzioni. Ma queste non sono le uniche persone che ascoltano, e da altri ambienti giungono chiari segnali che la pazienza sta venendo meno. Gli accordi di pace firmati da Israele con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein hanno principalmente a che fare con i fattori tipici che determinano il comportamento strategico degli stati: una minaccia comune (l’Iran), un potente alleato comune (gli Stati Uniti), la prospettiva di vantaggi economici e tecnologici derivanti dalla pace. Ma non si può sottovalutare l’importanza del crescente disgusto in vari paesi arabi per un movimento palestinese che continua a mentire da troppo tempo.

La stessa Autorità Palestinese nacque nel 1994 come risultato di un processo negoziale fra Olp e Israele (il “processo di Oslo”). Quindi, come può negare il diritto degli stati arabi a negoziare con quello stesso stato d’Israele? Dal canto suo, Hamas pretende che gli stati arabi siano in uno stato di chiusura e guerra perpetua con Israele mentre, allo stesso tempo, tratta periodicamente con Israele per riempire le sue casse e distribuire un po’ di benefici con cui placare la popolazione di Gaza. I palestinesi dovrebbero rendersi conto che, prima o poi, in qualche modo la verità viene a galla.

(Da: jns.org, 24.9.20)