I palestinesi pongono una lista di nuove condizioni per proseguire il negoziato
Dopo che Abu Mazen si è rivolto unilateralmente agli enti internazionali, Israele cancella la scarcerazione del quarto gruppo di detenuti

Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat e quello israeliano Tzipi Livni (in una immagine d’archivio)
I palestinesi hanno compilato una nuova lista di condizioni per acconsentire a continuare il negoziato: si va dalla scarcerazione di circa 1.200 detenuti palestinesi, ad un impegno scritto da parte di Israele ad accettare uno stato palestinese lungo le linee pre-’67 e con la parte est di Gerusalemme come sua capitale.
Questa la lista che è stata presentata alla dirigenza dell’Olp a Ramallah dal capo negoziatore palestinese Saeb Erekat e da Mohammed Al-Aalul, membro del comitato centrale di Fatah (riportata giovedì dall’agenzia palestinese Ma’an):
1. Impegno scritto da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che i confini del futuro stato palestinese saranno lungo la ex linea armistiziale ’48-’67 (“linea verde”) e che la sua capitale sarà Gerusalemme est.
2. Scarcerazione di 1.200 detenuti palestinesi, compresi i capi Marwan Barghouti, Ahmed Saadat e Fuad Shubkhi (condannati in Israele per terrorismo).
3. Fine del “blocco” sulla striscia di Gaza con apertura dei valichi di confine e formulazione di modalità per l’afflusso di beni a Gaza.
4. Cessazione di tutte le attività edilizie a Gerusalemme est.
5. Divieto alle Forze di Difesa israeliane di entrare nelle Aree A di Cisgiordania (sotto giurisdizione autonoma dell’Autorità Palestinese in seguito agli Accordi di Oslo) per condurre azioni di anti-terrorismo.
6. Passaggio sotto controllo dell’Autorità Palestinese di Aree C (attualmente sotto controllo israeliano in base agli Accordi ad interim di Oslo).
7. Permesso di rientro in Cisgiordania per i palestinesi noti come “gli espulsi della Chiesa della Natività”, un gruppo di terroristi che il 2 aprile 2002 si barricarono con le loro armi dentro la Basilica della Natività a Beltlemme e furono successivamente espulsi verso la striscia di Gaza e alcuni paesi europei.
8. Concessione della cittadinanza israeliana a 15.000 palestinesi nel quadro di un programma di riunificazioni familiari e riapertura a Gerusalemme est di un certo numero di agenzie palestinesi come la Orient House (chiuse dalla autorità israeliane perché violavano gli Accordi di Oslo).

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), in un’immagine d’archivio
I negoziati di pace sembrano dunque essere giunti sull’orlo del collasso, tra accuse reciproche. Fonti palestinesi hanno detto all’agenzia Ma’an che un incontro di nove ore, mercoledì notte, tra l’inviato Usa Martin Indyk, Saeb Erekat, il capo dell’intelligence palestinese Majid Faraj ei negoziatori israeliani Yitzhak Molcho e Tzipi Livni si è risolto in un “violento scontro politico” senza dare risultati.
Le nuove condizioni illustrate da Erekat devono essere state presentate nel corso della maratona negoziale notturna e presumibilmente respinte dai negoziatori israeliani. Per contro, Israele ha chiesto che la parte palestinese ritirasse formalmente le domanda di adesione unilaterale alle agenzie Onu, ma la risposta Erekat, stando all’agenzia Ma’an, è stata che Abu Mazen non ritirerebbe quelle domande neanche se da questo dipendesse la sua vita.
Giovedì sera, al termine di queste convulse ventiquattro ore, Israele ha formalmente annullato la scarcerazione del quarto gruppo di detenuti palestinesi spiegando che la decisione presa dall’Autorità Palestinese di inoltrare unilateralmente all’Onu la domanda di adesione a 15 enti e convenzioni internazionali (senza essere arrivati a un accordo con Israele) costituisce un’aperta violazione dell’impegno che i palestinesi si erano assunti, in cambio delle scarcerazioni da parte di Israele, di negoziare senza procedere con ricattatorie mosse unilaterali. Tzipi Livni, ministro della giustizia e capo negoziatore israeliano, aveva sottolineato nell’incontro di mercoledì notte con Erekat che i colloqui di pace non possono fare passi avanti attraverso misure unilaterali, e aveva invano esortato i palestinesi a ritirare la manovra e tornare al tavolo delle trattative.
Tzipi Livni ha spiegato che la mossa unilaterale dei palestinesi è arrivata in un momento in cui sapevano benissimo che Israele stava lavorando in modo concreto e coordinato per arrivare a un’intesa che avrebbe portato alla prevista scarcerazione dei detenuti. Ma tale scarcerazione dipendeva dal fatto che i palestinesi mantenessero il loro impegno di non fare mosse unilaterali presso le organizzazioni internazionali per cui, ha concluso Livni, “in queste condizioni Israele non può procedere con la scarcerazione del quarto gruppo”.
(Da: YnetNews, Times of Israel, Jerusalem Post 3.4.14)