I palestinesi sono prigionieri della loro narrazione di fantasia

Inchiodati a una falsa storia, a false accuse e alla falsa convinzione d’avere tutte le ragioni, i palestinesi non riescono a essere né pragmatici né autocritici né ad accettare alcun compromesso

Di Fred Maroun

Fred Maroun, autore di questo articolo

Nel conflitto israelo-palestinese vi sono massimalisti da entrambe le parti: sono quelli che vogliono tutta la Terra d’Israele/Palestina e non riconoscono all’altra parte alcun legittimo diritto sulla terra. Ma la simmetria finisce qui. Nonostante i massimalisti presenti tra di loro, gli israeliani hanno ripetutamente accettato di accontentarsi di molto meno di tutto, mentre i palestinesi non hanno mai accettato qualcosa di meno di tutto, col risultato di lasciare ai palestinesi praticamente niente e a Israele praticamente tutto. È facile saltare alla semplicistica conclusione che, siccome i palestinesi hanno così poco e Israele ha così tanto, Israele deve essere per forza quello colpevole. Ma è una conclusione sbagliata.

Il problema profondamente radicato dei palestinesi è che si sono convinti così tanto della narrazione da loro stessi costruita che sono completamente incapaci di staccarsene. Come mi è già capitato di sottolineare, anche i palestinesi più orientati verso la pace non sono in grado di accettare qualcosa di meno di tutto. Nella narrazione palestinese, gli ebrei sono colonialisti europei che hanno rubato il loro paese, la Palestina, e se i palestinesi resisteranno abbastanza a lungo, i colonialisti saranno fiaccati e se ne andranno proprio come in passato se ne sono andati altri colonialisti. Il problema con questa narrazione è che in essa c’è ben poco che assomigli alla realtà.

Gli ebrei hanno millenni di storia in Terra d’Israele, molto più lunga della storia araba palestinese. Non c’è mai stato, in nessun momento della storia, uno stato indipendente chiamato Palestina, e lo stesso popolo palestinese è uno sviluppo recente, molto più recente del popolo ebraico. I palestinesi preferiscono anche ignorare il fatto che gli ebrei hanno ricostruito Israele in parte per necessità, giacché avevano assoluto bisogno di uno stato in cui potessero stare al sicuro. Per ironia della sorte, la martellante retorica anti-israeliana dei palestinesi contribuisce ad alimentare l’odio anti-ebraico rendendo il mondo ancora meno sicuro per gli ebrei, che sono quindi ancora meno inclini ad abbandonare l’unico stato in cui sono in maggioranza e possono autogovernarsi.

Manifestazione anti-israeliana a Washington. Sul cartello a sinistra: “Gaza è l’Olocausto di oggi”. Sul cartello di destra: “Dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo) la Palestina sarà libera”. Inchiodati a una falsa narrazione e obiettivi illusori, i palestinesi condannano se stessi e il loro futuro

Aggrappati come sono alla loro falsa versione della storia, i palestinesi non possono permettersi di essere pragmatici. Ad esempio, nel 2012 il leader palestinese Abu Mazen in un momento di temporanea assennatezza riconobbe che i palestinesi dovrebbero abbandonare la pretesa di un incondizionato “diritto al ritorno”. Ma dopo essere stato pesantemente svillaneggiato, è tornato alla solita posizione irrazionale che consiste essenzialmente nel rivendicare due stati arabo-palestinesi anziché uno stato arabo-palestinese e uno stato ebraico.

Convinti come sono che errori e torti sono tutti dalla parte israeliana e nessuno dalla loro parte, i palestinesi sono incapaci di scendere a compromessi. In effetti quasi nessuno accetterebbe un compromesso in una situazione del genere, se fosse reale. Il secco rifiuto palestinese di accettare che gli ebrei possano pregare, anche solo silenziosamente, sulla spianata del Monte del Tempio di Gerusalemme, è un altro sintomo del loro distacco dalla realtà. La loro narrazione non consente di accettare il fatto che l’islamico Haram al-Sharif è anche il Monte del Tempio ebraico, per cui vedono come una minaccia anche un’innocua preghiera.

Un altro fattore che complica le cose è che la falsa narrazione dei palestinesi ha necessariamente portato alla creazione di tutta un’intricata rete di ulteriori falsità con cui devono rattoppare la narrazione nel disparato tentativo di impedire che cada a pezzi come una vecchia coperta tenuta insieme a malapena da molti rammendi antiestetici. In questa narrazione estesa, gli ebrei avrebbero perpetrato la pulizia etnica dei palestinesi. Poco importa che siano stati gli arabi a ripulire etnicamente gli ebrei da ogni porzione di terra che hanno conquistato o occupato, inclusa la Cisgiordania, mentre molti palestinesi sono rimasti in Israele. Nella narrazione estesa, Israele sarebbe uno stato di apartheid. Poco importa che gli israeliani non ebrei abbiano gli stessi diritti degli ebrei israeliani e che in Israele vi siano arabi alla Corte Suprema, in parlamento e anche nella coalizione di governo. Nella narrazione estesa, Israele violerebbe continuamente i diritti umani dei palestinesi. Poco importa che Israele fornisca beni agli abitanti di Gaza anche quando da Gaza lanciano razzi contro Israele cercando di uccidere i suoi civili. Poco importa che Israele abbia più volte acconsentito a soluzioni a due stati che avrebbero permesso ai palestinesi di autogovernarsi. Poco importa che i terroristi palestinesi minaccino e cerchino incessantemente di attaccare i civili israeliani, mentre Israele fa di tutto per evitare vittime civili palestinesi. In altre parole, nella narrazione palestinese poco importano i fatti.

Il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen: “…giacché la parte palestinese non ha attaccato e non ha fatto nulla contro gli israeliani”: un mondo scollegato dai fatti

In quel mondo scollegato dai fatti non c’è spazio per pensieri razionali tipo: “Abbiamo fatto un errore enorme, nel 1948, rifiutando l’indipendenza d’Israele basata sul piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947, quindi cerchiamo di essere ragionevoli almeno ora, in modo da poter avere finalmente uno stato”. Molti riconoscono che i palestinesi sono un popolo. Molti sostengono il diritto palestinese all’autodeterminazione. Molti vorrebbero tanto che i palestinesi avessero un loro stato. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è uno di questi, e lo ha detto più volte. Lo ha ripetuto anche di recente all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ma chiunque non accetti di sciropparsi l’intera narrazione palestinese senza la minima obiezione viene visto non come un possibile alleato, ma come un nemico. Quando Biden ha affermato l’ovvia verità che Israele ha il diritto di difendersi è stato insolentito dall’ala filo-palestinese del suo stesso partito.

Disperatamente aggrappati alla loro falsa narrazione, i palestinesi si stanno isolando sempre più, anche all’interno del mondo arabo. Si sono messi nell’angolo da soli. Il mondo sta passando dal voler aiutare i palestinesi non sapendo come fare, al lasciare perdere del tutto i palestinesi. Ciò non significa che l’odio contro Israele e gli ebrei stia diminuendo. Anzi. Ma quell’odio diventa sempre più spesso puro e semplice antisemitismo diretto contro gli ebrei di tutto il mondo, con scarso impatto su Israele. Oggi nessuno che abbia una vera posizione di potere prende più sul serio le lamentele palestinesi. Certo, le Nazioni Unite votano spesso delle condanne di Israele, ma quei voti non hanno conseguenze reali. Vien da chiedersi se alcuni paesi votino quelle risoluzioni delle Nazioni Unite semplicemente per sgravarsi del senso di colpa per il fatto di non aiutare i palestinesi in modo reale.

Questo non vuol dire che tutte le critiche a Israele non siano valide. Ma il problema, nel dare visibilità alle legittime rimostranze palestinesi, è che esse tendono a perdersi nel groviglio di falsità storiche e accuse inventate.

La risposta per i palestinesi sarebbe evidentemente ovvia. Se vogliono un futuro al di fuori dei campi profughi, della povertà, della dipendenza, della dirigenza corrotta e della violenza senza fine devono riscrivere la loro narrazione basandosi sulla realtà invece che sulla finzione. Ma è difficile immaginare come possa verificarsi tale presa di consapevolezza. I palestinesi sono così pesantemente immersi nella loro falsa narrazione, e in tutte le falsità ad essa associate, che non si vede come possano tirarsene fuori.

(Da: Times of Israel, 8.10.21)