I palestinesi sono un popolo, ma si comportano come se non lo fossero

Si immagini per un momento se i palestinesi agissero come un popolo che aspira all'autodeterminazione, un popolo che desidera costruire un proprio stato e non distruggere quello di qualcun altro

Di Fred Maroun

Fred Maroun, autore di questo articolo

Intervenendo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il primo ministro israeliano Yair Lapid ha detto una cosa che sanno tutti, ovvero che i palestinesi potrebbero avere uno stato se solo la smettessero con le violenze. Ha detto: ” Poniamo solo una condizione – ha detto – Che un futuro stato palestinese sia pacifico”.

L’attuale leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu lanciò lo stesso messaggio da quello stesso podio nel 2016, quando era primo ministro: “Dico al presidente Abu Mazen: dovete fare una scelta. Potete continuare a fomentare l’odio come avete fatto fino ad oggi, oppure potete finalmente combattere l’odio e operare insieme a noi per stabilire la pace fra i nostri popoli. (…) Non ho rinunciato alla pace. Rimango impegnato per una visione di pace sulla base di due stati per due popoli”.

Sebbene oggi critichi Lapid per aver enunciato lo stesso messaggio che lui enunciò solo sei anni fa, Netanyahu non offre una vera alternativa. In effetti, non c’è una vera alternativa. Israele non può continuare ad essere uno stato ebraico e democratico a meno che i palestinesi non abbiano un loro stato. Motivo per cui, come ha affermato Lapid, “ancora oggi una grande maggioranza di israeliani sostiene la visione di questa soluzione a due stati”.

Manifestazione palestinese. Sul cartello grande: “Non riconosco Israele”. Sul cartello in alto: “Palestina dal fiume al mare”

Tuttavia, stando ai comportamenti elettorali appare chiaro che il sostegno degli israeliani per una soluzione a due stati è diventato nella migliore delle ipotesi assai tiepido, lasciando il posto ad altre priorità. Ma si immagini per un momento cosa accadrebbe se si verificasse un cambiamento da parte palestinese.

Lapid ha anche detto: “Chi sta andando meglio? Chi ha scelto la via della pace o chi ha scelto la via della guerra? Chi ha scelto di investire nella propria gente e nel proprio paese o chi ha scelto di investire nella distruzione degli altri? Chi crede nell’istruzione, nella tolleranza e nella tecnologia o chi crede nel fanatismo e nella violenza?”.

Si immagini per un momento cosa accadrebbe se improvvisamente i palestinesi scegliessero la via della pace e del compromesso che Israele ha scelto sin da quando dichiarò l’indipendenza nel maggio 1948. Si immagini se i palestinesi proclamassero la fine di ogni violenza, se tutte le fazioni palestinesi riconoscessero il diritto di Israele di esistere come stato ebraico, se il numero degli attacchi terroristici fosse drasticamente ridotto e i terroristi ancora all’opera fossero ostracizzati dalla loro stessa gente e perseguiti dalle loro forze di sicurezza. In altre parole, si immagini per un momento se i palestinesi agissero come un popolo che aspira all’autodeterminazione, un popolo che desidera costruire un proprio stato indipendente e non distruggere lo stato di qualcun altro.

Alcuni dei razzi palestinesi sparati sulla città israeliana di Sderot dopo il ritiro di militari e civili israeliani dalla striscia di Gaza

Immaginare questo scenario ovviamente non lo rende reale. Tuttavia si provi a immaginalo, perché la verità è che per i palestinesi cambierebbe tutto. La grande maggioranza degli israeliani vedrebbe improvvisamente il conflitto sotto una luce totalmente diversa. Non ho il minimo dubbio che un tale sviluppo porterebbe alla nascita di uno stato palestinese, e lo sanno tutti.

Eppure non c’è modo che i palestinesi facciano qualcosa del genere nel futuro prevedibile: è più probabile che io venga nominato a capo della Chiesa cattolica benché sia un ex cattolico, ateo da tutta la vita. Non prenoterò un volo di sola andata per Roma, così come nessuno dovrebbe aspettarsi uno stato palestinese a breve. I palestinesi hanno fatto la loro scelta, e continuano a fare la loro scelta con ogni attacco terroristico contro Israele, con ogni razzo sparato sulle sue città, con ogni vitalizio pagato ai terroristi, con ogni istigazione all’odio declamata dai loro dirigenti, con ogni strada e scuola intitolata a eterna gloria di assassini.

La scelta fatta da Israele, invece, è quella di difendersi e di non permettere la nascita di un nuovo stato terrorista ai suoi confini. Lapid lo ha detto: “Non staremo a guardare mentre ci sono quelli che cercano di ucciderci. Non di nuovo. Mai più”. Quanto vorrei che i palestinesi e i loro sostenitori capissero questo messaggio semplice e chiaro. Ma nulla fa pensare che lo capiranno.

(Da: Times of Israel, 23.9.22)

“Se gli arabi deponessero oggi le armi, non ci sarebbe più violenza. Se gli ebrei deponessero oggi le armi, non ci sarebbe più Israele”. Golda Meir