I soldati, il bambino palestinese e il responso del legale israeliano

In qualunque paese civile gli agenti non solo possono, ma devono fermare un bambino incustodito che lancia pietre alle auto

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Un fermo immagine dal filmato di B’Tselem

I soldati che all’inizio del mese scorso hanno fermato un bambino palestinese di cinque che lanciava pietre contro le auto a Hebron (Cisgiordania) si sono comportanti in modo giustificato e corretto. Questo il parere del consulente legale delle Forze di Difesa israeliane in Cisgiordania, Doron Ben-Barak, a proposito di un episodio denunciato come una grave violazione dei diritti umani dalla ONG israeliana B’Tselem, con un filmato postato su YouTube che ha fatto il giro del mondo.

“Non si può restare a guardare se dei minorenni lanciano pietre che mettono in pericolo i passanti e loro stessi”, si legge nel responso di Ben-Barak, inviato a B’Tselem il 22 luglio ma che B’Tselem ha diffuso solo mercoledì scorso.

I minori di età inferiore ai 12 anni, spiega il documento, non hanno responsabilità penale e non possono essere arrestati né sottoposti a processo, e nei loro confronti non è possibile far rispettare la legge con gli strumenti penali cui normalmente si fa ricorso nel caso di persone più grandi. E certamente i soldati israeliani, là dove sono di servizio, sono chiamati ad agire in conformità alla legge e a rispettare i diritti di tutti coloro che vivono nell’area; compresi i minori verso i quali, aggiunge Ben-Barak, è inteso che deve essere esercitata una particolare sensibilità in considerazione della loro giovane età e della tutela del loro bene.

Allo stesso tempo, continua il consulente legale, si registra il crescente fenomeno di bambini al di sotto di 12 anni, lasciati privi di sorveglianza da parte degli adulti che ne avrebbero la responsabilità, che lanciando pietre contro auto, civili e militari, in transito sulle strade di Cisgiordania, e che addirittura prendono parte a disordini. Si tratta di comportamenti che, con tutta evidenza, mettono seriamente in pericolo l’incolumità, quando non anche la vita, sia delle persone a bordo dei veicoli, sia dei pedoni nella zona, sia degli stessi bambini all’origine dell’incidente. Dunque, sebbene tali bambini non sia penalmente responsabili, il personale delle Forze di Difesa israeliane in servizio ha la facoltà e il dovere di intervenire nel caso si verifichino incidenti di questo genere, che mettono in pericolo la sicurezza delle persone.

Tra le misure che i soldati possono adottare per porre fine alla situazione di pericolo vi è senz’altro quella di allontanare il minore d’autorità dalla zona, con le dovute maniere, e consegnarlo ai suoi genitori o comunque agli adulti che ne dovrebbero avere la responsabilità. Che è esattamente ciò che hanno fatto i soldati filmati da B’Tselem.

“Sarebbe del tutto irresponsabile da parte dei soldati ignorare la situazione e abbandonare il bambino a se stesso, lasciando che possa continuare con le sue pericolose azioni”, scrive Ben-Barak.

Nel caso in questione, il bambino aveva appunto gettato pietre a veicoli in transito, mettendo in pericolo se stesso e altri. I soldati, senza mai sfiorarlo nemmeno con un dito (come testimonia lo stesso filmato), hanno dapprima portato il bambino, accompagnato da persone di sua conoscenza, a casa dei genitori, e successivamente hanno portato padre e bambino alle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese.

Una considerazione a parte andrebbe poi fatta sulla decisione di B’Tselem di diffondere in tutto il mondo il filmato senza schermare il volto di un bambino di 5 anni, e senza nemmeno interpellare le Forze di Difesa israeliane per ascoltare la loro valutazione.

(Da: Jerusalem Post, israele. Net, 31.7.13)

Il filmato diffuso da B’Tselem