I tre no di Abu Mazen

Reportage della tv israeliana: il presidente dell'Autorità Palestinese sta portando al collasso i negoziati con Israele

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, a destra, e il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) nello Studio Ovale della Casa Bianca, a Washington, lunedì scorso

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, a destra, e il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) nello Studio Ovale della Casa Bianca, a Washington, lunedì scorso

Durante il suo recente viaggio a Washington, la settimana scorsa, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha respinto il documento-quadro elaborato dal Segretario di stato Usa John Kerry per la continuazione dei negoziati di pace con Israele, e ha enunciato “tre no” su questioni fondamentali, portando le trattative sull’orlo del collasso.

È quanto ha affermato venerdì un reportage dell’emittente tv israeliana Canale Due. “Abu Mazen “è andato alla Casa Bianca e ha detto tre volte no a Obama” ha riferito Canale Due, citando fonti anonime americane e israeliane. In particolare, dice il reportage, Abu Mazen ha nuovamente respinto la richiesta, avanzata del primo ministro Benjamin Netanyahu, di riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico. Inoltre si è rifiutato di lasciar cadere la rivendicazione palestinese di un “diritto al ritorno” per milioni di palestinesi, fra profughi e discendenti dei profughi (una richiesta che nessun governo israeliano potrebbe mai accettare perché significherebbe, di fatto, quell’invasione di Israele che gli arabi non sono mai riusciti ad attuare con le armi). Infine, Abu Mazen si è rifiutato di impegnarsi per una vera “fine del conflitto”, vale a dire: impegnarsi perché il futuro accordo di pace rappresenti la cessazione di ogni eventuale ulteriore rivendicazione o richiesta da parte palestinese (e israeliana).

Tutta la propaganda e la pubblicistica revanscista anti-israeliana rappresenta senza reticenze l'obiettivo di cancellare Israele dalla mappa geografica

Tutta la propaganda e la pubblicistica revanscista anti-israeliana rappresentano senza reticenze l’obiettivo di cancellare Israele dalla mappa geografica

Nelle ultime settimane Israele ha fatto capire che non potrebbe procedere, alla fine di questo mese, con la prevista scarcerazione del quarto e ultimo gruppo di terroristi palestinesi detenuti se Abu Mazen non si impegna a prolungare i colloqui oltre la scadenza dei primi nove mesi, cioè oltre aprile, giacché l’anno scorso Israele aveva accettato di procedere con le scarcerazioni proprio per ottenere che la parte palestinese accettasse di sedere al tavolo dei negoziati.

Dal momento che Abu Mazen ha respinto l’accordo-quadro proposto da Kerry per prorogare le trattative, afferma il reportage della tv israeliana, i negoziati sembrano ora sul punto di “implodere”.

Abu Mazen è rientrato giovedì scorso dagli Stati Uniti, dove lunedì aveva avuto un incontro con il presidente Obama. “Abbiamo sostenuto il deposito [sic] e continuiamo a salvaguardare il deposito” aveva dichiarato in modo piuttosto criptico, rivolgendosi alla folla di sostenitori che l’hanno accolto in festa a Ramallah. “Conoscete tutte le condizioni e le circostanze – aveva continuato il presidente palestinese, secondo quanto riferito dall’agenzia ufficiale palestinese Wafa – e io vi dico che la capitolazione è fuori discussione”. Abu Mazen non aveva specificato cosa intendesse con il termine “deposito”.

Durante l’incontro di lunedì a Washington, Obama ha detto ad Abu Mazen che anch’egli, come Netanyahu, dovrà prendere decisioni politiche difficili e assumersi “rischi” in nome della pace. Abu Mazen, dal canto suo, ha ribadito il no alla richiesta di Israele di vedere sancito nel futuro accordo di pace il proprio riconoscimento come stato ebraico (che è peraltro la definizione usata dalla Risoluzione Onu 181 del 1947 per la spartizione della Palestina mandataria britannica).

Giovedì il Ministero degli esteri dell’Autorità Palestinese ha notificato ad Abu Mazen d’essere pronto a inoltrare a tutta una serie di istituzioni internazionali la richiesta di accogliere lo “stato di Palestina” come membro a pieno titolo (senza attendere l’accordo di pace con Israele), se Israele non procederà con la quarta e ultima tranche di scarcerazioni di detenuti per terrorismo. (Da: Times of Israel, 22.3.14)

Scrive Reuven Berko, su Israel HaYom: «Un intellettuale palestinese mi ha fornito un’analisi delle voci che si levano dalla strada: i palestinesi riconoscono Israele come “un fatto compiuto” perché non sono in grado di distruggerlo, ma non riconosceranno mai il suo diritto di esistere. La partita è solo rinviata. I palestinesi si sentono disonorati ed estremamente frustrati, il che li fa impazzire. Desiderano la distruzione di Israele molto più di quanto non vogliano uno stato palestinese per se stessi». (Da: Israel HaYom, 23.3.14)

Si veda anche:

Fatah ribadisce: no allo stato ebraico

Perché i palestinesi rifiutano caparbiamente di riconoscere Israele come stato ebraico?

Lega Araba e Abu Mazen: «No al riconoscimento dello stato ebraico»