Il dilemma d’Israele di fronte al crescente terrorismo nel Sinai

Intanto il Cairo cerca di riprendere il controllo della penisola che è diventata, come Gaza, un nido di vipere di attività terroristiche

Alcuni commenti sulla stampa israeliana

image_3790Scrive Yaakov Lappin, sul Jerusalem Post: «Rimangono non confermate le notizie secondo cui un drone (aereo telecomandato) israeliano avrebbe colpito un commando jihadista intento a lanciare razzi dalla penisola del Sinai. I rappresentanti della difesa israeliana sono rimasti sostanzialmente in silenzio, e non c’è modo di avere conferme indipendenti. In ogni caso, se Israele avesse davvero effettuato il raid ci troveremmo di fronte a uno sviluppo eccezionale, giacché sarebbe la prima volta che l’aviazione israeliana compie un attacco mirato anti-terrorismo sul territorio egiziano. Non è un segreto che la presenza nella penisola di gruppi armati fanatici affiliati ad al-Qaida minaccia la sicurezza nazionale di entrambi i paesi. Il Sinai, come la striscia di Gaza, è diventato un nido di vipere di attività terroristiche. Ma a differenza di Gaza, la vasta provincia desertica è territorio sovrano egiziano, il che mette Israele di fronte a un continuo dilemma su come fare fronte alle minacce che ne originano. Da un lato vi è la necessità di rispettare la sovranità egiziana e di preservare il trattato di pace con il Cairo, che è strategicamente vitale. Dall’altro, vi è il dovere di difendere il sud di Israele dalla crescente minaccia terroristica. Sembra ragionevole sostenere che il dilemma diventa accademico quando esiste una minaccia diretta contro la vita di civili israeliani o di membri delle sue forze di sicurezza, e con margini di tempo molto limitati per mettere in campo un’adeguata risposta. La difesa della vita umana deve avere la precedenza su ogni altra considerazione».

(Da: Jerusalem Post, 11.8.13)

rafah_corridorAmir Rappaport, su Ma’ariv, ricorda ai suoi lettori che «Israele, Egitto e Stati Uniti si stanno coordinando tra loro, nel quadro degli accordi di pace, riguardo allo sforzo dei militari egiziani per ripristinare il controllo sulla penisola del Sinai» e sottolinea in questo contesto che «il Cairo ha stretto la morsa sul versante egiziano della frontiera di Rafiah allo scopo di bloccare per quanto possibile i tunnel dei traffici clandestini che collegano il Sinai alla parte palestinese della città. L’interesse egiziano è del tutto evidente: impedire il passaggio di jihadisti che vengono dalla striscia di Gaza a dare man forte a coloro che combattono contro le forze egiziane nel Sinai». Per quanto riguarda l’incidente dello scorso fine settimana, l’editorialista suggerisce che «diversi soggetti, in Egitto, hanno interesse a sostenere che è stato Israele a effettuare l’attacco, allo scopo di mettere in imbarazzo i militari egiziani al potere. Per il motivo opposto, l’esercito egiziano ha un chiaro interesse a smentire ufficialmente, come ha fatto sabato con un comunicato in cui si sostiene che l’attacco al gruppo di fuoco jihadista è stato effettuato da un elicottero egiziano, e non Israele». «In ogni caso – conclude l’editorialista – la grave tensione nel sud rimarrà tale almeno sino alla fine dell’estate».

(Da: Ma’ariv, 11.8.13)

Il ministro della difesa israeliano Moshe Ya'alon sul confine con l’Egitto lo scorso 23 luglio

Il ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon sul confine con l’Egitto lo scorso 23 luglio

Scrive Yoav Limor, su Yisrael Hayom, che «nessuno al Cairo verserà una lacrima sui terroristi che sono stati eliminati, ma è ragionevole supporre che nella dirigenza provvisoria del paese la principale preoccupazione è l’effetto che l’attacco può avere sulla fragile situazione in Egitto». L’editorialista plaude alla scelta di Gerusalemme di non commentare ufficialmente la questione, come giustamente fa, di regola, per ogni presunta attività militare in un paese arabo attribuita a Israele. L’editoriale conclude che Israele «fa bene ora ad agire, con discrezione, con l’obiettivo di assicurare che venga preservato il comune interesse strategico fra i due paesi, nonostante pericoli e minacce, come lo è stato negli ultimi quarantanni”.

(Da: Yisrael Hayom, 11.8.13)