Il disastro dell’Egitto e il miracolo di Israele

Egitto: troppo grande, troppo tardi per salvarlo

Di Yochanan Visser

Recentemente Robert Walker che è a capo del Population Institute con base negli USA e che ha lavorato per 14 anni a Capitol Hill ha pubblicato su Huffington Post una sconvolgente analisi della grave crisi economica dell’Egitto. Nell’articolo intitolato: “Egitto: troppo grande, troppo tardi per salvarlo?”, Walker dipinge un cupo ritratto dell’immediato futuro dell’Egitto. Il paese ha un disperato bisogno di denaro e le sue riserve di cibo, energia e valuta estera stanno costantemente diminuendo.
Ecco qualche estratto dell’analisi di Walker:
«Con una poplazione di 82 milioni, l’Egitto ha più abitanti di Arabia Saudita, Giordania, Palestina, Siria , Libano , Libia ed Emirati Arabi Uniti messi insieme. Metà o più del cibo dell’Egitto, compreso il grano, sono importati. L’Egitto dipende anche pesantemente dalle importazioni di diesel per il trasporto delle derrate alimentari e per il funzionamento dei suoi macchinari agricoli.
Per anni, l’Egitto ha contato fortemente sul turismo per pagare i conti, ma a meno che non sia ricostituita la stabilità politica, non ha speranze far ritornare i turisti. E senza un’economia più sana, non si vede la fine dell’instabilità politica.
La classe povera e la classe media dell’Egitto dipendono grandemente dai sussidi governativi per cibo e combustibile. Ritenendo- per altro giustamente — che i sussidi siano inefficaci e insufficienti, l’ IMF (Fondo Monetario Intearnazionale) insiste che il governo accetti di tagliarli. Questo però alimenterebbe quasi certamente diffuse proteste e minerebbe ulteriormente il governo. E’ un colossale Comma 22.
Avendo tempo e aiuti a sufficienza, l’Egitto potrebbe riuscire a trascinarsi per qualche anno, ma il tempo è bquasi finito, e così gli aiuti. L’ IMF non è un’agenzia internazionale di assistenza; si aspetta che i suoi prestiti siano ripagati. Senza una prospettiva di rimborso ragionevole, l’IMF non estenderà il credito né lo faranno molti altri prestatori di denaro internazionali.
L’Egitto non è solo dipendente per il cibo, è giovane e povero. Un terzo della popolazione è sotto i 15 anni, e secondo alcune valutazioni addirittura 40% degli egiziani vive con meno di $2 al giorno. Il tasso di nascite della popolazione dell’Egitto, sfortunatamente, rende molto improbabile che la dipendenza per il cibo e la povertà vedano presto una fine. In 13 anni o anche meno la popolazione dell’Egitto, attualmente di 82 milioni, raggiungerà i 102 milioni e i 135 entro il 2050.»
Alla fine dell’articolo Walker scrive che l’Egitto non è il solo paese nella regione le cui prospettive a lungo termine appaiono cupe. La Siria è un incubo politico. Lo Yemen è un disastro idrologico; Sanaa, la sua capitale, potrebbe rimanere senz’acqua alla fine di questo decennio. Chi sarà alla fine a riscattare questi paesi? Non l’Arabia Saudita; Citigroup Inc. ha ammonito l’anno scorso che il regno potrebbe essere un importatore di petrolio entro il 2030. Ha poi concluso che l’Egitto potrebbe essere ” troppo grande per essere salvato”.
Due giorni dopo l’esperto del Medio Oriente Barry Rubin ha analizzato la situazione economica di Israele. Ha scritto quanto segue:
«La situazione economica e strategica di Israele è sorprendentemente buona. Durante il 2012, l’economia di Israele è cresciuta del 3,1%. Mentre qualche anno fa questo non sarebbe stato niente di notevole, è invece sorprendente data la recessione economica internazionale. Il peso del debito pubblico è sceso dal 79,4 percento del Prodotto Interno Lordo a solo il 73,8 percento. Poiché il debito degli USA e di altri paesi cresce, anche questo è notevole.
Anche il tasso di credito di Israele è aumentato in un momento in cui quello dell’America era in discesa. Standard and Poor hanno alzato il rating da A ad A+. Anche altri due sistemi di rating, Moody’s e Fitch, hanno alzato il rating di Israele.
E non è tutto. La disoccupazione è scesa dall’8,5% del 2009 al 6,8 o 6,9 % (secondo l’ufficio statistiche di Israele) o 6,3 % (secondo la CIA).
E naturalmente c’è il solito e variatissimo progresso nelle innovazioni mediche, agricole e hi-tech . Ecco un sommario di queste invenzioni; http://www.timesofisrael.com/65-years-of-innovation-from-rummikub-to-the-god-particle/ [in inglese]».
Rubin conclude che il grosso problema nella regione è la lotta per il potere nel mondo di lingua araba, Turchia ed Iran tra islamisti e non islamisti. Il conflitto arabo-israeliano ha pochissimo a che fare con questi problemi. Quelli che non capiscono questi punti non possono assolutamente comprendere la regione, ha scritto.
Più di due anni dopo l’inizio della cosiddetta ‘Primavera araba’ che avrebbe dovuto portare democrazia e prosperità al mondo arabo, gli islamisti hanno portato paesi come l’Egitto sull’orlo del disastro e minacciano di ripristinare il regime autocratico. Lo stesso sconvolgimento ha causato un deterioramento nella situazione di sicurezza di Israele sulle alture del Golan a nord e nel deserto del Negev a sud. Ma nello stesso tempo – come dice Rubin – ‘ il paese del mondo più diffamato e vilipeso sta facendo molto bene’ .
E davvero, se si tiene conto del fatto che Israele è un paese isolato nel Medio Oriente e che dipende pesantemente dal commercio con paesi che sono in recessione, si potrebbe perfino dire che è un miracolo.

(Da: Times of Israel, 8.5.13)