Il dovere morale di assistere i feriti

Per la prima volta intervistati dalla tv i feriti siriani in cura negli ospedali israeliani

Bilal, ferito a Daraa, ricoverato in Israele

Bilal, ferito a Daraa, ricoverato in Israele

La tv israeliana Canale 10 ha ottenuto il permesso di mandare in onda il primo servizio giornalistico dettagliato sull’assistenza medica garantita da Israele alle vittime della guerra civile siriana.

Il reportage, andato in onda sabato sera, illustra le vicende di alcuni dei tanti pazienti siriani ricoverati in due ospedali nel nord di Israele, e contiene anche dei brevi filmati dell’ospedale da campo allestito da Israele al confine tra i due paesi sulle alture del Golan. Allo stato attuale sono più di cento i casi gravi dei quali è stato autorizzato il trattamento in Israele, mentre i casi meno gravi vengono trattati nell’ospedale da campo.

Israele ha dichiarato che garantisce le cure come atto d’assistenza umanitaria, pur restando impegnato a tenersi fuori dalla guerra civile siriana, costata sinora la vita a circa centomila persone.

A tutti i pazienti siriani filmati negli ospedali israeliani nel corso della trasmissione sono stati oscurati i tratti del volto per impedirne l’identificazione. La loro vita sarebbe molto probabilmente in pericolo, al loro ritorno a casa, per il solo fatto d’essere stati curati in Israele. “Se salta fuori che sei stato in Israele, per te è la fine”, spiega nel filmato uno dei pazienti.

Uno dei pazienti intervistati per il reportage, indicato col nome di Bilal, è originario della città siriana meridionale di Daraa, quella dove ha avuto inizio la rivolta contro il presidente Bashar Assad. Bilal rievoca dal letto d’ospedale l’inizio due anni fa della guerra civile. Le proteste nella sua città, racconta Bilal, ebbero iniziato quando, su ordine del governatore della prigione locale (che Bilal indica come Atif Najib, un parente di Assad), un adolescente che aveva scritto sui muri dei graffiti anti-Assad venne orrendamente torturato per tre giorni. Gli abitanti del posto chiesero che Najib venisse rimosso dall’incarico e cacciato da Daraa, e per questo tennero una manifestazione spontanea a cui Bilal dice d’aver partecipato. Ma il regime ordinò una feroce repressione e fu questo che scatenò quella che poi è diventata una guerra civile. Bilal, che dice d’aver combattuto con i ribelli, è ricoverato con gravi ferite a una gamba, e altre lesioni. Dice che le forze di Assad hanno distrutto la casa della sua famiglia.

Il dott. Oscar Embon, direttore dello Ziv Medical Center di Safed, intervistato da Canale 10

Il dott. Oscar Embon, direttore dello Ziv Medical Center di Safed, intervistato da Canale 10

Parecchi dei pazienti accusano il regime di Assad di orribili brutalità. Le peggiori notizie riportate dai mass-media, dice uno di loro, “non sono niente in confronto al vero orrore” di ciò che sta accadendo al di là del confine.

Entrambi i direttori dei due ospedali israeliani ripresi nel reportage, quello di Safed e quello di Nahariya, parlano dell’imperativo di curare le vittime, dicendosi onorati di essere in grado di farlo. “Se io, come medico, posso contribuire a salvare delle vite – dice il dottor Oscar Embon, capo dello Ziv Medical Center di Safed – per me è un privilegio”. Gli fa eco il dottor Massad Barhoun, direttore del Western Galilee Hospital della città di Nahariya, che parla del “dovere morale” si assistere i feriti.

Una bambina siriana curata in un ospedale israeliano

Una bambina siriana curata in un ospedale israeliano

Tra i vari pazienti siriani attualmente in Israele c’è anche una bambina di cinque anni la cui sorella è stata uccisa da una granata a frammentazione sparata dalle forze di Assad. È stata portata in braccio dalla madre fino al confine israeliano nella disperata ricerca di cure per le ferite che aveva riportato nello stesso attacco.

Un’altra paziente è una bambina di tre anni la cui famiglia è stata quasi completamente sterminata nel bombardamento in cui anche lei è rimasta gravemente ferita. È accudita dalla zia di un altro paziente, e non si rende conto di trovarsi in Israele.

Uno dei pazienti intervistati nel reportage riferisce che in Siria si è diffusa la voce che gli ospedali israeliani sono eccellenti, e sono sempre più numerosi i feriti nella guerra civile che implorano coloro che vogliono aiutarli di farli arrivare in Israele anziché negli altri paesi confinanti, come la Giordania, coi quali peraltro la Siria non è formalmente in guerra come invece è con Israele.

Un altro paziente dice che molti medici siriani sono fuggiti dai loro posti di lavoro, perché i loro ospedali sono stati bombardati. Il reportage riferisce che l’afflusso in Israele di casi gravi sta aumentando e che l’Onu svolge un ruolo chiave nel traghettare i feriti attraverso la “terra di nessuno” per raggiungere l’ospedale da campo o gli ospedali all’interno di Israele.

Ai primi di giugno il ministro della difesa Moshe Ya’alon aveva confermato per la prima volta che Israele gestisce l’ospedale da campo sul confine siriano e che trasferisce negli ospedali all’interno del paese i siriani feriti più gravemente.

(Da: Times of Israel, 3.8.13)