Il film La caduta, e certa paccottiglia storiografica

Esiste una verità storica, e il dovere di esprimere un giudizio su quella verità.

Da un articolo di Amnon Rubinstein

image_754Il film Downfall (“La caduta”), che descrive gli ultimi giorni di Hitler nel bunker di Berlino, è la poco credibile storia di una banda di serial killer psicopatici che hanno assassinato milioni di persone prendendo il potere in una delle più evolute nazioni del mondo, la Germania. La storia in se stessa è del tutto inverosimile, se non fosse per il fatto che è avvenuta davvero ed è costata la vita a milioni di persone, compreso un terzo della popolazione ebraica mondiale.
Nulla di nuovo, in verità. Ma il film mette bene in evidenza l’assoluta fede dei nazisti nella loro propria interpretazione della storia e nella giustezza della loro missione: realizzare le loro teorie razziali, ripulire il mondo dalla feccia ebraica, istituire un nuovo ordine in cui la razza ariana fosse padrona. Questo era il punto di vista nazista.
Perché merita ricordarlo? Perché esiste un certo numero di storici, anche in Israele, secondo i quali non esiste nessuna “verità storica”, vi sono solo punti di vista diversi, tutti altrettanto legittimi, e semmai la priorità andrebbe data al punto di vista di coloro che non sono dominanti né egemoni.
Come applicare questo principio al caso dei nazisti che, nel periodo descritto dal film “La caduta”, certo non erano né dominanti né egemoni? Dovremmo mostrarci del tutto indifferenti rispetto al messaggio di odio e di morte espresso dal loro punto di vista? Dovremmo affermare, anche in questo caso, che non esiste alcuna “verità storica” definitiva?
Oltretutto oggi ci troviamo sempre più spesso a fare i conti con una nuova versione della storia che nega la Shoà. Come dovremmo comportarci? Ritenendola altrettanto legittima della storia che racconta e documenta la Shoà?
Solo un folle risponderebbe di sì a queste domande. Certo, bisogna sempre essere scettici di fronte alla storiografia ufficiale, come quella della vergognosa “Enciclopedia Sovietica”. Ma tra questo sano scetticismo di fronte alle cronistorie ufficiali e il chiacchiericcio iper-relativista di certi storici post-moderni passa una grande distanza.
Chiaro, non è quasi mai facile arrivare a una verità storica, a una descrizione di ciò che accadde “così come accadde”, perché la storia è normalmente scritta dai vincitori. Tuttavia quello che ci attendiamo dagli storici è che utilizzino al meglio i loro strumenti accademici per cercare di avvicinarsi il più possibile alla verità.
Esiste una verità non-relativista, ed esistono dei valori non-relativisti rispetto ai quali possiamo giudicare quella verità. Armati di questi strumenti, possiamo esprimere un giudizio netto sul punto di vista nazista.
Lo stesso vale per la nostra storia, che comprende sia la secolare ricerca di Sion, sia il riconoscimento internazionale del diritto degli ebrei all’auto-determinazione. La verità storica è che la Palestina fu spartita dalle Nazioni Unite – successore legale della Lega delle Nazioni, in nome della quale la Gran Bretagna aveva esercitato il suo mandato – in due stati, uno ebraico e uno arabo. La verità storica è che gli stati arabi, spalleggiati dal mufti di Gerusalemme, il nazista Haj Amin el-Husseini, dichiararono guerra a questa spartizione e invasero il neonato stato ebraico. La verità storica è che questo fu un crimine internazionale dei più vili, e che con quell’invasione il mufti cercò di realizzare la “soluzione finale” degli ebrei di Palestina, la stessa “soluzione” che era stata praticata in Europa pochi anni prima dalla banda di criminali ritratta nel film “La caduta”. La verità è che con questo crimine si tentò di fare a pezzi una giusta decisione delle Nazioni Unite. La verità è che la minuscola comunità ebraica sconfisse quell’aggressione criminale, pagando un alto prezzo in una guerra senza speranza.
Questa è la verità storica, scevra della paccottiglia e delle menzogne della propaganda e dell’accademia anti-sioniste.

(Da: Jerusalem Post, 21.06.05)

Nella foto in alto: Il mufti di Gerusalemme Haj Amin el-Husseini a colloquio con Adolf Hitler (gennaio 1940)