Il finto scandalo della “spia” israeliana

Di nuovo il tentativo di incolpare Israele per tutti i guai dei paesi arabi.

Alcuni commenti dalla stampa israeliana

image_3160Scrive l’editoriale del JERUSALEM POST: «Non occorre essere al corrente di informazioni riservate dell’intelligence o avere intima familiarità con il funzionamento interno dei servizi segreti israeliani per capire che l’accusa di spionaggio mossa dagli egiziani contro il 27enne israelo-americano Ilan Grapel sono del tutto infondate. “Farneticanti” le ha giustamente definite la sconvolta madre di Grapel, Irene, mentre il padre Daniel si è accontentato di qualificarle come “totalmente false”. Un alto funzionario governativo israeliano, in visita a Roma con la delegazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha messo in chiaro, come se ce ne fosse bisogno, che non esiste un briciolo di verità nella pretesa che Grapel sia collegato col Mossad.
Ilan Grapel, noto per le sue opinion politiche di sinistra e per il suo amore per la lingua araba, è uno studente in legge al terzo anno presso la Emory University di Atlanta, Georgia. Si trovava al Cairo sin dal 10 maggio come volontario per il St. Andrews Refugee Services nel quadro di un programma volto a promuovere democrazia e diritti costituzionali in Medio Oriente. Da mattacchione, Grapel scriveva sulla sua pagina Facebook che “predicare” all’Università Al-Azhar del Cairo faceva parte del suo lavoro.
Evidentemente i funzionari egiziani mancano di senso dell’umorismo. Non solo. Stanno anche cinicamente sfruttando il fatto che Grapel ha fatto l’aliyà (cioè si è stabilito in Israele) e ha prestato servizio nelle Forze di Difesa israeliane come paracadutista (rimanendo ferito in battaglia durante la seconda guerra in Libano del 2006) per trasformarlo ingiustificatamente in uno spietato agente del Mossad. Una unità delle forze di sicurezza egiziane il cui solo compito è scoprire complotti dello spionaggio israeliano ha evidentemente imbastito tutta una storia su Grapel allo scopo innanzitutto di giustificare la propria stessa esistenza.
In questo allucinato mondo parallelo, un giovane americano un po’ incline all’avventura come Grapel viene individuato e imputato di false accuse ingiuriose: non la Emory University, bensì il Mossad – dice l’assurda versione della sicurezza egiziana – è colui che ha mandato Grapel in Egitto, per approfittare di un presunto “vuoto nella sicurezza” dovuto alla rivolta di gennaio di Piazza Tahrir; e Grapel avrebbe reclutato “informatori” per fornire a Israele vitali informazioni politiche e militari. Il presunto agente sotto copertura Grapel, che in realtà raccontava apertamente ogni giorno su Facebook quel che faceva, viene anche accusato d’aver cercato di istigare violenze settarie fra musulmani e cristiani (come se i musulmani d’Egitto avessero bisogno di ricevere dall’esterno un qualunque incoraggiamento che già non venga ampiamente fornito loro dai leader estremisti musulmani che regolarmente li aizzano contro l’ asserragliata comunità cristiana copta). I giornali egiziani si sono buttati sulla vicenda sbattendola lunedì in prima pagina, corredata di foto di Grapel tratte dal suo indirizzo Facebook e titoli un tantino tendenziosi del tipo: “L’Egitto arresta un ufficiale dell’intelligence d’Israele, duro colpo al Mossad israeliano”.
Ma la cosa ancora sconsolante è che sarebbe sbagliato considerare il svarione Grapel semplicemente come un sintomo un po’ bizzarro. Sentimenti anti-ebraici e anti-israeliani covano nel profondo in Egitto. Come indicava già vent’anni fa Rivka Yadlin, studiosa dell’antisemitismo egiziano, “i tratti abominevoli espressi nel comportamento di Israele vengono percepiti come peculiari, connessi e intrinseci al suo essere ebraico. Vengono ereditati all’interno della comunità ebraica e sono pertanto condivisi dall’intero Israele così come dagli altri ebrei”. Da allora, purtroppo, ben poco è cambiato.
Gli egiziani sembrano nutrire una particolare passione per il Mossad. Lo scorso dicembre, ad esempio, quando venne scoperto sulle rive del Mar Rosso il corpo senza vita di un bagnante tedesco 70enne con segni di morsi di squalo su una gamba e un braccio, i funzionari egiziani sostennero che si trattava di un complotto del Mossad. “Quel che è stato detto circa il Mossad che avrebbe sguinzagliato uno squalo assassino per colpire il turismo in Egitto non può certo essere escluso”, disse ad esempio il governatore del Sinai meridionale, Mohamed Abdel Fadil Shousha, al sito d’informazione statale egynews.net. Un mese prima, Mostafa al-Feki, capo della commissione esteri dell’Assemblea del Popolo egiziana, aveva sostenuto che c’era il Mossad dietro ai violenti scontri fra copti e musulmani, opportunamente tacendo il fatto che la burocrazia egiziana sempre più islamista aveva rifiutato il premesso di costruire una chiesa copta.
Grazie al fatto che nella vicenda è coinvolto il dipartimento di stato americano (giacché Grapel è entrato in Egitto con il suo passaporto statunitense), è probabile il Cairo alla fine si darà una calmata e rilascerà Grapel. Prima lo fa, meglio è. Ma naturalmente i responsabili delle accuse inventate contro di lui si guarderanno bene dall’ammettere la stupidaggine. E ciò che dovrebbe preoccupare e far riflettere – non solo gli israeliani, ma tutti coloro che hanno a cuore la giustizia – è la facilità con cui calunnie palesemente anti-israeliane possano essere concepite, diffuse e credute da un’opinione pubblica egiziana prigioniera della propaganda anti-israeliana con cui viene regolarmente bombardata. Se lo scandalo Grapel indica dove soffiano i venti del cambiamento della “primavera araba”, i pronostici sono davvero deprimenti.»
(Da: Jerusalem Post, 15.6.11)

Scrive YAAKOV KATZ: «Ilan Grapel non sarà forse la persona più matura e responsabile che gira per l’Egitto post-rivoluzione destando sospetti con le sue domande indiscrete e le sua comparsa in luoghi di tensione, ma questo non ne fa automaticamente una spia del Mossad. Basta un’occhiata alla sua pagina Facebook per rendersene conto. La domanda allora è: perché l’Egitto ha deciso di trasformare uno studente in legge israelo-americano della Emory University in una spia? Che cosa ci guadagna l’attuale governo del Cairo? La preoccupazione, in Israele, è che l’arresto di Grapel sia indicativo di un trend negativo che sta prendendo il sopravvento al Cairo portando al deterioramento dei rapporti con Israele, ma anche al miglioramento dei legami fra Egitto, Iran e Hamas. La valutazione è che l’attuale governo egiziano stia cercando di incolpare Israele per la continua instabilità nel paese e per le violenze che hanno causato morti e feriti fra i dimostranti. Gli articoli apparsi sulle prime pagine dei giornali egiziani lo dicono a chiare lettere. Non basta. Il governo egiziano è minacciato dalla Fratellanza Musulmana, considerata il suo più forte rivale politico alle elezioni previste per la fine dell’anno. Con l’arresto di una “spia” israeliana, il governo vuole far vedere che si distanzia da Israele, allineandosi con gli estremisti islamisti: che è probabilmente la stessa ragione per cui ha riallacciato i contatti con l’Iran, permettendo a mezzi navali militari iraniani di passare attraverso il Canale di Suez per la prima volta dopo la rivoluzione khomenista del 1979. Questo non significa che l’Egitto stia per annullare il trattato di pace con Israele, che comporta innegabili vantaggi per il Cairo nel suo rapporto con gli Stati Uniti. Ma certamente, nel lungo periodo, Israele ha motivo di preoccuparsi. Non è la prima volta che l’Egitto si inventa storie sul Mossad (memorabile quella dello squalo “spedito” nel Mar Rosso per rovinare la stagione turistica egiziana). In effetti, la “carta Israele” viene comunemente usata in tutto il mondo arabo come un modo per allontanare dai guai interni attenzioni e responsabilità. Instabilità in Egitto? Non è colpa del governo del Cairo, è colpa di Israele. Repressione violenta e sanguinosa in Siria? Non c’entra lo spietato Bashar Assad, la colpa è tutta di Israele.»
(Da: Jerusalem Post, 15.6.11)

Scrive MA’ARIV: «La storia di Ilan Grapel sembra un vecchio film egiziano di cui qualcuno ha voluto fare il remake, dovuto forse al desiderio del regime dei generali di gettare un capro espiatorio in pasto all’opinione pubblica egiziana. L’odio verso Israele evidentemente rimane il minimo comun denominatore di sostenitori e oppositori del regime. C’è da sperare che i giovani di Piazza Tahrir, che hanno saputo trattare con un buon grado di scetticismo l’informazione che arrivava da Mubarak, prima, e da Tantawi poi, mostrino altrettanto senso critico circa l’informazione che viene loro propinata sull’arresto di Grapel. In larga misura, la reazione della “piazza egiziana” indicherà le prospettive della pace tra Israele ed Egitto più di qualsiasi altro evento occorso da febbraio.»
(Da: Ma’ariv, 15.6.11)

Nella foto in alto: il vice primo ministro egiziano Yahya Al-Gamal accusa Israele di prendere di mira l’Egitto e di manipolare gli egiziani. Vedi il video (con sottotitoli in inglese):

http://www.memri.org/clip/en/0/0/0/0/63/0/2920.htm

Si veda anche:

Caos in Egitto e processo di pace israelo-palestinese

https://www.israele.net/articolo,3051.htm