Il fondatore di Human Rights Watch denuncia la faziosità anti-Israele

Bernstein ricorda che le indagini non hanno lo stesso valore nelle società aperte e in quelle chiuse

image_2639Secondo il fondatore di Human Rights Watch, Robert Bernstein, i recenti rapporti diffusi dall’organizzazione che ha guidato per vent’anni stanno “aiutando quelli che vogliono trasformare Israele in uno stato paria”.
In un editoriale pubblicato martedì sul New York Times, Bernstein scrive che, mentre il Medio Oriente è popolato da regimi autoritari “con un curriculum sui diritti umani spaventoso”, negli ultimi anni Human Rights Watch “ha scritto di gran lunga molte più condanne contro Israele per violazioni del diritto internazionale che contro qualunque altro paese della regione. In Human Rights Watch – continua l’editoriale di Bernstein – abbiamo sempre riconosciuto che le società aperte e democratiche hanno colpe e commettono abusi. Ma vedevamo bene che esse hanno anche la capacità di correggersi, attraverso un vivace dibattito pubblico, la stampa di denuncia e molti altri meccanismi che incoraggiano le riforme. Quando mi sono fatto da parte, nel 1998, Human Rights Watch era attiva in settanta paesi, per la maggior parte società chiuse. Ora l’organizzazione accantona sempre più spesso il cruciale distinguo tra società aperte e società chiuse. In Israele – prosegue Bernstein – che una popolazione di 7,4 milioni di abitanti, si trovano almeno ottanta organizzazioni per i diritti umani, una vibrante stampa libera, un governo democraticamente eletto, un sistema giudiziario che spesso si pronuncia contro il governo, un dinamico mondo accademico, molteplici partiti politici e, a giudicare dall’ammontare dei servizi giornalistici, di un numero di giornalisti per abitante probabilmente più alto che in qualunque altro paese al mondo, molti dei quali vi si trovano espressamente per occuparsi del conflitto israelo-palestinese”.
Bernstein, che ha guidato Human Rights Watch dal 1978 al 1998, aggiunge che, al contrario di Israele, i regimi arabi e quello iraniano, che governano su 350 milioni di persone, “per lo più rimangono regimi efferati, chiusi e autocratici, che permettono poco o addirittura nessun dissenso interno”. A suo parere, Human Rights Watch “ha perduto la prospettiva critica su un conflitto che ha visto Israele ripetutamente aggredito da Hamas e Hezbollah, due organizzazioni che si accaniscono contro i cittadini israeliani e usano la propria stessa gente come scudi umani”.
Il fondatore di Human Rights Watch afferma che i leader attuali dell’organizzazione sanno bene che Hamas e Hezbollah hanno deliberatamente scelto di fare la guerra da aree densamente popolate, trasformando i loro quartieri in campi di battaglia. “Sanno anche che armi sempre più numerose e sofisticate affluiscono sia nella striscia di Gaza che in Libano, pronte a colpire ancora. E sanno che questa aggressività è ciò che continua a defraudare i palestinesi di qualunque chance di ottenere la vita pacifica e produttiva che meriterebbero. Eppure è Israele, la vittima ripetuta di queste aggressioni, che deve sopportare la maggior parte delle condanne di Human Rights Watch”.
A proposito dell’accusa a Israele d’aver commesso crimini di guerra a Gaza durante la campagna dello scorso gennaio contro Hamas, Bernstein aggiunge: “Come fa Human Rights Watch a sapere che le leggi di guerra sarebbero state violate? A Gaza e negli altri luoghi dove non esiste accesso al campo di battaglia né ai capi militari e politici che prendono le decisioni strategiche, è estremamente difficile esprimere giudizi definitivi su crimini di guerra. I rapporti spesso fanno affidamento su testimoni i cui racconti non possono essere verificati, e che potrebbero essere indotti a testimoniare per tornaconto politico o per paura di ritorsioni da parte di chi li governa”.

(Da: YnetNews, 21,10.09)

Nella foto in alto: Robert Bernstein