Il gioco del Consiglio Onu per i diritti umani è truccato e spudoratamente fazioso

La lista nera, voluta dai campioni mondiali di violazione dei diritti umani, è faziosa e mal compilata. Ma può essere dannosa

Di Lahav Harkov

Lahav Harkov, autrice di questo articolo

La pubblicazione mercoledì scorso, da parte del Consiglio Onu per i diritti umani, della lista nera delle aziende che operano in Giudea e Samaria (Cisgiordania) ha colto di sorpresa Gerusalemme. Non che qualcuno si sia particolarmente sorpreso per il contenuto: la lista era un esito scontato sin da quando nel 2016 il Consiglio Onu per i diritti umani (UNHRC) aveva incaricato della sua compilazione l’Ufficio dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani (OHCHR). Ma l’Ufficio dell’Alto Commissario non ha dato a Israele nessun avvertimento. Anzi, la Commissaria Onu per i diritti umani Michelle Bachelet si è rifiutata di incontrare rappresentanti israeliani per oltre un anno. Anche solo questo fatto lascia capire quanto quello del Consiglio Onu per i diritti umani sia un gioco truccato ai danni di Israele.

Gli Stati Uniti hanno abbandonato il Consiglio UNHRC nel giugno 2018 proprio a causa della sua attitudine anti-israeliana. All’epoca, l’ambasciatrice Usa presso l’Onu Nikki Haley definì il Consiglio un “pozzo nero di pregiudizi politici”. Israele, che non era fra gli stati membri, tagliò immediatamente i rapporti con il Consiglio, ma continuò a mantenere i contatti con l’Ufficio dell’Alto Commissario, il braccio professionale dell’UNHRC. Ora Gerusalemme ha completamente tagliato anche i rapporti con Bachelet.

Notoriamente il Consiglio UNHRC ha un punto permanente contro Israele nell’ordine del giorno di tutte le sue tre sessioni annuali (Israele è l’unico paese al mondo oggetto di tale trattamento ndr). Il punto fisso all’ordine del giorno ingiunge a Israele di “porre immediatamente fine alla sua occupazione del territorio palestinese occupato” senza fare alcuna menzione delle minacce che incombono su Israele, a partire dalle varie forme di terrorismo mediorientale e palestinese in particolare. L’ordine del giorno esprime inoltre preoccupazione per “le sofferenze dei cittadini siriani nel Golan siriano occupato” senza fare alcuna menzione del fatto che il presidente siriano Bashar Assad da anni si dedica al massacro dei suoi stessi cittadini. L’unico accenno al terrorismo è in riferimento agli “israeliani estremisti”. L’anno scorso, i paesi dell’Unione Europea ne hanno avuto abbastanza e hanno votato contro il punto 7 permanente, considerandolo “sbilanciato”.

Lavoratori palestinesi in una fabbrica israeliana nel parco industriale Barkan (presso Ariel, Cisgiordania)

Adesso l’Ufficio dell’Alto Commissario pubblica questa lista, anche se l’unico sostegno che ha ricevuto in questo senso è stato quello della Lega Araba, dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, del Sudafrica, del Venezuela e di Cuba. Un elenco di paesi che parla da solo. In altri termini, sebbene vi fosse un supporto internazionale molto più significativo contro la mossa, l’UNHRC è andato avanti dimostrando ancora una volta il suo orientamento strutturalmente e istituzionalmente anti-Israele. Si noti che l’UNHRC non ha mai pubblicato un’analoga lista di proscrizione circa le aziende che operano in nessun altro territorio conteso in nessun altro conflitto, sebbene ve ne sia grande abbondanza in tutto il mondo.

Deficienze e lacune della lista nera sono evidenti. L’Ufficio dell’Alto Commissario aveva iniziato a compilarla nel marzo 2016 e Israele era riuscito a convincere con buoni argomenti il precedente Commissario Onu per i diritti umani a non pubblicarla. Ma Bachelet ha boicottato gli incontri con i rappresentanti israeliani su un documento che ha il manifesto scopo di incoraggiare il boicottaggio contro Israele.

Lo stesso processo di compilazione risulta ben poco trasparente e non risponde a standard legali coerenti. Il Consiglio ha svolto un lavoro raffazzonato mescolando liste compilate da organizzazioni programmaticamente ostili a Israele (alcune persino implicate col terrorismo ndr) e senza consultare nessuna delle aziende citate né i rilevanti funzionari israeliani. Non vi è alcuna spiegazione del perché figurino nella lista alcune società attive in Cisgiordania nelle categorie menzionate, mentre altre no. L’iconico panificio Angel Bakery di Gerusalemme compare nella lista anche se non è affatto chiaro come si inserirebbe in una delle categorie elencate (sorveglianza, demolizione, inquinamento, ostacolo all’economia palestinese ecc.). Alcune delle categorie non specificano che le attività commerciali debbano svolgersi negli insediamenti: eppure in teoria si tratterebbe di una lista delle sole imprese che lavorano con gli ebrei in Cisgiordania, e non con gli arabi. Gran parte delle aziende nella lista fornisce servizi sia ai palestinesi che agli israeliani. Vale anche la pena notare che il mandato del Consiglio UNHRC è quello di aiutare i paesi membri delle Nazioni Unite, e non le aziende, ad attuare le decisioni del Consiglio circa i diritti umani.

Sebbene il pregiudizio anti-israeliano del Consiglio UNHRC sia palese, la lista nera costituisce sia un problema d’immagine che un potenziale problema economico. È un problema d’immagine perché ci sono molte persone che non sanno che il Consiglio è una farsa che elogia, invece di condannare, i trasgressori come l’Iran per la loro condotta sui diritti umani. Ed è un potenziale problema economico perché alcune delle aziende additate, in particolare le 18 con sede all’estero, potrebbero sentirsi spinte a smettere di fare affari con gli israeliani in Giudea e Samaria.

Ma il governo israeliano ha ben chiaro che l’unico modo per contrastare una partita dal risultato già fissato in partenza è rifiutarsi di stare al gioco. “Chiunque ci boicotta sarà boicottato – ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu – e non ci fanno paura”.

(Da: Jerusalem Post, 12.2.20)

Nadav Shragai

Scrive Nadav Shragai: Il cosiddetto Consiglio Onu per i diritti umani ha pubblicato un “database” di 112 società che accusa di condurre affari al di là della linea verde (ex linea armistiziale 1949-’67 fra Israele e Giordania ndr) e le cui attività “suscitano particolari preoccupazioni in fatto di diritti umani”. Così facendo, il Consiglio Onu per i diritti umani ha violato i diritti umani di decine di migliaia di israeliani e palestinesi che lavorano quotidianamente in aziende e parchi industriali in Giudea e Samaria. Se Michelle Bachelet, Alta Commissaria Onu per i diritti umani, si fosse presa la briga di visitare gli insediamenti, si sarebbe resa conto che effettivamente c’è da preoccuparsi per violazioni dei diritti umani: ma non a causa del lavoro quotidiano di una qualunque di queste attività imprenditoriali, bensì a causa del fatto che il Consiglio UNHRC le ha inserite nella lista nera. A ben vedere, la lista pubblicata la scorsa settimana non è affatto una lista nera, ma una lista d’oro: dimostra che in Giudea e Samaria, come a Gerusalemme est, ebrei e arabi convivono e cooperano pacificamente, promuovendo rapporti di lavoro e di amicizia. Questo è il vero incubatore della pace, di cui gli ipocriti delle Nazioni Unite hanno tanta paura. È lo strumento di maggior successo per sconfiggere il terrorismo, la violenza, i pregiudizi e l’odio. Qui stanno le basi della coesistenza e di una pace autentica, non nelle grottesche agenzie gestite dalle Nazioni Unite totalmente staccate dalla realtà. Se questa “lista nera” e qualsiasi successivo boicottaggio comporteranno la perdita della fonte di sostentamento di lavoratori palestinesi, le Nazioni Unite potranno fregiarsi di un altro radioso successo, tutto grazie alla loro doppia morale.
(Da: Israel HaYom, 13.2.20)