Il giorno in cui Obama consegnò il Medio Oriente all’egemonia iraniana

Il 14 luglio 2015 potrebbe rivelarsi uno dei giorni più bui della storia di questa regione, soprattutto per gli arabo-sunniti moderati e per Israele

Di Avi Issacharoff

Avi Issacharoff, autore di questo articolo

Avi Issacharoff, autore di questo articolo

L’appassionato discorso con cui il presidente iraniano Hasan Rouhani ha salutato martedì l’accordo sul nucleare con le potenze mondiali sottolinea le dimensioni del successo dell’Iran di fronte all’Occidente e al Medio Oriente, e la sua personale vittoria contro le forze più conservatrici all’interno del suo paese. Per dirla con le parole di Rouhani, “oggi ci troviamo ad un fatidico crocevia storico per il nostro stato e la nostra rivoluzione: è l’inizio di una nuova era”.

L’accordo che Iran ha sottoscritto con le potenze 5+1 garantisce la sopravvivenza politica di Rouhani e, più significativamente, la sopravvivenza del regime degli ayatollah. Il presidente Usa Barack Obama e il segretario di stato John Kerry hanno sostanzialmente determinato il futuro del Medio Oriente, e hanno stabilito l’egemonia dell’Iran sulla regione a spese dell’Arabia Saudita e del mondo sunnita. Rouhani e la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, che ha approvato l’accordo, hanno capito che non hanno bisogno di ottenere la bomba atomica per diventare la potenza chiave della regione: è sufficiente diventare uno stato “sulla soglia del nucleare”, con centinaia di miliardi di dollari in più a disposizione, per esercitare una pesante influenza su tutto il Medio Oriente.

Il Segretario di stato Usa John Kerry lascia il palco di Vienna

Il Segretario di stato Usa John Kerry lascia il palco di Vienna

È vero, l’accordo avrebbe potuto essere di gran lunga peggiore per quanto riguarda le dirette ambizioni nucleari iraniane. Esso non blocca il programma nucleare iraniano, ma lo rallenta e ritarda. Se l’Iran onorerà l’accordo, per un decennio non sarà in grado di produrre la bomba atomica e rimarrà sotto embargo delle armi per i prossimi cinque anni. Gli iraniani onoreranno l’accordo? Questa è tutt’altra questione. Gli ispettori internazionali dovrebbero vigilare, ma è dubbio che riescano a farlo. Dopo tutto, gli iraniani in passato hanno già raggirato più volte la comunità internazionale.

Ma anche Israele deve essere onesto: le alternative all’accordo erano probabilmente peggiori. Il regime delle sanzioni ha fatto ritardare un po’ i programmi iraniani, ma ormai erano a pochi mesi dalla produzione di abbastanza uranio arricchito per produrre un’atomica. Pur con le sanzioni in atto, gli iraniani non avevano fermato l’arricchimento. Il nuovo regime dovrebbe imporre loro il periodo di un anno per arrivare alla capacità-critica (ma vale anche il ragionamento opposto: se riuscivano ad arricchire l’uranio con le sanzioni, tanto più potrebbero farlo senza le sanzioni e con controlli piuttosto aleatori). L’altra alternativa, un attacco militare americano o israeliano, avrebbe portato a un’aperta guerra regionale, con tanto di attacchi missilistici su Israele da parte di Hezbollah e altri. Il pericolo di una guerra non è stato scongiurato, ma è stato rinviato.

Nella vignetta del giornale saudita Al-Watan: l'accordo sul nucleare, rappresentato dalla stretta di mano, fa affluire soldi ai terroristi finanziati dall’Iran

Nella vignetta del giornale saudita Al-Watan: l’accordo sul nucleare, rappresentato dalla stretta di mano, fa affluire soldi ai terroristi finanziati dall’Iran

Ma il pericolo maggiore di questo accordo è che, lungi dall’essere il minore dei mali, esso è l’epitome del male per quando riguarda il futuro del Medio Oriente. L’accordo ha determinato il risultato della lotta tra sunniti e sciiti. Il 14 luglio 2015 è destinato probabilmente ad essere ricordato come uno dei giorni più bui della storia di questa regione, soprattutto per quanto riguarda gli stati arabo-sunniti moderati. Da diversi anni ormai paesi come l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Giordania e gli stati del Golfo si battono contro l’estremismo islamista sul genere di Al Qaeda e dell’ISIS, da un lato, e l’asse sciita-iraniano dall’altro. Ora quella battaglia diventerà molto più complicata.

L’Iran emerge da questo accordo rafforzato, stabile e con infinite risorse che verranno usate per indebolire quei paesi con ogni mezzo possibile. Facendo affluire in Iran centinaia di miliardi di dollari, questo accordo consentirà al regime di estendere la propria influenza in tutta la regione e di stabilire aree di influenza anche in zone dove finora non era arrivato. Il che costituisce una delle peggiori notizie possibili per la famiglia reale saudita, per la presidenza egiziana e, naturalmente, per Israele.

Un chiaro esempio già in atto sta nel fatto che, dopo che per quattro mesi l’Iran aveva ritardato il trasferimento di aiuti economici a Hamas e Jihad Islamica palestinese a causa delle sue preoccupazioni di bilancio, negli ultimi giorni è ripreso il flusso di denaro verso i gruppi terroristici palestinesi della striscia di Gaza: appunto perché l’accordo garantisce la necessaria fiducia per farlo.

Il ministro degli esteri iraniano Zarif e il presidente Usa Barack Obama nel fotomontaggio di un’agenzia di stampa irachena

Il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e il presidente Usa Barack Obama nel fotomontaggio di un’agenzia di stampa irachena

E’ difficile credere che qualcuno in questa regione – israeliani, palestinesi, arabi e iraniani – sia rimasto davvero sorpreso per il fatto che l’accordo è stato raggiunto. Entrambe le parti, e in particolare i due attori principali, Stati Uniti e Iran, lo volevano fortemente. Il presidente Obama cercava un successo in politica estera. Rouhani e il suo ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif volevano guadagnarsi il sostegno del loro popolo. Ed entrambe le parti ne raccoglieranno i frutti. Obama si aggiudicherà l’approvazione dell’opinione pubblica per l’accordo; Rouhani verrà probabilmente rieletto presidente nel 2017. Sono le popolazioni del Medio Oriente che ne pagheranno il prezzo, soprattutto i sunniti e gli israeliani.

Si può capire il motivo per cui Obama ha voluto un risultato come questo, che allontana un po’ l’Iran dalla bomba atomica. Ma il prezzo è estremamente pesante. In una certa misura Obama ha scelto il “Grande Satana” Iran contro il “Piccolo Satana” ISIS. Vale a dire che ha permesso a 20-30mila terroristi dell’ISIS di spingerlo nelle braccia di una delle più grandi potenze militari della regione, con centinaia di migliaia di soldati e un arsenale militare devastante in grado di colpire anche l’Europa. E guidato dal regime che sappiamo.

Se qualcuno pensava che logica e il buon senso brillassero per la loro assenza soltanto fra i mediorientali, martedì ha scoperto che problemi analoghi si segnalano anche in Pennsylvania Avenue. Sembra che qualcuno alla Casa Bianca non sappia più fare le operazioni di aritmetica della scuola elementare.

(Da: Times of Israel, 15.7.15)