Il governo israeliano, partito arabo compreso, respinge al mittente gli insulti e le minacce del capo di Hamas

Hamas cerca di cavalcare l’ondata di attentati, ma c'è ben poco di cui possa vantarsi

Di Yoav Limor

Il primo ministro Naftali Bennett (in piedi, a sinistra) e il leader di Ra’am, Mansour Abbas, nel giugno scorso durante l’approvazione alla Knesset del nuovo governo israeliano

Il primo ministro israeliano Naftali Bennett ha risposto con sarcasmo al capo di Hamas, Yahya Sinwar, che il giorno prima aveva violentemente attaccato Mansour Abbas, leader del partito arabo islamico Ra’am, per essere rimasto nella coalizione di governo israeliana dopo gli scontri sul Monte del Tempio di Gerusalemme, una posizione che il capo terrorista di Gaza ha definito “un crimine imperdonabile”. Dandogli del “traditore di tutti i musulmani”, Sinwar ha intimato sabato a Mansour Abbas di far cadere il governo israeliano, ha esortato i cittadini arabi d’Israele a prendere le armi e compiere attacchi terroristici e ha incoraggiato attacchi contro gli ebrei in tutto il mondo. “Un arabo che dice che questo paese è ebraico è un ignobile – ha detto Sinwar – E credetemi, ho cercato un modo delicato per dirlo. Un arabo che nega che questo paese sia uno stato razzista di suprematismo ebraico è spregevole e deve essere fermato”.

“Ieri – ha commentato Naftali Bennett aprendo domenica la riunione settimanale del governo – ho sentito il capo di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, ingiungere a Mansour Abbas di smantellare questo governo. Mi è chiaro a questo punto che Hamas non ama il nostro governo: forse le mancano le valigie di dollari [che arrivavano a Gaza dal Qatar con il benestare di precedenti governi israeliani ndr] o semplicemente non gradisce il fatto che tutti noi lavoriamo insieme per migliorare le condizioni dei cittadini arabi d’Israele. E’ un punto molto importante, dove cadono le maschere e appare chiaro a tutti chi vuole che cosa. Il fatto che Hamas voglia rovesciare il nostro governo dice tutto. Anche su questo, non si può permettere che vinca Hamas”.

Alcune ore dopo il discorso di Sinwar, lo stesso Mansour Abbas ha reagito alle accuse. “Noi non dobbiamo nulla a Yahya Sinwar – ha affermato il leader di Ra’am – Noi siamo impegnati verso la nostra società araba qui in Israele. Abbiamo raggiunto molti obiettivi e abbiamo ancora molta strada da fare verso un futuro migliore per la nostra società”. Mansour Abbas ha aggiunto che Sinwar dovrebbe concentrare le sue attenzioni su Gaza e non sui cittadini arabi d’Israele. Diversi sindaci arabi israeliani hanno preso posizione in sua difesa. “Mansour Abbas non è un traditore – ha dichiarato il sindaco di Tira, Maamun Abd Elhai – Mansour Abbas rappresenta un grande insieme della nostra comunità. I leader della comunità araba nel paese devono respingere e condannare senza mezzi termini le parole di Sinwar”. Dichiarazioni analoghe sono state rilasciate anche dai sindaci di Kafr Qasim e Rahat.

(Da: Times of Isarel, Jerusalem Post, YnetNews, 1.5.22)

Yoav Limor, autore di questo articolo

Scrive Yoav Limor: Dopo l’attacco di venerdì sera ad Ariel in cui è stata uccisa una guardia di sicurezza, Hamas ha intensificato gli sforzi per promuovere attentati e violenze su entrambi i versanti della Linea Verde. Il discorso del capo di Hamas, Yahya Sinwar, costituisce un tentativo di mantenere vivo lo scontro attorno alla solita narrazione secondo cui la moschea di al-Aqsa sarebbe in pericolo. Si è trattato di un discorso pericoloso, in particolare a causa del suo appello esplicito agli arabi israeliani. Sinwar, che sembra mostrare segni di megalomania dopo gli undici giorni di guerra con le Forze di Difesa israeliane del maggio scorso, nel suo discorso ha toccato esplicitamente la politica israeliana. Ha cercato di posizionarsi non solo come uno dei tanti terroristi alla ricerca di operativi tra gli elementi interni in Israele, ma come qualcuno che mira a manovrare il destino degli altri persino all’interno del governo israeliano.

Il leader del partito Ra’am, Mansour Abbas, ha fatto bene a respingere le parole di Sinwar e a chiarire che continuerà ad agire soltanto a difesa degli interessi degli arabi israeliani. E’ una posizione importante, volta a rimettere Sinwar al suo posto. Dopo tutto, Sinwar è il capo di un’organizzazione terroristica non particolarmente grande, che crede erroneamente di “giocare alla pari” con Israele. La sua frase su Israele che sarebbe “più fragile di una ragnatela” è solo una ottusa imitazione del discorso pronunciato dal capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dopo che Israele si ritirò dal Libano meridionale nel maggio 2000. Dopo di allora, Nasrallah ha avuto modo di imparare un paio di cose sulla “ragnatela” e, in ogni caso, non è che Sinwar abbia molto di cui vantarsi: nessuno degli attentati perpetrati nelle ultime settimane è stato effettuato dalla sua organizzazione.

Yahya Sinwar durante un comizio a Gaza (clicca per ingrandire)

Hamas avrà anche guadagnato vasta popolarità nelle piazze e sui social network palestinesi, ma da un punto di vista strettamente operativo l’ultimo mese è stato un totale fallimento per il gruppo terroristico. Sinwar lo sa bene, ed è per questo che sta cercando di cavalcare l’onda dei “successi” altrui. Questo suo sforzo continuerà nei prossimi giorni, almeno fino alle festività di Eid al-Fitr, che segna la conclusione del mese di Ramadan (lunedì 2 maggio ndr), e di Yom HaAtzmaut, la giornata dell’indipendenza d’Israele (che quest’anno cade giovedì 5 maggio ndr). Sinwar ha esplicitamente chiesto di continuare gli attentati anche in seguito: è il suo modo di garantire che Hamas rimanga rilevante senza dover  incendiare la striscia di Gaza. Ad ogni buon conto, ha anche minacciato che la sua organizzazione è in grado di lanciare oltre mille razzi contemporaneamente.

Detto questo, Israele dovrà affrontare una complessa sfida alla sicurezza in Giudea e Samaria (Cisgiordania). Ovviamente l’attentato ad Ariel incoraggerà degli imitatori, come si è visto in passato. Ciò richiederà che le Forze di Difesa israeliane impegnino unità attualmente di stanza lungo la zona di giunzione con l’Autorità Palestinese e nelle aree a ridosso della barriera di sicurezza adiacente a Gerusalemme, verso altre attività in base alle informazioni delle agenzie di intelligence e in profondità nel territorio palestinese per compiere operazioni di prevenzione e arresto che consentano di sventare ulteriori attentati. Parallelamente, le forze armate dovranno riesaminare metodi e procedure in atto presso i posti di guardia come quello dove è stato ucciso l’agente di sicurezza Vyacheslav Golev. L’indagine preliminare ha rivelato che i terroristi avevano ripetutamente perlustrato il luogo, identificandolo come un punto debole. Quando i terroristi hanno aperto il fuoco dall’auto su cui viaggiavano, l’agente ha difeso con il proprio corpo la sua ragazza, che era l’altra guardia di sicurezza,  e ha pagato per questo con la vita. L’attacco dei terroristi non ha richiesto un livello particolarmente alto di sofisticatezza, il che ovviamente moltiplica gli aspetti che andranno sottoposti a riesame. I due sono stati catturati nelle loro abitazioni, ognuno ancora in possesso della propria arma, e sembra che abbiano agito di propria iniziativa senza assistenza o guida da parte di un’organizzazione. A differenza della maggior parte degli autori dei recenti attacchi, i terroristi di Ariel si sono arresi senza opporre resistenza, motivo per cui sono vivi e vegeti. Ciò consentirà agli investigatori di scoprire come hanno pianificato l’attacco, come hanno ottenuto le armi ecc.

Sicuramente il sistema di sicurezza israeliano applicherà quanto prima le lezioni dolorosamente apprese da questo attacco, ma ogni soluzione ritenuta necessaria comporterà cambiamenti su questioni specifiche e non al concetto generale. Non va infatti dimenticato che delle 15 vittime di attentati terroristici dell’ultimo mese, l’agente di guardia Vyacheslav Golev assassinato ad Ariel è stato il primo ucciso in Giudea e Samaria, il che ci dice che la pressione sulla sicurezza (in Cisgiordania) funziona e deve essere mantenuta, in particolare alla luce delle minacce di Sinwar.

(Da: Israel HaYom, 1.5.22)