Il kibbutz come patrimonio dell’umanità

L’iscrizione del kibbutz nel patrimonio tutelato dall’Unesco costituirebbe il giusto riconoscimento del ruolo unico che questa originale istituzione israeliana ha ricoperto nella storia del sionismo, dello Stato e del mondo intero

Editoriale di Haaretz

image_3026L’iniziativa di promuovere l’iscrizione del kibbutz nel Patrimonio dell’Umanità tutelato dall’Unesco merita appoggio e incoraggiamento. L’anno appena trascorso Israele ha celebrato il cento anni dalla creazione del primo kibbutz: il riconoscimento internazionale darebbe espressione all’unicità dell’impresa kibbutz, la cui influenza si è estesa ben oltre i confini di questo paese.
Il movimento kibbutzistico prese avvio nel periodo della “seconda aliyah” (la seconda grande ondata di immigrazione ebraica in Terra d’Israele prima della fondazione dello Stato, negli anni 1904-1914) come un affascinante esperimento sociale di eguaglianza e proprietà collettiva dei mezzi di produzione, dei consumi, dell’educazione. Vennero creati istituti cooperativi unici: le assemblee generali come organo decisionale della comunità, la sala mensa comune come luogo di ogni ritrovo e vita sociale, la “casa dei bambini” per l’educazione collettiva. I fondatori si consideravano un’avanguardia sociale capace di combinare sionismo, socialismo e democrazia.
Durante gli anni della fondazione e dello sviluppo dello Stato, i kibbutz giocarono un ruolo chiave nell’opera di insediamento delle regioni di frontiera, nel servizio militare e nella leadership del paese. Molti leader politici e militari israeliani erano membri di kibbutz o vissero in un kibbutz per periodi più o meno lunghi della loro vita. In occidente e nel mondo in via di sviluppo, il kibbutz venne visto come una creazione israeliana unica, simbolo stesso della rivoluzione sionista e dell’impresa di far fiorire il deserto.
Tuttavia, man mano che Israele si veniva consolidando, il kibbutz incontrava sempre più difficoltà nell’affrontare i cambiamenti sociali e politici che intervenivano nel paese. I suoi membri venivano visti sempre più come una élite separatista che non si interessava dei suoi vicini nelle cittadine di sviluppo e nei moshav (villaggi cooperativi) di nuovi immigrati, mentre le possibilità economiche e occupazionali offerte dalle città maggiori attiravano sempre più i giovani lontano dal kibbutz. I governi di destra, poi, tagliarono i sussidi e gli aiuti che i governi di sinistra avevano elargito al movimento che aveva insediato tanta parte del paese. Alla fine, la crisi economica che colpì i kibbutz e le crescenti tendenze sociali verso l’individualismo portarono al cedimento dello stile di vita collettivista. Come tante altre istituzioni, anche molti kibbutz vennero privatizzati diventando normali piccole comunità, più o meno consorzili.
L’iscrizione del kibbutz al Patrimonio dell’Umanità Unesco costituirebbe l’appropriato riconoscimento del kibbutz, del suo posto nella storia del sionismo e dello Stato, e della sua unicità nel mondo intero. Tale riconoscimento internazionale, inoltre, contribuirebbe a recuperare e restaurare edifici storici, affinché non vengano irrimediabilmente sommersi dalla dinamica dello sviluppo immobiliare.

(Da: Ha’aretz, 24.12.10)

Nelle foto in alto: un ballo di membri del kibbutz Ein Harod (1936); un edificio del kibbutz Ramat Rachel, alle porte sud di Gerusalemme, dopo l’attacco egiziano (25 maggio 1948); un’assemblea dei membri del kibbutz Yakum (1953)

Si veda anche:

Là dove ebbe inizio il movimento del kibbutz
Ricostruito presso Degania il capanno che cento anni fa ospitò la prima Comune che diede vita al movimento kibbutzistico

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